Che con l’avvento di Resident Evil il genere horror sia cambiato per sempre ormai é appurato, e dalla leggendaria e pionieristica serie di casa Capcom molti progetti si sono ispirati. Il “survival horror” negli ultimi anni si é radicato a tal punto da definire meccaniche e caratteristiche di un titolo che propone tale tematica, arrivando grazie ad una serie di elementi ormai consolidati a condividere inevitabili somiglianze con la creatura di papà Shinji Mikami. E sempre negli ultimi anni, gli horror stanno compiendo dei decisi passi in avanti, proponendo al suo pubblico delle esperienze persino più avvincenti, tutto ciò senza nemmeno considerare il futuro, che vedrà il ritorno di vecchie glorie e l’approdo di titoli decisamente promettenti.
E tra questi nuovi arrivi che ci fanno celebrare Halloween in anticipo, troviamo Fobia: St. Dinfna Hotel, un survival horror in soggettiva disponibile su console (sia old che current-gen) e PC il 28 giugno. Un titolo decisamente passato in sordina, ma che dalla sua può vantare di una serie di caratteristiche che potrebbero solleticare il palato degli amanti del genere horror, il quale meccaniche alquanto familiari e le amalgama all’interno di un contesto interessante. L’esecuzione? Tutta da scoprire, ma per questo ci pensa il sottoscritto parlandovene in questa recensione.
Fobia: St. Dinfna Hotel recensione: un soggiorno non proprio tranquillo
Nei panni del giornalista Roberto Leite Lopes, ci recheremo nella località di Treze Tilias (una reale zona situata in Brasile) alla scoperta del mistero che aleggia attorno al St. Dinfna Hotel, una struttura ricettiva nota per essere maledetta. Si dice infatti che gli ospiti di questo hotel di lusso, ormai abbandonato ed in decadenza, una volta entrati non facciano più ritorno, come se qualcosa o qualcuno sia la causa di queste misteriose sparizioni. Deciso dunque di fare luce sulla vicenda, cercando di trarne uno scoop sensazionale, Lopes si reca da solo all’interno del rinomato albergo, scoprendo a sue spese quanto tale scelta sia persino pessima. Finito dentro le mura del St. Dinfna Hotel, il nostro caro giornalista scoprirà una veritá persino più scottante, e non ci metterà molto a capire in che guaio si é cacciato, ma la sua indagine avrà un imperterrito avanzamento, persino con i pericoli e i misteri situati all’interno della struttura.
La storia in quel di Fobia: St. Dinfna definisce un’avventura horror piuttosto lineare capace di puntare su caratteristiche un po’ dimenticate dai maggiori esponenti, riuscendo a colpire il sottoscritto con situazioni davvero ben confezionate. Infatti la mia indagine all’interno del prestigioso e lussuoso hotel in decadenza ha riservato momenti talvolta disturbanti che avevano un pizzico di paranormale nella loro esecuzione, intervallando il tutto con momenti gore e non solo. Il gioco ha connotati narrativi interdimensionali, spingendomi a visitare passato, presente e persino futuro dell’hotel grazie ad una speciale macchina fotografica, la quale si avvale di un potere di origini misteriose e capace di esplorare le dimensioni. Grazie a questo strumento ho potuto scoprire i numerosi misteri celati entro quelle agghiaccianti quattro mura, facendomi largo soprattutto tra le creature e i pericoli che popolano il St. Dinfna. Paradossalmente, le ispirazioni ludiche e cinematografiche che hanno permesso la team di Pulsatrix di forgiare il proprio gioco, hanno permesso a Fobia: St Dinfna di avvalorarsi di una storia decisamente interessante, rendendo questa piccola produzione paurosamente entusiasmante. Tuttavia se il racconto è un elemento riuscito, lo é un po’ meno il suo gameplay.
Un gameplay fin troppo classico
Fobia:St. Dinfna Hotel é un horror in soggettiva, il cui gameplay riprende a piene mani dalle esperienze di Resident Evil 7 o Village. Tuttavia, l’elemento di riferimento del gioco di Pulsatrix é senza ombra di dubbio la fotocamera, la quale ci permette di esplorare varie dimensioni legate all’hotel, linee temporali ed angusti segreti. Imbracciandola infatti avremo modo di scoprire molto di più sul mistero che ruota attorno all’indagine, grazie soprattutto alla possibilità di esplorare luoghi altrimenti inaccessibili. Il suo utilizzo spesso e volentieri é legato alla risoluzione di alcuni enigmi o ritrovamento di oggetti cruciali per la nostra sopravvivenza. La particolarità del gameplay risiede proprio in questo aspetto, il quale frequentemente ci offre delle chiavi di lettura differenti sulla struttura, rendendola persino un piacere da esplorare nelle sue fatiscenti condizioni.
Ciò che forse penalizza fortemente l’aspetto ludico é un approccio a mio avviso fin troppo classico o tradizionalista, e ciò lo si avverte soprattutto dal suo game design che rappresenta perlopiù un blocco forzato sul nostro avanzamento. Personalmente, ho trovato leggermente opprimente l’eccessiva ricerca di chiavi d’accesso nelle fasi iniziali del gioco, ogni porta o stanza risultava inaccessibile finché non si trovava tramite un’esplorazione maniacale la chiave necessaria per sbloccare tale passaggio, un rito che si è ripetuto fin troppe volte anche nell’inizio. Come detto all’inizio, il titolo riprende fortemente le caratteristiche ludiche degli ultimi Resident Evil, dalla gestione dell’inventario con slot limitati (che potranno espandersi attraverso appositi potenziamenti) e il gunplay, dato che anche qui vi saranno armi da fuoco. Quest’ultime in particolare ripropongo uno shooting alquanto rigido e spartano, ma saranno l’unico mezzo a nostra disposizione per difenderci dai pericoli celati nel St. Dinfna Hotel. Un elemento che ho apprezzato del gioco in quanto horror, è il non ricorrere ai sotterfugi a cui tanti esponenti del genere si sono avvalsi per spaventare il giocatore, garantendo al contrario un’esperienza di gioco più matura e ansiogena, mettendo l’utente in una situazione di costante pericolo.
Ho giocato Fobia: St. Dinfna Hotel su PlayStation 5 e tutto sommato mi sono imbattuto in un’esperienza tecnicamente solida. Il titolo del team brasiliano di Pulsatrix non vanta di chissà quali risorse, tuttavia da un punto di vista grafico mi trovo dinanzi a un titolo promettente che potrebbe persino rappresentare solo l’inizio del successo di questo team di sviluppo. A patto di scontrarvi contro qualche modello poligonale non proprio magnifico, qualche texture slavata ed infine qualche effetto non proprio avvincente, complessivamente il risultato raggiunto non é affatto da trascurare, specie se il titolo ci offre un’esperienza fluida con i suoi sessanta fotogrammi al secondo, od a 30fps con il raytracing attivo, di cui quest’ultimo si potrà fare a meno vista la pessima esecuzione. Il titolo infine vanta di una localizzazione italiana dei testi e dei menú, mentre il doppiaggio é rigorosamente in inglese o portoghese.