Non so per quale motivo, ma fin dall’inizio, sia la musica che l’atmosfera di Dishonored 2 mi hanno fatto pensare a Sherlock Holmes. Me ne sfugge ancora quale ne sia la ragione, forse una qualche assonanza di note ascoltate in passato, ma sta di fatto che soprattutto sul pezzo ciclico del menu iniziale, il pensiero mi è sempre volato verso il personaggio di sir Arthur Conan Doyle, che per giuste ragioni, nel mio immaginario condivide le fattezze di Robert Downey Jr., Benedict Cumberbatch ed in parte quelle di Nicholas Rowe.
Ma lasciando il pace il noto detective londinese, pensiamo all’oggetto principale di oggi, ovvero il secondo capitolo di Dishonored, acclamato action game con forti elementi stealth, che fece la sua comparsa sulle nostre console circa quattro anni fa.
Si ritorna quindi a Dunwall, ritrovando un più “anziano” Corvo Attano, ed una ormai cresciuta Emily, diventata l’imperatrice, nonché la migliore allieva di suo padre.
Sono passati ben quindici anni dagli eventi del primo capitolo, quindi lunghi anni da quando l’allora imperatrice fu brutalmente assassinata. E dopo tutto questo tempo, un nuovo pericolo incombe sul destino della famiglia reale e sull’intera Dunwall. Delilah, con l’aiuto del Duca di Serkonos, si dichiara pubblicamente la sorella segreta della defunta imperatrice, sollevando Emily dal suo ruolo proprio nel giorno più doloroso dell’anno.
Comincia così Dishonored 2, con un prologo denso di toni narrativi forti, che metteranno il giocatore fin da subito davanti ad una scelta, quella di proseguire la storia giocando nel ruolo di Corvo o di Emily.
Narrativamente parlando però, la trama che vi abbiamo accennato è solo la punta dell’iceberg. Quella globale si rivelerà infatti essere immensamente più grande, soprattutto se si avrà l’accortezza di leggere attentamente tutti i documenti, gli articoli di giornale o i vari fogli di carta che sarà possibile trovare nel gioco. Segreti, trame secondarie, saranno un valore aggiunto che difficilmente ormai si riesce a trovare in tutti i titoli odierni. Accostando quindi un’ottimo comparto narrativo a delle meccaniche mature e forti dell’esperienza del primo episodio, è normale che il risultato finale riesca ad essere migliore rispetto ad un titolo che era già buono nella sua precedente installazione.
Quello che maggiormente stupisce del gameplay del nuovo titolo di Arkhane Studios, è però la libertà concessa al giocatore nei vari modi in cui affrontare questa avventura.
Approcciare al nemico qui non significa infatti solo gettarsi a spron battuto verso la pugna. Lo si può fare, per l’amor di dio, ma qui si può anche preferire un’uccisione silenziosa che non desti sospetti o scateni allarmi, oppure semplicemente si può cercare di evitare lo scontro, aggirando il pericolo in percorsi alternativi che sono solo in attesa di essere scoperti.
I miglioramenti rispetto al titolo precedente sono evidentissimi, ed i ragazzi di Arkhane Studios sono stati abili nel sopperire ad alcune lacune che affliggevano il primo capitolo della serie.
I combattimenti in corpo a corpo hanno ancora un che di strano, e se non si è particolarmente esperti, il rischio di fare la fine del kebab aumenta tanto velocemente quanto ci si avvicina al nemico. L’uso dei poteri ha subito le dovute “rettifiche”, ed è ora possibile compiere azioni, siano esse di attacco o di “fuga”, letteralmente spettacolari. D’altro canto però, anche l’IA è stata migliorata, quindi non pensiate che mostrare il vostro attestato da ninja preso per corrispondenza possa aiutarvi a passare indisturbati attraverso gli avversari, specie se si sta giocando ad un alto livello di difficoltà. Tra l’altro, i poteri posseduti dai due personaggi selezionabili, non sono uguali ed omogenei, rendendo quindi la scelta dell’uno o dell’altra un “viaggio” differente rispetto alla controparte, anche se gli eventi narrativi saranno comunque gli stessi. E’ chiaro quindi che questo va a vantaggio della longevità del titolo, o per essere pignoli, della rigiocabilità, che bene o male promette almeno un paio di run, da giocare magari con stili di approccio diversi giusto per movimentare un po’ la situazione.
Insomma, ci sono delle meccaniche di gioco che permettono al giocatore di usare il proprio approccio personale alle situazioni, e la cosa non può che essere un bene.
Graficamente il titolo è forte, ha stile, ed il level design è a dir poco da paura. Nelle ambientazioni cittadine si rischia di restare sorpresi da ciò che circonda anche troppo spesso, e questo non fa sempre bene alla nostra salute, perché i nemici sono sempre in giro e potrebbero scoprirci proprio nel momento sbagliato. Il mondo steampunk che visiteremo si mostrerà sempre splendido, a dispetto della locazione in cui ci troveremo, ed infatti perfino i luoghi meno “aristocratici” come quelli della zona portuale saranno sempre una gioia per gli occhi.
I personaggi non sono solo ben caratterizzati, il loro aspetto estetico risalta in maniera decisamente particolare, anche se a vederli alcune volte potrebbe sembrare esserci qualcosa di sbagliato. Ciò è principalmente dovuto al “punto di vista” da cui nel gioco osserviamo le cose. Questione di abitudine, che col passare del tempo si rende sempre meno fastidiosa.
Per quello che riguarda il comparto audio niente da segnalare, se non una splendida colonna sonora, a cui avevamo già accennato all’inizio di questo nostro discorso. Buonissimo anche il doppiaggio, completamente in italiano, come del resto la localizzazione, che non sempre è un lusso che ci viene concesso.
Nella nostra esperienza all’interno del gioco, non abbiamo notato particolari problemi tecnici, solo piccole cose che andrebbero magari fixate con una patch.
Uno di queste sfortunatamente salta agli occhi più facilmente, ed è legata ad una qualità grafica leggermente inferiore in alcuni particolari delle ambientazioni rispetto a quello che lo circonda. È una cosa che passa quasi inosservata se si presta (giustamente) attenzione ai nemici o agli eventi che ci stanno accadendo intorno, ma che invece si riesce a notare nettamente di più in fase esplorativa o nei momenti di più calma.
Non si può che dire quindi che il Void Engine non si comporti come si deve, ma non gli possiamo di certo dare tutto il merito del risultato finale.
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