Quella di Battlefield è divenuta nel tempo una delle saghe pilastro di Electronic Arts. Durante la generazione PS3 e Xbox 360 lo sparatutto di DICE era in forte competizione con il già affermatissimo Call of Duty, riuscendo persino a spodestare quel gioco tipicamente arcade con le sue guerre su larga scala. E se il caro defunto MAG è stato una sorta d’ispirazione per i ragazzi di DICE, lo vediamo soprattutto nell’evoluzione che il franchise di Battlefield ha compiuto negli anni, fino a capitolare in Battlefield 2042.
“Da dove tutto cominciò”. Il nuovo capitolo della saga segue le orme dell’esperienza completamente online imbastita con Battlefield 2142, riprendendo i tanto desiderati connotati moderni della guerra di cui i nostalgici dell’ottimo Battlefield 4 (tra cui il sottoscritto) sentivano la mancanza. E, non a caso, la campagna marketing di questa iterazione ruotava intorno a quegli elementi che hanno reso celebre il capitolo approdato durante la transizione a PlayStation 4 e Xbox One. Però 2042 è tutto fuorché un disco uscito con il buco. I numerosi problemi del lancio hanno scaturito numerose critiche da parte dell’utenza, la quale si definisce più delusa che contenta, affossando di conseguenza il titolo con giudizi estremamente negativi. Ma il nuovo sparatutto di DICE è completamente da dimenticare? Noi lo abbiamo giocato in questi giorni grazie ad un codice review fornitoci da Electronic Arts, e ve ne vogliamo parlare in questa recensione.
Battlefield 2042, un ritorno non proprio in grande stile
Personalmente sono tra quei utenti che non hanno molto digerito il ritorno alle guerre storiche in Battlefield. Sebbene con Battlefield 1 il risultato raggiunto fosse decisamente ottimo, con il quinto capitolo della serie ho provato delle sensazioni alquanto complicate e accolsi con entusiasmo l’annuncio di Battlefield 2042, poiché era ciò che volevo dal brand in questo momento. Certamente, potevo dirmi alquanto sorpreso dall’assenza di una campagna in giocatore singolo, dopotutto i ragazzi di DICE nelle ultime iterazioni della serie ha saputo costruire delle esperienze coinvolgenti che, nonostante i temi ampiamente trattati dal panorama degli sparatutto, ha saputo costruire un qualcosa di per nulla scontato. Arrivato dunque il giorno in cui avviare il gioco, già conscio delle recensioni della stampa specializzata che sono uscite pochi giorni prima tra dubbi e certezze, mi fiondo sulla modalità Conquista da 128 giocatori. Una piccola novità che espande ulteriormente la guerra su larga scala intesa da DICE.
Mi ritrovo dunque a rivivere quei vibes che, a cavallo tra il 2014 e il 2015, appartenevano al mio amato Battlefield 4, con la consapevolezza di provare quelle medesime sensazioni su un hardware migliore ed un engine ormai evoluto. Il gameplay è rimasto persino immutato, dal gunplay – quasi – realistico ed impreziosito dalla balistica delle armi, fino al gioco di squadra per la conquista degli obiettivi, passando poi all’utilizzo dei vari veicoli (e velivoli) con cui assaltare il fronte nemico. Ci sono insomma tutti gli elementi per trovarci sul piatto il miglior capitolo della saga, eppur così non sembra. Cosa è andato storto di preciso? Che vi siano stati dei miglioramenti rispetto all’open beta di qualche mese fa è innegabile, l’esperienza è decisamente più godibile se confrontata al passato. Tuttavia, il lancio è stato afflitto da una serie di problemi che ne hanno minato una possibile valutazione positiva da parte della sua utenza più fedele. In primis, nel momento in cui si vuol costruire un’esperienza completamente online (es. Overwatch), si ha bisogno di server e netcode solidi, cosa che al momento il titolo di Electronic Arts non riesce ad offrire in maniera stabile. Che si tratti delle partite tradizionali, o delle sale personalizzate dell’apprezzatissima modalità Portal (che vedremo tra poco), anche in situazioni decisamente favorevoli le nostre partite sono state afflitte da problemi di latenza e connettività, rendendole talvolta impraticabili. Questo problema non si verifica solamente nel momento in cui il ping sale a livelli stellari, poiché anche la latenza, se percepita in forma minore, rende persino impossibile poter colpire un nemico dalla lunga distanza, mandando così il colpo sparato completamente a vuoto. Fortunatamente non si tratta di un problema permanente, ma nella maggior parte dei casi è stato difficile poter giocare in completa serenità.
