Le grandi guerre che hanno segnato la storia del genere umano sono da sempre fonte di ispirazione per lo sviluppo degli sparatutto in prima persona. Se pensiamo al debutto della serie Call of Duty, la quale gettò le proprie fondamenta realizzando una trasposizione videoludica romanzata della Seconda Guerra Mondiale, capiamo come questi conflitti storici siano un tentativo di narrare la storia attraverso vie differenti. Sui banchi di scuola, specialmente, siamo abituati a conoscere le grandi guerre e i loro principali eventi, entrando in un loop di apprendimento fin troppo limitante. La storia sarà pur scritta dai vincitori, ma ciò non vuol dire che sia stata scritta solamente dai protagonisti. Abbiamo appreso che la guerra è un’insieme di tante battaglie combattute sui fronti, episodi storici che vengono dimenticati fin troppo facilmente, poiché la loro rilevanza politico-storica non ha segnato gli eventi che han permesso al genere umano, fino a prova contraria, di evolversi come società.
Da qualche anno a questa parte, Electronic Arts e DICE hanno provato con Battlefield a narrare la prima e la seconda guerra mondiale attraverso aneddoti e storie. Questi non hanno di certo cambiato le sorti dei conflitti ma, a modo loro, hanno avuto un certo peso come tasselli di un enorme puzzle. Sono tanti gli FPS del panorama videoludico che hanno voluto puntare sulla rievocazione storica e, tra questi, spicca Tannenberg, sparatutto in prima persona di M2H e Blackmill Games. Lo abbiamo giocato in questi giorni e, tra una conquista e l’altra, siamo pronti per tirare le somme su questo curioso titolo, il quale ci riporta indietro al 1914. Non ci resta che entrare nel vivo di questa nostra recensione.
Tannenberg, un ritorno alla prima grande guerra un po’ diverso.
Tannenberg deve il suo nome alla battaglia che infuriò tra il 26 e il 30 agosto 1914 sul fronte orientale, laddove il conflitto prese piede in tutta l’Europa dell’est, i cui principali protagonisti furono Germania e l’allora Prussia. La guerra secondo Blackmill Games, nonché già autori di Verdun, prosegue in questa espansione autonoma che sigla una grande immersione nel primo grande conflitto. Mappe e plotoni in cui schierarsi sono infatti riconducibili al suddetto momento storico, ove il giocatore può immedesimarsi nei soldati che caddero sul fronte. Tannenberg, al contrario dei maggiori competitor che han trovato modo di narrare eventi quasi sconosciuti o difficilmente trattati sui banchi di scuola, non punta ad offrire una componente single-player, bensì offre un’unica esperienza multigiocatore. Non demoralizzatevi, è comunque possibile giocare offline contro dei bot governati dall’intelligenza artificiale, un’alternativa a chi il gioco online non lo digerisce affatto.
Entriamo subito nel merito dell’offerta contenutistica di Tannenberg: le modalità. Al lancio su console Tannenberg punta tutto su tre modalità di gioco, ma quella che spicca maggiormente è senza ombra di dubbio “Manovra”, la quale ricalca le orme della classica Conquista della serie Battlefield. È forse qui che troviamo maggiore immersione nel gameplay, con grandi schieramenti di giocatori a darsi battaglia sui fronti di guerra a suon di Gewehr 1898 o Mosin-Nagant M1891 e con i rientri che man mano diminuiscono a seconda delle zone conquistate. L’azione in questa modalità verte sul controllo delle zone, stabilendo il dominio della fazione Intesa o Potenze Centrali che sia, sfruttando una stratificazione in plotoni – come nella serie Battlefield – ma con un pizzico di simulazione in più. Non è una novità che, spesso e volentieri, delle meccaniche di gioco vengano replicate in altri titoli. Tannenberg, infatti, non si tira di certo indietro, cercando comunque di migliorare tale formula attraverso un maggiore realismo ed immersione al contesto storico. Se vogliamo parlare di pregi, il titolo si presenta come storicamente accurato, soprattutto in armi ed uniformi dei soldati, senza dimenticarsi dei vari setting, riconducibili al reale conflitto del 1914. Sicuramente, per gli appassionati di storia, lo sparatutto di Blackmill Games sarà una gioia per gli occhi, seppur a controbilanciare troviamo diverse criticità. Non mancano infine modalità come Logoramento, un deathmatch a squadre classico, e “Scontro Mortale”, il tipico Tutti contro Tutti che troviamo nella serie di Call of Duty.
