I videogiochi stanno diventando un mezzo comunicativo sempre più portentoso, laddove alcune persone nel ruolo degli sviluppatori vogliono raccontare una storia, una tematica, un pensiero. E spesso il destino vuole che siano gli intraprendenti dev indipendenti a lanciarsi con coraggio in una narrazione decisamente estranea dai canoni dell’industria, delineando una storia che accompagna il gameplay, unendo l’utile al dilettevole, come nel caso di Ever Forward.
Si tratta di un puzzle game avventuroso a cura di Pathea Games, autori del già apprezzato My Time at Portia, i quali hanno voluto in questa occasione raccontarci una storia delicata di una madre ed una figlia, separate per sempre da un evento che ha scosso il mondo. Dopo aver portato a termine quest’avventura, giocata su PlayStation 5 grazie ad un codice review gentilmente fornitoci, ve ne vogliamo parlare sulle nostre pagine in questa nuova recensione.
Ever Forward, la via del risveglio
Quella di Ever Forward è un’avventura piuttosto breve: infatti abbiamo impiegato solamente un’ora per culminare ai titoli di coda. Nonostante ciò, il suo racconto ci ha riservato delle emozioni impossibili da ignorare. Vestiamo i panni di una bambina in abito bianco di nome Maya, che si ritrova da sola su un’isola misteriosa su cui si erige un albero gigante dalle foglie rosse. Dall’albero provengono delle immense radici, la cui corruzione è collegata ad un frammento di vita della ragazzina. Man mano che risolveremo ciascuna di esse, nonché fulcro nevralgico del gameplay, scopriremo passo dopo passo cosa è accaduto all’innocente fanciulla. I frammenti di storia, raccontati dai puzzle che completeremo durante la partita, rivelano un mondo stretto dalla morsa di un evento apocalittico che ha ridotto l’umanità a rifugiarsi all’interno delle proprie abitazioni. La piccola Maya, che vive con sua madre, una dottoressa a lavoro su un importante progetto tecnologico, rivive alcuni sporadici momenti della sua vita dal momento in cui tutto cambiò: il rapporto genitoriale, i suoi sogni e la dura realtà che era costretta a vivere, in attesa di un qualcosa che potesse restituirle una vita normale.
Per tutta l’avventura Ever Forward narra dunque di un rapporto madre/figlia imperfetto, dove il genitore, continuamente impegnato con il lavoro, non riesce a trovare un fulgido momento da dedicare alla propria bambina, trasformando quell’amore ed ammirazione in un repentino odio ingannevole. E ciò lo si nota da tutti i tentativi provati da Maya per passare anche solamente cinque minuti con la propria madre, momenti che purtroppo con l’avanzare del tempo diventeranno sempre più sporadici, fino ad arrivare ad un punto di non ritorno. Tuttavia, il titolo sviluppato dai ragazzi di Pathea Games ci riserva una dolce morale che veicola l’importanza del rapporto genitoriale e di come, spesso e volentieri, le apparenze ci portano a conclusioni errate. L’avventura è delicata e toccante nel suo racconto e, senza scadere nella banalità, ci riserva un finale dolce e duro da digerire emotivamente, portando la protagonista ad affrontare un evento difficile da superare e persino da accettare, ma che infondo fa parte della vita di ognuno di noi.
Un puzzle decisamente permissivo
Ever Forward è un puzzle game non incredibilmente impegnativo, il quale vi farà spremere le meningi solamente alle battute finali. L’obiettivo di ogni livello è semplice: bisogna inserire un cubo all’interno di una piattaforma e, per farlo, la piccola Maya dovrà trasportarlo superando gli ostacoli presenti lungo il percorso, ingegnandosi con le meccaniche che il gioco mette a disposizione. Nei suoi movimenti la ragazzina è goffa e con fatica si arrampica sui dislivelli, i suoi salti sono piccoli e i suoi lanci sono alquanto corti. Insomma, nell’economia ludica la tenera età della protagonista rappresenta un piccolo ostacolo ed un elemento di cui tener conto per il giocatore, il quale dovrà saper ingegnarsi per risolvere ciascuno dei puzzle presenti nel gioco. Sebbene all’inizio ciascun livello risulti fin troppo semplice, la difficoltà andrà ad aumentare man mano che avanzeremo nella fittizia realtà in cui si trova Maya, nella quale ogni passo sarà decisivo per recuperare i suoi ricordi. I puzzle in sé non sono molti, ma fortunatamente non manca la varietà. Gli ostacoli e gli enigmi permettono di sfruttare appieno le intuizioni del level design che, nonostante la sua semplicità, ci permette di attuare delle soluzioni che mai risultano monotone.
Nonostante l’obiettivo sia sempre lo stesso, il percorso risulterà diverso e più impegnativo, fino a sfruttare la forza di gravità e il motore fisico. Gli ostacoli purtroppo non offrono chissà quale varietà, spesso la piccola Maya dovrà fare attenzione alle sentinelle che col loro fascio di luce sorvegliano delle piccole aree, e la loro presenza spaventerà la ragazzina a tal punto da farla muovere con cautela. Per aggirarle, abbiamo utilizzato in diverse occasioni gli stessi cubi che dobbiamo trasportare, od anche un semplice salto. Tuttavia, nel momento in cui ci scoprono, tale sorveglianza ci elimina istantaneamente con un raggio di luce. Ever Forward però è un titolo molto permissivo, il quale lascia all’utente la possibilità di creare un checkpoint in qualsiasi momento. In questo caso, inoltre, si possono sfruttare determinate tempistiche o situazioni, trasformando il semplice salvataggio come un asso nella manica. La velocità con cui si possono sfruttare tali checkpoint è un punto di forza del gameplay, il quale purtroppo non ci offre chissà quali attività ludiche durante la breve avventura. Tuttavia, il giocatore può perdersi nella foresta onirica che tiene imprigionata Maya nel suo percorso, un tripudio di colori e grafica low poly che creano una visione grafica tenera e rilassante. Sul comparto grafico dunque non abbiamo davanti un titolo eccezionale, che punta tutto sulla semplicità e pulizia dei poligoni mentre, andando sui tecnicismi, abbiamo testato la versione PlayStation 4 (la versione PS5 non era ancora disponibile!), dove i caricamenti sono risultati a dir poco immediati, sebbene il pop up delle texture e dei poligoni ci abbia lasciati un po’ stizziti. Mentre i colori vivaci donano vita all’ambientazione di gioco (mentre andiamo sulle atmosfere tetre durante i puzzle), il sistema d’illuminazione ci regala degli scorci interessanti, sebbene il titolo non sia un prodigio tecnico. Una nota di apprezzamento va alla colonna sonora, che accompagna in maniera rilassante l’avventura della piccola Maya.