Sebbene nell’ultimo periodo Ubisoft non rientri tra i Publisher più amati dai videogiocatori, è innegabile come abbia contribuito allo sviluppo e all’evoluzione del medium che tutti noi amiamo. A partire dalla creazione di brand storici come Rayman o Assassin’s Creed, Ubisoft è riuscita a stabilire standard qualitativi che hanno trasformato la concezione stessa di alcuni generi videoludici. Tra questi è impossibile non citare Far Cry 3, titolo che, tra le tante cose, ha dimostrato come gli Open World potessero migliorare, sia per qualità visiva che per struttura.
Col senno di poi, posso tranquillamente affermare come i seguenti titoli del Franchise siano stati quasi tutti sovrastati dall’ombra di quel terzo capitolo tanto adorato dai fan. Con qualche esperimento non proprio riuscito, come Primal e l’ultimissimo New Dawn, ed una costruzione narrativa non sempre irresistibile, come per il racconto claudicante del quinto capitolo, il brand di Far Cry continua a percorrere una strada fatta di tentativi, cercando ancora una volta di trovare la formula giusta che lo riporti ai fasti che gli spettano.
Questa premessa mi porta ad oggi, con la mia qui presente esperienza sul nuovissimo Far Cry 6. Vi invito quindi a proseguire nella lettura, in questa recensione del sesto capitolo numerato del brand. La dittatura verrà sfidata ancora una volta, la domanda è: Come?
Far Cry 6, Viva la Libertad!
Dopo ben nove iterazioni, tra spin-off e capitoli principali, direi che uno dei fondamenti su cui si basa l’esperienza di Far Cry è la contestualizzazione dei fatti che danno inizio al gioco. Tra la pazzia di Vaas, la megalomania di Pagan Min e l’ossessione religiosa di Joseph Seed, Far Cry 6 non si dimostra inferiore.
A partire dall’introduzione, tutto ci viene mostrato in maniera travolgente. Il nostro protagonista, Dani Rojas (di cui è possibile scegliere il sesso), è nato e cresciuto in un contesto al limite della sopportazione umana. Antón Castillo governa l’isola tropicale di Yara con il pugno di ferro, tra soppressioni armate della popolazione, esecuzioni sommarie dei “falsi Yarani” e lavori forzati per i meno fortunati. Già dai primi minuti di gioco appare chiaro l’orrore della dittatura che ha preso il sopravvento su Yara, non lasciando scampo ai pochi che tentano di sopravvivere al regime.
Senza volervi anticipare nulla, Dani deciderà di unirsi ai ribelli e di partecipare attivamente alla liberazione di Yara. Libertad è il nome dell’organizzazione che tenterà di rovesciare il regime di Antón, forte della propria leader ma soprattutto della speranza di vedere il proprio paese in pace dopo un ciclo di tragedie che non sembra voler terminare.
Tirando le somme, non posso ritenermi completamente soddisfatto da quanto proposto in questi termini da Ubisoft. La storia viene suddivisa per le tre regioni di gioco, nelle quali dovremo convincere i guerriglieri locali ad unirsi a Libertad. Questi incarichi vengono intervallati da poche e brevi interazioni con la capitale ed il famigerato dittatore. Inutile sottolineare come la presenza di Giancarlo Esposito, nei panni di Antón, sia la vera punta di diamante di queste fasi di gioco. La sempre ottima interpretazione del personaggio fa trattenere il fiato, nell’attesa di scoprire nuovi risvolti di trama che lo portino nuovamente a schermo. È da qui che nasce il mio disappunto. Dopo un inizio fin troppo spettacolare, Antón va pian piano scomparendo. Il tutto si intensifica sul termine della storia, con qualche colpo di scena inaspettato ed un secco cambiamento delle carte in tavola, il quale ci porta ad una conclusione piuttosto affrettata. Non nego che la caratterizzazione sia stata di livello per tutti i personaggi coinvolti nella storia, ma l’attenzione polarizzata da Esposito non può che gettare ombra sul resto.
Detto ciò, il titolo riesce a mantenere alto l’interesse del giocatore per l’intera durata del racconto, il quale richiederà intorno alle 20 ore per essere portato a termine. Questo sempre al netto della moltitudine di extra che Ubisoft mette a disposizione, con una longevità a dir poco raddoppiata per il completamento al 100% di ciò che Far Cry 6 ha da offrire.