Un gameplay in controtendenza
Siamo abituati a giocare gli sparatutto con una frenesia crescente, tra cui il maggior rappresentante è Doom Eternal, titolo in cui Id Software ha riscritto i canoni dell’azione frenetica in un FPS. Col tempo, anche serie come Battlefield, Call of Duty, Wolfenstein e via dicendo hanno iniziato ad offrire una maggiore libertà d’azione al giocatore, aumentando l’intensità del gameplay con level design accurati. In Tannenberg troviamo invece un gameplay in controtendenza e, se vogliamo, anti-frenesia. Il titolo infatti opta per un ritmo più pacato, talvolta rigido, ma anche più realistico, fidelizzando l’appassionato di rievocazioni storiche attraverso una componente ludica che non vuole mettere fretta. Difatti, gettarsi nella mischia non curante dei pericoli decreterà inevitabilmente una morte rapida ed indolore. Ciò viene dimostrato da come il lento ritmo premia il giocatore con delle uccisioni. Siamo fin da subito chiari: durante la nostra prova ci siamo scontrati sia contro altri giocatori che con dei bot e la differenza la si nota nelle uccisioni eseguite in partita. La sensazione provata, mentre il sottoscritto giocava al titolo di Blackmill Games, era quella di ritrovarsi in un mix tra COD e Battlefield. Feedback del primo, seppur meno alla mano, impostazione di gioco del secondo. Tutto quadra fin qui, eppure la messa in atto ci è parsa alquanto disastrosa. Questo perché, inseguendo l’ostentazione del realismo, si incappa nei problemi più comuni che rendono il gameplay meno godibile del solito.
Tannenberg non è solo online. Come abbiamo già dichiarato in apertura, il titolo propone anche una modalità offline nella quale il giocatore può scontrarsi con l’intelligenza artificiale nelle modalità disponibili. Eppure, nonostante l’ottima idea di rendere disponibile anche questa modalità, il divertimento si esaurisce nel giro di pochi minuti quando si inizia a calcare un po’ la mano sugli avversari. Difatti, l’intelligenza artificiale del titolo necessita di un’evoluzione per dare una sfida quanto più equilibrata per il giocatore, il quale non avrà alcuna difficoltà nel raggiungere le tre cifre nel contatore delle uccisioni. Infatti, la reattività dei bot è alquanto primitiva, ciononostante questo non implichi il fatto che morire sul campo di battaglia sia un gioco da ragazzi. Nel gioco vige la regola del “un colpo, un morto” e non fa alcuna distinzione. È forse una delle pochissime lance che ci sentiamo di spezzare in favore di Tannenberg.
Sofferenza su tela
Non vi nascondiamo che il nostro primo approccio a Tannenberg è stato alquanto sofferto. L’obsolescenza grafica e le sensazioni di intermittenza dell’immagine ci hanno decisamente fatti star male nelle prime ore di gioco, facendoci venire un senso di nausea durante le prime partite. Questa sensazione è in seguito è svanita, ma risulta impossibile non sottolineare le criticità di un comparto tecnico fin troppo rudimentale per i tempi attuali. Siamo stati abituati bene dopotutto, il panorama degli sparatutto in prima persona con l’evolversi ha cercato di offrire esperienze sempre più realistiche dal punto di vista grafico, senza raggiungere però quel realismo tanto sperato. Tannenberg ricerca il proprio realismo nella fedeltà dell’accuratezza storica, dimenticandosi però di offrire un comparto grafico al passo con i tempi. La qualità dell’immagine e degli assett in generale permettono al titolo di girare a sessanta fotogrammi per secondo. Nonostante il peso molto leggero, i caricamenti sono alquanto prolissi e l’inizio di una nuova partita si fa spesso e volentieri desiderare. Ciononostante, il feedback delle armi ci è sembrato tutto sommato gradevole, seppur il feeling delle hitbox viene un po’ a mancare. Il titolo nella sua veste obsoleta e lacunosa dal punto di vista tecnico, ci ha lasciati con sensazioni alquanto fredde, seppur apprezziamo in qualche modo la localizzazione italiana.