Il panorama videoludico ha visto più volte, negli anni, molti prodotti approcciare il tema dell’epidemia zombi in ambienti sempre meno circoscritti. Basta dare un’occhiata all’anno corrente per avvistare “l’orda”. Per quanto dunque il soggetto risulti inflazionato, le declinazioni con cui esso è impiegato sono assai varie. Imbastire una critica sulla sola superficiale azione di eliminare non-morti, che è comunque base della parte ludica del media, lascia il tempo che trova. Recentemente, i titoli più incisivi sono stati senza dubbio il ritorno di Resident Evil 2 e Days Gone.

Zombi e uomini

Il primo è la riproposizione, perfettamente in linea con le moderne esigenze di gameplay, di quello che da molti è considerato il capitolo più riuscito della serie di Capcom. Uno degli esponenti di un fase che molti rimpiangono e che vorrebbero adottata anche per il successivo capitolo numerato. Il secondo, ad opera di SIE Bend Studio, è l’ultima esclusiva PlayStation 4 nella quale impersoniamo il cacciatore di taglie Deacon St. John, in un mondo aperto post-apocalittico, in sella alla propria motocicletta.
Tenute distanti da un baratro di numerosi altri prodotti, mettiamo a confronto le differenti formule di gameplay. Se da una parte Resident Evil 2 può sempre essere rappresentante della vecchia generazione, caratterizzata da salti dalla sedia e momenti di calma apparente, Days Gone ci conferma che l’attuale progresso ha espanso il genere con spazi e un gran numero di nemici a schermo.

Di seguito affronteremo diverse coniugazioni, mettendo l’accento su quei titoli sui quali è ancora possibile “svagarsi“. Questo perché in moltissimi casi è il videogioco a divertirsi con noi.

Cause e conseguenze

I morti viventi, i quali fanno parte dell’immaginario collettivo moderno, devono le proprie radici alle credenze popolari haitiane. Secondo queste ultime, i sacerdoti, detti bokor, avevano la capacità di catturare una parte dell’anima inducendo la vittima ad uno stato di letargia simile alla morte.
La cultura occidentale ne ha poi reinterpretato le origini. Niente magia, niente cadaveri che spuntano dal terreno, solo la natura che attacca ed armi batteriologiche. Il virus di turno distrugge rapidamente tutto ciò che il genere umano ha edificato nei secoli, dai centri abitati alla società. Una calamità che non demorde neanche di fronte ai pochi sopravvissuti, da quel momento cacciati da creature che nell’aspetto conservano i tratti di qualcuno che una volta era come loro. Un adeguato pretesto per mettere alla prova gli uomini.

Al giorno d’oggi la narrativa nei videogiochi punta ad vette altissime, costituendo in alcuni casi la vera punta di diamante della produzione. Non si possono non citare le vicende ad episodi che hanno visto protagonisti Lee, prima, e Clementine, poi, proposte in The Walking Dead di Telltale, conclusasi il 26 marzo dopo quattro stagioni. Questo è stato possibile solo grazie a Skybound Games, il quale ha lavorato agli ultimi due episodi della serie dopo la chiusura per bancarotta di Telltale. In questa serie fanno capolino tematiche proprie della vita dell’uomo, da cui scaturiscono emozioni e stati d’animo amplificati dalle situazioni di pericolo e precarietà.

L’importanza del cast

Se da una parte qualcuno ci mette a disposizione un parco di divertimenti pieno di creature da ridurre in pezzi, dall’altra qualcuno si sforza per rendere “labile” la vita del malcapitato di cui abbiamo il controllo. Il protagonista non è semplicemente un avatar, le difficoltà che egli deve affrontare sono tanto provanti per lui quanto per noi. Se di certo noi non possiamo provare fisicamente fatica e frustrazione, queste sensazioni ci vengono trasmesse grazie all’empatia e alle coinvolgenti situazioni strettamente personali.