Altro problema è legato questa volta al design sono le mappe. Queste ultime risultano essere fin troppo aperte e di dimensioni alquanto generose, persino per una sala d’attesa composta da 128 giocatori, rendendo così ancor più occasionale lo scontro tra giocatori soprattutto in Conquista. Pertanto vi sono ritmi alquanto disomogenei, ma che una volta entrati nel vivo riescono a trasmettere tutta l’euforia della guerra su larga scala di casa DICE. Tuttavia, questo problema sembra affievolirsi nel momento in cui giochiamo a Sfondamento. Si tratta di una modalità in cui un team deve difendere due obiettivi, mentre il battaglione avversario, con i rientri limitati, dovrà attingere a tutte le sue risorse per conquistare il fronte e far ritirare il nemico verso l’area successiva. Qui l’azione si concentra in aree più piccole, dettando dei ritmi frenetici che rendono il gameplay ancor più interessante. È proprio in questo caso che possiamo apprezzare realmente il design delle mappe, sebbene vi siano alcuni elementi che necessitano di correggere il tiro. In particolar modo, alcuni obiettivi risultano delle fortezze inespugnabili, decretando automaticamente la vittoria o la sconfitta di uno dei due team. Ancor più interessante è la modalità Hazard Zone, la vera novità di questo Battlefield. Otto team composti sia da giocatori che da bot, gestiti dall’intelligenza artificiale, si lanceranno all’interno della mappa per la raccolta di dati, i quali andranno successivamente estratti per raggiungere la vittoria. Ogni team sarà letteralmente solo e le partite saranno intrise di tensione tra uno spostamento e l’altro sulla mappa. Ogni giocatore in questa occasione potrà costruire il proprio equipaggiamento spendendo i punti guadagnati dalla raccolta dei dati, ottenendo di conseguenza alcuni vantaggi sugli avversari. Si tratta sì di una modalità intrigante, dove ogni spostamento sarà cruciale per la sopravvivenza del team, ma che se rapportato con lo spirito della saga si trova in forte contrasto col gameplay inteso da DICE.
In ogni caso, la vera chicca per i fan è la modalità Portal, la quale racchiude in sé l’anima del franchise. Attingendo ad un web editor, ogni giocatore può creare la sua partita ideale sfruttando mappe, armi e modalità tratte dai precedenti capitoli della serie, come Battlefield 1942, Bad Company 2 e Battlefield 3. Saranno infatti sei le mappe pescate da questi titoli, come Confine sul Caspio o la battaglia delle Ardenne, creando così un’esperienza nostalgica attraverso server privati. La cosa ancor più sorprendente è come ciascuna delle mappe sia stata ricostruita sfruttando le attuali potenzialità del Frostbite Engine, mantenendo non solo la conformazione originale, ma rispettando persino la distruzione ambientale e migliorandole da un punto di vista anche grafico. Un elemento che abbiamo apprezzato seppur in maniera limitata, tuttavia ciò non esclude l’arrivo di ulteriori contenuti (dal forte impatto nostalgico) in futuro. Un qualcosa che potrà decisamente far piacere a tutti coloro che vogliono estraniarsi dalla competitività con altri giocatori, vi è la possibilità di giocare di giocare contro i bot. Avviando la ricerca e modificando il filtro in “Solo o Co-op”, si ha la possibilità di scegliere modalità, mappa e il livello dell’intelligenza artificiale, che a suo modo riesce persino a farsi valere anche alla difficoltà più bassa. Un’alternativa invitante soprattutto per coloro che desiderano ambientarsi prima di mettere piede nel multigiocatore online.