La Guerrilla
Il brand di Far Cry torna in questo sesto capitolo con il proprio gameplay, ormai alla base di ogni esponente del genere. Sparatutto in prima persona solido e rodato, Ubisoft ci fa sprofondare in nuove incessanti ore di frenesia e baldoria guerriera. Nonostante quindi non vi siano grosse novità da sottolineare, abbiamo trovato strane le complicanze che questo nuovo episodio della serie porta con se a livello di movimenti. A prescindere dalla velocità della corsa, la quale è differente da gioco a gioco, ciò che più mi ha colpito negativamente è la gestione dell’arrampicata. A differenza dei capitoli precedenti – e di moltissimi altri titoli che ne ricalcano le meccaniche -, per scalare le varie rocce, muretti e così via, dovrà essere obbligatoriamente (o quasi) a schermo il prompt che ne abilità la scalata (il tasto a schermo, per intenderci). Questo rende frustrante sia l’esplorazione che le dinamiche di combattimento, impedendo al giocatore di muoversi con la libertà che ci si aspetterebbe. Niente che vada a compromettere definitivamente il gameplay, ma il dover fare decine di metri di corsa solo perché il personaggio non riesce a superare un gradino un pelo troppo alto rende il tutto meno scorrevole.
Ad ostacolare ulteriormente un gameplay che, al contrario, potrebbe entusiasmare, è l’intelligenza artificiale nemica. Oltre al reagire fin troppo lentamente alle sollecitazioni, i nemici non fanno altro che caricare a testa bassa contro il giocatore. Giocare in stealth, con armi silenziate e molta calma, rende ogni ostacolo una passeggiata della salute. Se non fosse per l’elevata quantità di danni inflitti, si potrebbe praticamente ignorare la loro presenza. Questo non viene migliorato nemmeno dal livello di difficoltà che è possibile variare in qualunque momento dal menù principale. Le due difficoltà, Storia e Azione, non fanno altro se non modificare la quantità di danni subiti e la resistenza dei nemici ai colpi. Di conseguenza, l’enorme arsenale di armi che Ubisoft ci mette a disposizione diventa una semplice ricerca alla varietà. Io stesso ho cambiato equipaggiamento solamente per variare il gameplay, senza averne mai necessità a livello di meccaniche (come per i proiettili antiuomo, perforanti o i Supremo, che vedremo tra poco).
Prima di passare oltre, mi pare doveroso sottolineare come la struttura di gioco a livelli degli ultimi capitoli sia stata in parte modificata. A differenza del più particolare New Dawn, quindi, in nemici saranno più o meno ostici in base al grado della regione in cui si trovano. Questi gradi sono gli stessi che otterrà il nostro protagonista salendo di livello, completando le missioni ed i vari extra proposti. Di conseguenza, esplorare un’area con grado superiore al nostro sarà più “complicato”. Per farla semplice, un colpo alla testa uccide solamente se il nemico colpito è di livello pari o inferiore al vostro. Questa meccanica da gioco di ruolo spezza in parte il realismo che trasmette la distopia Yarana, nonostante sia comunque un aspetto più di gusto personale che oggettivo.
Sin dalle prime battute di gioco, Ubisoft ci mette di fronte all’incredibile personalizzazione del nostro arsenale. Oltre alla vastità di armi presenti, è possibile modificare ogni singola arma con l’aggiunta di mirini, proiettili speciali, puntatori laser e bonus passivi. Ogni arma ha un grado, il quale indica semplicemente quante modifiche è possibile aggiungere alla dotazione standard. Questa stessa personalizzazione viene altresì riproposta per i mezzi di trasporto messi a disposizione del giocatore. Queste vetture possono essere modificate sia esteticamente che per equipaggiamento, potendovi aggiungere armi primarie (cannoni e mitragliatrici), secondarie (napalm dal retro della vettura) e paraurti rinforzati dalle svariate caratteristiche.
Altra aggiunta degna di nota è la presenza dei Supremo. Posto sulle spalle del giocatore, ogni Supremo ha una funzione di attacco o di difesa. Tra lanciarazzi a ricerca, impulsi elettromagnetici, gas velenosi e così via, avrete l’imbarazzo della scelta. Questi strumenti di morte possono essere utilizzati solamente dopo averne ricaricato l’apposita icona, attraverso l’uccisione dei soldati nemici.
Infine, è anche possibile modificare il vestiario del nostro protagonista in ogni sua parte. Scarpe, pantaloni, guanti, busto e testa, ogni slot può essere personalizzato a piacere. Ogni capo d’abbigliamento conferisce bonus passivi al giocatore, come un aumento della velocità o una maggiore resistenza ai danni.
Mis amigos!