Il tutto risulta intensificato dalle relazioni che quest’ultimo avrà con gli altri malcapitati. In The Last of Us abbiamo potuto conoscere Joel proprio grazie agli altri personaggi con cui interagiva. Dopo la perdita della propria identità di padre, con la morte della giovane figlia, il personaggio ci è presentato in modo duro e brutale nei confronti della sua nuova vita da contrabbandiere in compagnia di Tess. Grazie ad Ellie, Joel evolve riscoprendo una parte di sé che aveva represso per poter andare avanti e sopravvivere. Interpretando questa figura paterna, il nostro sguardo è immancabilmente caduto anche su Ellie. Siamo un po’ tutti diventati genitori. Tutti questi aspetti, accompagnati dal notevole comparto tecnico dei prodotti targati Naughty Dog, giustificano l’hype generale per la Parte Due in sviluppo.

Combatti o …

Esistono dei prodotti volti al solo intrattenimento, i quali rendendo caricaturali determinate situazioni e/o creature. Chi ha giocato i due Left 4 Dead, specialmente se in compagnia di amici (i due sparatutto offrivano campagne cooperative fino a quattro giocatori), non può non affermare che adrenalina e divertimento non siano state sensazioni intense. Nei panni di uno dei quattro sopravvissuti, armati fino ai denti, siamo messi duramente alla prova da orde di famelici nemici, capeggiate da particolari varianti in grado di dividere e decimare con facilità il gruppo. Per esempio, lo Smoker è in grado di attirare a sé i sopravvissuti con la propria lingua immobilizzandoli e il Tank può con la sua enorme stazza spazzare in aria qualsiasi cosa. Per sfuggire a determinati nemici è necessario collaborare, i giocatori afferrati dai nemici possono essere liberati solo dai propri compagni di sventura. Con l’obbiettivo di raggiungere il punto di estrazione, attraversiamo numerose ambientazioni, da spaziosi appartamenti a soffocanti foreste.

L’anima arcade dei titoli, con relativi punteggi una volta raggiunta una Safe House o esser riusciti a fuggire con l’elicottero, è molto forte. Le mappe variano continuamente, con porte e finestre non sempre accessibili in tutte le partite e la differente posizione di infetti e oggetti per l’equipaggiamento (armi, munizioni e medicazioni). Nessuna minaccia si mostra essere prevedibile. Inoltre, particolari modalità extra cambiano ancora di più le carte in tavola con specifici handicap.
Recentemente si è tornati a parlare della serie, causa una serie di immagini diffuse in rete e un trafugato trailer d’esordio, il quale però è stato smentito da Valve.

… soccombi.

Videogioco che ha riproposto l’impostazione di Left 4 Dead è Overkill’s The Walking Dead, l’ultimo gioco su licenza del fumetto di Robert Kirkman, disponibile su PC.
L’esperienza multigiocatore è però pilastro anche dalla modalità Zombi di Call of Duty. Introdotta nel quinto episodio, World at War, la modalità ha riscosso subito un grande successo, il quale l’ha portata a sopravvivere fino alla recente incarnazione della serie, Black Ops 4. L’obiettivo è quello di sopravvivere a quanti più round possibili, guadagnando punti uccidendo non-morti e ricostruendo le difese, i quali possono essere spesi per nuove armi o per accedere a nuove zone della location.
Non in prima persona, ma comunque valido, è World War Z, adrenalinico sparatutto cooperativo in cui dovremo affrontare immense orde di zombi, basato sul film di Paramount Pictures.

