Soulstice – Recensione

Soulstice si presenta come un validissimo hack'n slash, merito soprattutto di un gameplay convincente ed una direzione artistica azzeccata. Un titolo che sicuramente conquisterà gli hardcore gamer grazie al suo tasso di sfida e ai tecnicismi del suo sistema di combattimento. Tuttavia, sono la telecamera ed una storia dalla narrativa non proprio convincente a siglare i punti deboli di una produzione tutto sommato ottima, e che merita indubbiamente maggiori attenzioni da parte del pubblico casual.

Il panorama videoludico italiano è in continua espansione e, a pari passo, anche la sua affermazione nell’industria continua ad evolversi con titoli che riescono a stupire il pubblico. Se da una parte il mondo è innamorato del più ambizioso Mario + Rabbids: Sparks of Hope, dall’altra parte gli appassionati più hardcore prediligono produzioni più curiose come Vesper o il tanto chiacchierato Baldo: Guardians of Owls. Tuttavia, il nostro bel paese è tornato protagonista grazie a Soulstice che, nei mesi antecedenti alla sua release, ha fatto parlare di sé per la propria ispirazione artistica e per il suo gameplay, un hack’n slash che ricorda i più classici Devil May Cry uniti da un contesto visivo che richiama il famigerato Berserk del fu Kentaro Miura.

E personalmente anch’io sono rimasto stregato dalle premesse della creatura di Reply Games Studio: dopotutto parliamo di un titolo action che ambisce ad alzare l’asticella del made in Italy, proponendo a conti fatti una produzione curiosa anche in ambito narrativo, oltre a quello ludico. Ma scopriamolo insieme in questa nuova recensione.

Soulstice, il destino di due sorelle

Nel regno sacro di Keidas, il mondo terreno e quello spirituale sono divisi da un flebile velo. Una volta spezzato, quest’ultimo creerebbe una collisione capace di seminare morte e caos. Un equilibrio che va mantenuto a qualsiasi costo, tanto da intervenire repentinamente in ogni momento e luogo in cui il caos si presenta. Per questo, l’Ordine della Lama Cinerea ha dato vita alle Chimera, guerrieri dalle capacità belliche incredibili legate dall’anima del proprio partner, il quale ha l’arduo compito di proteggere in tutto e per tutto lo spadaccino che spalleggia. L’immaginario dark fantasy di Soulstice ci porta a Ilden, una delle tre città sacre e luogo in cui quel prezioso equilibrio è stato misteriosamente spezzato, in cui il caos sta dilagando per la città distruggendola da cima a fondo. Un evento indubbiamente singolare e sensazionale che vivremo attraverso gli occhi delle Chimera Briar e Lute, due sorelle inviate sul luogo del disastro per fornire supporto bellico. Lo Squarcio, il cataclisma che si sta abbattendo su Ilden, sta trasformando qualsiasi essere vivente in creature orripilanti che non esiteranno ad attaccare chiunque si trovi nelle vicinanze, rappresentando per le due sorelle una minaccia inevitabilmente importante.

Il racconto di Soulstice ambisce a scavare a fondo nelle questioni che si sviluppano dietro le quinte, tra gli intrighi che si celano nel misterioso Ordine della lama cinerea, i suoi reali scopi e cosa veramente ha scaturito un cataclisma di proporzioni simili. Tutto ciò viene sviluppato nel racconto man mano che le Chimera raggiungono la sommità di Ilden, una città che si sviluppa verticalmente come una montagna. La storia si mostra piuttosto semplice, focalizzandosi soprattutto sul rapporto tra Briar e Lute e sul loro passato, con quest’ultima che spesso e volentieri dovrà ritrovare il lume della ragione per sua sorella. Vi sono tuttavia personaggi alquanto enigmatici, come Donovan, un Chimera decisamente rinomata per le sue prodezze in battaglia.

Nonostante la storia sia alquanto stimolante grazie ai colpi di scena che si susseguono di capitolo in capitolo, la narrazione pecca al di fuori dei momenti più incisivi, con dialoghi piuttosto ripetuti e mancanza di approfondimento della caratterizzazione delle due protagoniste, intaccando così il racconto con una ridondanza piuttosto pronunciata. Nonostante vi sia anche una certa cura per i dettagli narrativi, ritengo che il punto di forza di Soulstice non risieda nella storia, che rimane per certi versi invitante da seguire, ma bensì nel suo gameplay, che se la cava decisamente meglio.

