Il 2012 è l’anno in cui è toccato a Treyarch lo sviluppo del nuovo capitolo della serie Call of Duty, una serie che man mano con il passare degli anni (e soprattutto dopo l’ultimo Call of Duty: Modern Warfare 3) ha avuto sempre più critiche da parte dei giocatori soprattutto a causa della sua ripetitività tra i vari capitoli e per alcuni problemi tecnici che sono stati riscontrati. Molti giocatori che prima erano fan di questo brand hanno deciso di ribellarsi a questo andazzo passando alla concorrenza, mentre altri (molti) hanno continuato a dare man forte a questo titolo che da sempre strega molti giocatori con la sua modalità multiplayer online, nella speranza che il tutto venga al più presto risolto.
Siamo ora di fronte a Call of Duty Black OPS II, che sin da subito è stato presentato dalla software house come “il titolo che risolleverà la serie”, compito fondamentale per riuscire a non deludere un’altra fetta di utenti e, perchè no, far tornare sui loro passi chi ha deciso di abbandonare la serie. Ma Treyarch è riuscita nell’intento? Ci sono le potenzialità per affermare che siamo di fronte ad una sua ripresa? Scopriamolo insieme.
Una grande sorpresa!
La cosa che sin da subito si nota in questo nuovo Call of Duty è che la spettacolarità e l’epicità degli eventi non manca, ed anzi questa caratteristica ormai famosa nella serie è stata decisamente accentuata. Il figlio di Alex Meson (protagonista del primo Black OPS) interroga l’ormai veterano Frank Woods, che vive in una pensione per ex combattenti, facendoci rivivere alcuni suoi ricordi degli anni ’80 che trascorrono paralleli ad altre vicende che invece avvengono nell’anno 2025. Le storie di più personaggi si intrecciano fino ad arrivare all’obiettivo vero e proprio del titolo, ossia quello di sventare una minaccia terroristica tecnologica che sta minacciando l’intero globo.
Il cattivo di turno è Raul Menendez, nato in Nicaragua durante i tempi dei Contras e che ha vissuto in prima persona il periodo del neocolonialismo, mentre ora è a capo del gruppo Cordis Die e vuole portare disordine nel mondo utilizzando gingilli all’avanguardia.
I personaggi con cui avremo a che fare durante l’intera vicenda sono stati ben caratterizzati, molti dei quali segnati psicologicamente da avvenimenti del passato così traumatici da riuscire a cambiare il carattere di un uomo; questa caratteristica risalta soprattutto nell’antagonista di questo capitolo, forse il personaggio meglio riuscito della produzione. Il tutto è amalgamato in una trama che si intreccia e viene narrata in modo ottimale, risultando forse la migliore tra quelle degli ultimi capitoli della serie sia dal punto di vista della profondità che della longevità.
Proprio per questi motivi il giocatore rimane incollato allo schermo senza mai stancarsi, e per aumentare ancor più l’attenzione la software house ha deciso di inserire un sistema di scelte durante l’intera trama. Il portare a termine con successo o meno un obiettivo non sempre implica infatti il dover ricominciare il tutto da un checkpoint, ma anzi spesso influirà sulle conseguenze successive della trama portando alla fine ad epiloghi differenti. Con questo siamo di fronte quindi ad un cambiamento molto importante per la serie, ed interrompe drasticamente la linearità che molto spesso troviamo nelle trame degli FPS.
Per aumentare la varietà del titolo sono state introdotte anche le Strikeforce, missioni dove si passa dal genere FPS ad una sorta di strategico e dove avremo la possibilità di manovrare quattro unità su un’area interamente visibile attraverso dei semplici ed intuitivo comandi. Mentre stiamo dirigendo dall’alto una di queste unità sarà inoltre possibile prendere il comando di uno specifico soldato o di un mezzo, per entrare così nel vivo dell’azione e per poter vivere in prima persona l’intera azione. Quest’ultima sarà sicuramente l’opzione che spesso deciderete di seguire in quanto l’unica pecca di queste missioni è rappresentata dall’IA, sviluppata in modo non ottimale e che spesso vi costringerà a scendere in campo per mettere a posto la situazione e non incappare in spiacevoli inconvenienti. Anche per quanto riguarda queste missioni, se l’obiettivo non viene portato a termine andrà a modificarsi il susseguirsi della trama.