Allo spaccio di armi improprie

Altra serie che fa della carneficina una caratteristica è Dead Rising. Con un primo capitolo fortemente ispirato alla seconda pellicola sui morti viventi di George Romero, nei panni di Frank West, un fotoreporter freelance, dobbiamo sopravvivere 72 ore nel centro commerciale della cittadina di Willamette. Il terribile incubo viene però colorato dagli oggetti che possiamo utilizzare per farci strada tra le schiere di zombi. La presenza di differenti negozi e magazzini rendono possibile raccogliere ogni tipo di arma impropria, dai coltelli da cucina alle sempre verdi motoseghe. Sono assolutamente da segnalare cesoie, pale, manubri, bombole di gas e ombrelloni. Non mancano però le varie bocche da fuoco.
Dal capitolo successivo in poi la situazione è andata “degenerando”, grazie alla possibilità di combinare gli utensili in modi impensabili e ad ambientazioni aperte che hanno permesso l’uso di mezzi di trasporto con i quali non si fuggiva dai morti, ma li si metteva sotto.

Tagliare e squarciare non-morti

Lollipop Chainsaw è un esponente di Capcom che in correlazione agli zombi ha, in parte, attinto dall’anima degli hack and slash. Ideato da Gōichi Suda, noto anche come Suda51, siamo chiamati ad affrontare i non morti con una motosega, comodamente tenuta in borsa, mentre siamo intenti a mostrare le nostre doti atletiche da cheerleader. La protagonista, infatti, è la giovane Juliet Starling, una cacciatrice di zombi impegnata con la sua famiglia ad eliminare le creature provenienti dal “Mondo Putrescente”.
Ad accompagnare la ragazza troviamo il suo ragazzo Nick. Nella loro scuola, il giovane è stato morso ad inizio gioco da un non-morto, costringendo dunque Juliet a decapitarlo per evitarne la trasformazione. Grazie ad un rituale magico, Nick resta in vita e diventando un bellissimo portachiavi. Realizzato in cel shading, il titolo offriva un’impatto cartoonesco il quale non faceva del realismo e della sobrietà le proprie carte vincenti.

Non della stessa qualità è la serie pubblicata da D3 Publisher, OneeChanbara. Nato come parte della collezione Simple 2000 Series (Vol. 61), un insieme di videogiochi a poco prezzo, il titolo portava il nome di Zombie Zone. Nei panni di Aya, una cowgirl vestita in modo succinto, e di altre guerriere dobbiamo eliminare gli zombi a colpi di katana, tinteggiando lo schermo di rosso.

Impugna, prendi la mira e spara

Quando si fa riferimento al puro divertimento non si possono evitare gli sparatutto arcade su binari con pistola ottica. Nasce proprio con questa formula The House of the Dead, pubblicato da SEGA nel 1997. L’incipit vede il dottor Roy Curien ambire alla conquista del mondo mediante un’armata di zombi, generata nel “consueto” laboratorio nascosto in una gigantesca villa. Protagonista è l’agente dell’AMS Thomas Rogan, accompagnato dal collega e amico G (possibile la cooperativa a due giocatori), avvertito dalla fidanzata Sophie, collaboratrice del dottore. Ecco dunque comparire davanti a noi non-morti, cani, scimmie, rane, pipistrelli e ragni da abbattere prima che essi si avvicinino allo schermo. Il titolo propone oggetti distruttibili a schermo che contengono monete, che incrementano il punteggio, o kit medici, che incrementano le vite. Inclusi anche percorsi alternativi disponibili nei primi tre di quattro livelli, che si concludono tutti con lo scontro con un boss.
La serie è approdata nelle nostre case grazie ai WiiMote della console Nintendo e ai PSMove della piattaforma Sony.

Sulle sopracitate console, Wii prima e PlayStation 3 poi, sono arrivati anche Resident Evil: The Umbrella Chronicles e Resident Evil: The Darkside Chronicles. Anch’essi sparatutto su binari, ripercorrono i capitoli canonici che cronologicamente vanno dallo Zero a Code Veronica. Includevano anche delle vicende inedite, come Chris e Jill impegnati a distruggere la base dell’Umbrella in Russia e la vicenda che ha legato Leon e Krauser.

ResidentEvil-UmbrellaChronicles

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