Un gameplay modesto

Nonostante la storia non convinca pienamente, il gameplay di Soulstice riesce invece a capitalizzare l’attenzione del giocatore. Il titolo di Reply Game Studios difatti si ispira fortemente a pilastri dell’hack’n slash come Devil May Cry e Bayonetta, proponendo un’esperienza tuttavia modesta ma non per questo meno convincente. Il sistema di combattimento di Soulstice si divide in due parti: quella offensiva, gestita completamente da Briar e quella difensiva, le cui redini sono tenute da Lute. Con la prima si ha la possibilità di utilizzare diverse armi, scagliando diversi attacchi e combinazioni di mosse sugli avversari, il tutto trainato dalla capacità del giocatore di utilizzare repentinamente tutti gli strumenti di morte sbloccati. Briar rappresenta a conti fatti l’avanguardia e durante i combattimenti sarà lei a fendere i nemici con lo spadone. Lute invece protegge Briar dagli attacchi dei nemici, intercettandoli con il giusto tempismo ed attaccando autonomamente gli avversari con dei dardi di luce. La ragazza inoltre può generare dei campi, ossia delle cupole colorate che non solo possono materializzare alcuni tipi di nemici, ma ne rende vulnerabili altri a seconda della situazione. Il giocatore in questo modo è chiamato a gestire contemporaneamente attacco e difesa utilizzando entrambi i personaggi in un gameplay che richiede tempismo ed equilibrio.

Molte battaglie difatti potranno risultare piuttosto complicate da gestire, poiché la diversità dei nemici richiede approcci fondamentalmente diversi, e questo mix può risultare decisamente stimolante per i videogiocatori più hardcore. D’altro canto, il gameplay stesso inciampa nel difetto della telecamera, che non solo è fissa e lascia poco spazio alla gestione dell’inquadratura, ma quest’ultima spesso e volentieri non permette di comprendere appieno gli scontri, i quali richiedono il pieno controllo della situazione. Il gioco premia la varietà e la velocità con cui agiamo in battaglia, così come la prontezza con cui rispondiamo agli attacchi dei nemici, e lo fa attraverso la barra della Coesione che, una volta riempita, attiverà uno status di berserk che migliorerà ogni nostra capacità combattiva per un breve lasso di tempo. In base alla bravura del giocatore si ha anche possibilità di attivare tale status in più occasioni durante un combattimento, massimizzando di conseguenza anche la valutazione ottenuta durante la battaglia.

Tramite il consueto albero abilità, è possibile evolvere Briar e Lute sbloccando nuove abilità ed eventuali bonus, come nuove combinazioni d’attacco o migliorando quest’ultime. Ciò migliora soprattutto quanto concerne Briar, la quale può sbloccare nuove sequenze d’attacco per ciascun’arma ottenuta durante la storia. Anche l’esplorazione gioca un ruolo fondamentale in quel di Soulstice. Negli angoli più remoti e nascosti di Ilden si celano diversi segreti, come delle sfide speciali (che ricordano le sfide segrete di Devil May Cry 5 per esempio) o dei potenziamenti che migliorano mana e salute delle due Chimera. Nonostante ciascun livello sia lineare, con un’esplorazione più approfondita si può mettere mano a risorse importanti per la nostra progressione, facilitando l’esperienza gradualmente.

Una città piuttosto monotona

Quello di Soulstice è un contesto dark-fantasy medievale e ciò lo si nota soprattutto nella città di Ilden, nonché teatro principale delle vicende che coinvolgeranno Briar e Lute. Tuttavia, il level design risulta essere alquanto monotono sia nell’estetica che nella sua forma, nonostante riesca trasmettere la magnificenza di tale luogo, donando purtroppo una certa pesantezza sull’esperienza di gioco. I corridoi risultano decisamente claustrofobici a causa di una telecamera a mio avviso completamente da rivedere, che non solo influenza la nostra efficienza in battaglia, ma anche l’apprezzamento del comparto artistico

Nonostante la velocità sia uno dei fattori fondamentali del sistema di combattimento, personalmente ho trovato a tratti piuttosto lenta la risposta degli input. Al contrario, però, graficamente il titolo è piuttosto invitante e certi scenari ne sono palesemente la dimostrazione, così come le prestazioni sono risultate decisamente di ottimo livello, con i sessanta fotogrammi per secondo granitici.

GUIDE TROFEI

Matteo Murri
Matteo Murri
Appassionato di videogiochi e anime sin da tenera età, il suo primo videogioco fu Super Mario 64 per Nintendo 64, col tempo si affezionò alle console di Sony partendo appunto dalla prima Playstation. Oggi è un cacciatore di trofei su Playstation 4, predilige gli sparatutto, i titoli di corse e i picchiaduro, ma gioca veramente di tutto!

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Soulstice si presenta come un validissimo hack'n slash, merito soprattutto di un gameplay convincente ed una direzione artistica azzeccata. Un titolo che sicuramente conquisterà gli hardcore gamer grazie al suo tasso di sfida e ai tecnicismi del suo sistema di combattimento. Tuttavia, sono la telecamera ed una storia dalla narrativa non proprio convincente a siglare i punti deboli di una produzione tutto sommato ottima, e che merita indubbiamente maggiori attenzioni da parte del pubblico casual.Soulstice - Recensione