Anche Far Cry 6 prende dal mondo animale i nuovi “amigos” che ci accompagneranno nel corso dell’avventura. A partire dai già annunciati Guapo, un coccodrillo, e Chorizo, un simpaticissimo cagnolino, avremo a disposizione un totale di 5 compagni, ognuno dotato di abilità uniche e particolari. Ognuna di queste abilità deve essere sbloccata attraverso richieste specifiche consultabili nei menù, come l’uccidere un determinato numero di nemici, rigenerare una certa quantità di danni e così via. Nulla da aggiungere su questa meccanica già presente in passato, nonostante anche l’IA alleata non riesca ad essere di completo aiuto nella fasi più concitate.
Once a Guerrilla, always a Guerrilla
Ogni angolo di questo variegato paradiso caraibico nasconde numerosi extra tutti da scoprire. Tralasciando gli ormai classici avamposti e blocchi stradali, Ubisoft ha messo a disposizione del giocatore la distruzione di alcune postazioni di contraerea, delle semplici cacce al tesoro molto interessanti e diversi mini giochi.
Entrando nel dettaglio dei mini giochi, troviamo principalmente tre categorie: i Gran Premi, le lotte tra galli e le partite di Domino. I Gran Premi sono gare a checkpoint molto diverse tra loro, sia per mezzi che per circuiti. Inoltre, in alcune gare i nemici cercheranno di intralciare la vostra corsa con ogni mezzo possibile. Lasciando da parte il Domino, che è esattamente la propria controparte reale, la lotta tra galli è forse il mini gioco che più mi ha stupito. La lotta è strutturata come in un picchiaduro, con le barre della vita poste in alto sullo schermo e 3 tipologie di attacco da alternare alla schivata. Rimanendo comunque molto semplice, credo che questo sia il mini gioco più divertente tra quelli proposti. I galli da utilizzare in battaglia sono nascosti per il mondo di gioco come collezionabili, andando poi a formare il ro(o)ster da cui selezionare il proprio preferito.
Ultimo extra, ma non meno importante, sono le operazioni speciali. Queste missioni, situate in mappe uniche esterne al mondo di gioco, richiedono di recuperare un pericoloso ordigno e di consegnarlo al punto di raccolta. Questo ordigno è fortemente sensibile al colore, per cui dovrete correre di ombra in ombra per evitare che si surriscaldi ed esploda. Potrete raffreddare l’ordigno solamente tramite fontane e getti d’acqua sparsi per l’area di gioco. Attualmente sono disponibili solamente due operazioni speciali, ma ne verranno aggiunte altre in futuro.
Ogni singola componente di gioco può essere affrontata in modalità cooperativa con un altro giocatore online. Nonostante sia presente ancora qualche bug che occasionalmente ne impedisce il corretto funzionamento, seminare panico e distruzione a Yara è decisamente più divertente in compagnia di un amico. Se proprio vogliamo trovare il pelo nell’uovo, l’estrema facilità del gioco viene completamente annientata dalla cooperativa, rendendo inerme ogni possibile ostacolo.
Hasta la vista, Yara
Giocando su PlayStation 5, è innegabile l’impegno riposto da Ubisoft nella creazione del mondo di gioco. Anche grazie al pacchetto di texture ad alta definizione, scaricabile gratuitamente dallo store, Yara colpisce per impatto visivo e stilistico, con panorami non indifferenti a stupire. Purtroppo, però, Far Cry 6 non riesce a sfruttare a pieno l’hardware next-gen della console, mostrando un lato tecnico non al passo delle nuove proposte videoludiche esclusive per la nuova generazione. Questo sesto capitolo della saga riesce a mantenere un frame rate stabile tagliando risorse al comparto grafico, sia per profondità di campo che per pop up ed effetti. Uno su tutti è l’effetto visivo del fuoco, il quale mi fa rimpiangere vecchi capitoli come il secondo ed il terzo. Nonostante tutto i caricamenti rimangono veloci, non ostacolando mai l’utilizzo del viaggio rapido.
Il team di sviluppo ha supportato il Dualsense di Sony solo in parte, attraverso l’utilizzo dei grilletti adattivi per le armi da fuoco e poco altro.
Ad accompagnarci per il mondo di gioco troviamo una pletora di canzoni latino-americane assolutamente perfette per il contesto in cui si svolge il racconto. Tra “Havana” di Camila Cabello e “Livin’ la vida loca”, anche il nostro protagonista si metterà a cantare sentendo le canzoni alla radio. Concludendo, Far Cry 6 non propone alcun adattamento italiano per quanto riguarda il doppiaggio audio, nonostante il titolo sia completamente localizzato nei testi. Di ottima fattura i doppiaggi in inglese e spagnolo, nonostante il secondo mi sia parso più consono agli eventi narrati.