Daedalic Entertainment ha sempre deliziato il suo pubblico con avventure punta e clicca intriganti, con sprazzi di comicità ma soprattutto con intrighi, intrecci narrativi e molto altro ancora. Di recente, la software house ha reso disponibile su PlayStation 4 la serie The Dark Eye, suddivisa nei capitoli Chain of Satinav e Memoria. Oggi siamo qui per parlarvi proprio di quest’ultimo, The Dark Eye: Memoria. Con la maturata penna di Kevin Mentz, autore della serie Deponia (QUI per la recensione di Caos a Deponia), Memoria è la giusta evoluzione narrativa e ludica di Chains of Satinav, dove possiamo accogliere nuovamente tra le nostre braccia l’eroe di Andergast, Geron.
Tra miti, fantasy e lugubri tematiche, ci siamo tuffati nei giorni scorsi in questo seguito, completando l’avventura ed esplorando gran parte delle diramazioni colloquiali intraprese durante il nostro viaggio, rimanendo compiaciuti dal prodotto confezionato da Daedalic. In sintesi, questa è la nostra recensione di The Dark Eye: Memoria.
The Dark Eye: Memoria, ti piacciono gli enigmi?
Se vi piacciono gli enigmi, allora vi sarà concesso di giocare The Dark Eye: Memoria. Non è affatto uno scherzo, poiché sarà questo il primo requisito indispensabile per godere dell’avventura punta e clicca di Daedalic Entertainment. Inoltre, aver giocato Chains of Satinav sarà ancor più fondamentale per comprendere alcuni passaggi di questo seguito. Rivestendo i panni di Geron, eroe di Andergast, e della sua compagna Nuri, trasformata in un corvo a seguito di una maledizione, il nostro protagonista si ritroverà a conti fatti alle prese con una nuova avventura che lo porterà a viaggiare indietro nel tempo spiritualmente. Infatti, il capitolo Memoria vede il debutto di una co-protagonista femminile di nome Sadja, la quale sarà collegata al mistero che Geron si ritroverà a dover risolvere. In questa nuova avventura dagli autori di Deponia, il giocatore si ritroverà in un contesto fantasy fantapolitico, dove vengono ripescati a piene mani tutti i canoni che compongono il genere, ponendo il tutto in un gameplay atipico che fornisce degli spunti interessanti. Però, rimanendo incastonati nella narrazione, la storia, che vi terrà incollati allo schermo per nove ore circa, ci ha piacevolmente colpiti, nonostante il sottoscritto non sia un grandissimo appassionato dei punta e clicca. Ciononostante, vivere la storia negli spaccati di passato e presente attraverso gli occhi dei due protagonisti, permette di osservare tutti i tasselli che compongono un puzzle in continua evoluzione e di sciogliere tutti i nodi che legavano la trama nel climax finale.
Tuttavia, avventurarsi in Memoria senza aver giocato Chains of Satinav potrebbe recare qualche incomprensione, specie se diversi eventi del passato vengono esaminati proprio in questa nuova avventura di Geron. Nel contesto narrativo troviamo numerosi personaggi secondari, ognuno dei quali caratterizzato sufficientemente a garantire un maggiore mordente alla storia. La caratterizzazione trova una maturazione ben gradita, capace di approfondire diversi aspetti dei protagonisti coinvolti nel contesto, dando dunque modo al giocatore di provare dell’empatia verso essi. Evitando dunque portentosi spoiler e lasciandovi piena libertà di affondare le mani nel prodotto, The Dark Eye: Memoria riesce a farsi apprezzare per tanti altri motivi, come gameplay, ambientazione e comparto artistico.
Numeri di magia
Nonostante una longevità che potrebbe far storcere il naso ad alcuni, ma che tutto sommato – soprattutto per un’avventura punta e clicca -, si rivela essere più che sufficiente, The Dark Eye: Memoria offre spunti interessanti sul lato del gameplay. Nonostante le fondamenta condividano le caratteristiche più comuni del genere, sono le meccaniche a rendere particolare tale produzione. In primis l’uso della magia, che vede un netto miglioramento rispetto al passato, la quale trae forza dal dualismo di Geron e Sadja grazie alle abilità da loro possedute. Nelle varie sezioni in cui li utilizzeremo, si presenteranno lungo il percorso situazioni sempre diverse e mai noiose, le quali sfruttano a pieno regime ciascuna magia sbloccata. Questi momenti, talvolta, propongono soluzioni ben congegnate, come per esempio la foresta del quarto capitolo, un labirinto enigmatico da cui a tratti è difficile persino uscire. L’implicazione della magia, però, è ciò che rende ancor più valido il titolo, poiché la sua utilità sarà fondamentale per risolvere alcune sezioni del gioco. Le magie a disposizione sono tante e varie, ed ognuna ha una propria funzionalità ben distinta nel contesto ludico. Che si tratti di trasformare in pietra delle piante, per trarne degli oggetti, od incantesimi in grado di risvegliare dei golem, o semplicemente distruggere e ricostruire cose a proprio piacimento, esse aiutano Memoria a non essere troppo scontato e monotono per tutta la sua durata.
Di certo non possono mancare le infinità di dialoghi che potremo intrattenere con qualsiasi personaggio, assieme ad alcune sezioni trial & error sparse qua e la che addirittura potrebbero premiarci con un trofeo sbloccato (provate a dire che non vi piacciono gli enigmi) ma che, tutto sommato oltre al ricercato obiettivo, verremo ricompensati con un qualcosa di inaspettato. Anche l’utilizzo degli oggetti per il completamento di alcuni puzzle si mostra semplice ed immediata, con la possibilità di scartare, assemblare o addirittura dividere alcuni oggetti per continuare il nostro cammino. Inoltre, sarà possibile visualizzare su schermo tutte le possibili interazioni, così da ritrovare sin da subito la strada da seguire per poter andare avanti.
Un’avventura leggermente grezza
The Dark Eye: Memoria viene valorizzato da un comparto artistico in linea con il fantasy da esso proposto, permettendo al giocatore di visitare delle ambientazioni estremamente suggestive ma anche affascinanti. Tra antiche rovine, boschi e città medievali, il titolo di Daedalic Entertainment riesce a catturare l’attenzione con dei fondali avvalorati da minuziosi dettagli, il tutto disegnato a mano con cura. Nonostante la bellezza dei luoghi che verranno visitati più volte, sono le animazioni grezze a farci storcere il naso, con qualche piccolo problema di stabilità che forse nemmeno ci saremmo aspettati di trovare. Tuttavia, per il pubblico nostrano, sarà l’assenza di una localizzazione italiana a pesare sulla godibilità del prodotto (non nel caso del sottoscritto, ma si sa, non esiste solo lui). Contrariamente quanto visto dal suo predecessore che, invece, presentava testi e menù nella nostra lingua.