Una battaglia tra operatori
Battlefield 2042 abbandona quello che era un gameplay improntato sul ruolo: le classi come assalto, geniere, medico e sniper sono state sostituite in favore dell’avvento degli operatori, una dozzina di identità ben definite che esprimono le proprie abilità attraverso i loro peculiari gadget. Questi strumenti all’interno del gameplay non hanno una grande influenza, sebbene possano offrire dei piccoli vantaggi tramite il loro utilizzo. Un esempio sono i gadget che offrono un supporto in battaglia, come la torretta automatica di Boris o la possibilità di rianimare qualsiasi compagno del team con Angel. Sebbene la varietà non manchi, alla fine saranno veramente una manciata gli operatori interessanti, sebbene ognuno di essi possa vantare di una piccola backstory che ne approfondisce l’identità. A livello pratico il gameplay non viene dunque stravolto rispetto agli operatori introdotti nella serie di Call of Duty, riuscendo così a mantenere un discreto equilibrio. Ciò che farà sicuramente storcere il naso sono le armi: l’arsenale realizzato da DICE è alquanto contenuto rispetto alle passate iterazioni, senza considerare che al momento il titolo è afflitto da uno sbilanciamento fin troppo evidente. Tuttavia, ogni giocatore potrà modificare il proprio arsenale in qualsiasi momento, anche durante la partita, e personalizzare la propria arma sfruttando un menù rapido a croce. Sebbene la quantità di accessori sia ridotta, è innegabile il beneficio che ne consegue da questa scelta di design, sebbene non sia possibile controllare quali siano gli effettivi miglioramenti tra un accessorio all’altro.
Un altro elemento interessante sono i rifornimenti, che potremo chiamare dopo alcuni intervalli. Attraverso questo lancio potremo richiedere dei veicoli, corazzati e non, oppure un robot quadrupede di supporto, il Ranger. Tuttavia non mancherà la classica selezione dei veicoli nel momento in cui saranno disponibili, mantenendo ancor più intatta quella struttura ludica solidificata con le ultime iterazioni della serie. Insomma, Battlefield 2042 mantiene la sua anima da sparatutto su larga scala, riproponendo un gameplay assolutamente familiare con delle piccole novità, ostacolato da un lancio non avvenuto nelle migliori condizioni auspicabili.
Un lancio non proprio memorabile
Il Frostbite engine è ormai il fiore all’occhiello di Electronic Arts e DICE. Un motore grafico che ha sempre offerto un’ottima distruzione degli ambienti e, talvolta, anche una grafica molto apprezzabile, proponendo degli scenari di guerra mastodontici e ben modellati. Battlefield 2042 ci offre un assaggio del futuro Frostbite Engine, con ambientazioni alquanto curate ed una vegetazione ancor più credibile rispetto al passato del franchise. Persino i modelli poligonali dei soldati risultano più realistici rispetto ai “manichini” delle ultime iterazioni della serie. Tuttavia, il nuovo sparatutto in soggettiva è minato da una serie di problemi che ne hanno condizionato il lancio. A partire dai bug e dai glitch grafici, che in alcune occasioni ci hanno impedito di rientrare in battaglia quando e come volevamo, ma ancor più problematica è l’infrastruttura dei server, che nell’arco di questa prima settimana ci ha dato parecchi problemi, come la latenza e gli errori di connessione. Soprattutto la prima è stata difficile da gestire, a causa delle hitbox fantasma e dell’impossibilità di colpire i giocatori anche con svariate raffiche di proiettili. A questo va aggiunto anche lo sbilanciamento delle armi ed una balistica non sempre precisa, minando così la godibilità dell’esperienza di gioco. Persino tra i veicoli vi sono forti squilibri, con alcuni blindati semplici capaci di prevalere come potenza di fuoco sui corazzati.
Ciononostante, a livello tecnico il titolo propone una prestazione solida sui sessanta fotogrammi per secondo, una stabilità che si mantiene anche quando avvengono dei fenomeni atmosferici piuttosto pesanti durante la partita. Infatti, ogni match vedrà arrivare una consistente tempesta che, in un modo o nell’altro, ogni giocatore potrà sfruttare a proprio vantaggio. Nonostante questi fenomeni possano appesantire il carico che l’hardware deve elaborare (soprattutto la versione PlayStation 5, che abbiamo provato), il frame rate rimane impassibile, soprattutto con ben 128 giocatori connessi nella partita.
Il sistema dell’illuminazione ci lascia invece leggermente perplessi. Nonostante vi sia un discreto utilizzo del raytracing, l’immagine in alcune mappe risulta alquanto cupa, riducendo così la visibilità dei giocatori e non solo. Nella versione PlayStation 5, inoltre, non possiamo non menzionare le funzionalità del DualSense. I grilletti adattivi purtroppo sono esenti dal coinvolgimento dell’esperienza di Battlefield 2042, mentre vi è stato un buon lavoro sotto il profilo del feedback aptico, sebbene non vi sia stato modo di sfruttare il microfono interno del pad a causa dell’assenza della chat in-game. Il comparto sonoro, invece, ci offre una buona immersione nel gameplay, con gli effetti sonori che ci trasmettono tutta la caoticità della guerra tra esplosioni, urla di soldati e corazzati in continuo avanzamento.