Quanta bella roba!
Come abbiamo detto nel paragrafo precedente, in Call of Duty Black OPS II ci troveremo a dover affrontare missioni ambientate nell’anno 2025, un futuro prossimo in cui i soldati sono equipaggiati con armi ed accessori tecnologici, molti dei quali ci saranno di grandissimo aiuto sia durante la carriera singolo giocatore che nei match della modalità multiplayer online. Il titolo ricalca a pieno le caratteristiche del gameplay dei precedenti capitoli, con le classiche meccaniche degli FPS e la tipica freneticità conosciuta nei vari Call of Duty sinora giocati. La cosa che però si nota maggiormente, soprattutto se decidiamo di affrontare le missioni della carriera ad un livello maggiore di difficoltà, è la fondamentale importanza delle coperture per non essere messi al tappeto nel giro di pochi istanti, nonchè la precisione che dovremo tentare di avere per portare a segno i nostri colpi e per conservare munizioni preziose nelle fasi successive. Si nota anche una maggiore libertà di azione nelle varie sessioni di gioco, dovuta ad una quantità inferiore di script e ad ambienti leggermente più vasti rispatto ai precedenti capitoli, nei quali spesso troverete anche delle zone esplorabili in cui è possibile rifornirsi con equipaggiamenti elettronici modernissimi.
La varietà delle missioni rende il titolo più che godibile, ed il giocatore non avrà infatti mai la sensazione di trovarsi in situazioni già viste e riviste come spesso capitava nelle campagne singleplayer dei precedenti capitoli, o degli FPS in generale.
Gioco di squadra!
Eccoci giunti a valutare la modalità di punta di questo brand: il multiplayer online. Anche qui si notano sin da subito i passi avanti apportati dalla software house, che è riuscita a rafforzare e risanare questa modalità già collaudata negli anni precedenti ed amata da molti videogiocatori. Anche qui la freneticità fa da padrone, e la prontezza di riflessi e l’astuzia sono due fattori come sempre fondamentali per la buona riuscita del match e per effettuare molte uccisioni di seguito.
Una delle novità introdotte in questa modalità è il sistema Pick 10, dove ogni arma, perk o accessorio “occupa” un determinato numero di slot ed ogni classe personalizzabile ne ha a disposizione un massimo di 10. Questo rappresenta un limite notevole nella personalizzazione delle classi, ma allo stesso tempo risulta essere un ottimo modo per bilanciare il tutto e per far si che ogni giocatore debba studiare sotto ogni punto di vista il suo equipaggiamento per essere pronto a qualsiasi evenienza. Ogni classe ha la possibilità di equipaggiare fino ad un massimo di due armi (grazie ad un apposito perk entrambe primarie), due perks e due tipi di granate, ed inoltre grazie alle wildcards è possibile aggiungere slot per ulteriori equipaggiamenti.
Altra novità riguarda invece le killstreak, che questa volta non vengono dettate solo dalle uccisioni. Per lanciare il classico UAV o qualsiasi altro aiuto in combattimento non sarà più necessario uccidere un tot di nemici, ma questa volta le ricompense sono legate ad un tot di punti da raggiungere sia attraverso le kill che attraverso altre azioni, come la conquista di bandiere, il disinnesco di ordigni esplosivi o semplicemente con gli assist. Una volta quindi raggiunta una certa quantità di punti viene sbloccata la nostra ricompensa, un sistema decisamente più interessante rispetto a quello già conosciuto e che premia ogni nostra azione portata a buon fine, ma che rende più ostico il tutto in quanto le azioni necessarie per lo sblocco anche del semplice UAV richiede un quantitativo maggiore di azioni rispetto al passato.
Per quanto riguarda invece le modalità non mancano le classiche ed ormai instancabili Deathmatch tutti contro tutti e a squadre, nonchè le modalità Headquartes e Hardpoint. Tutte queste vengono districate in un numero non troppo elevato di mappe, alcune delle quali veramente molto vaste e tutte dettagliatissime e piene di corridoi in cui è possibile tagliare la corda in caso di difficoltà. Sono stati inoltre eliminati quasi del tutto angoletti nascosti in cui sono soliti posizionarsi i tanto odiati camper, che ormai dovranno giustamente abituarsi a giocare alla pari.
Questa modalità è stata quindi il frutto di molte critiche unite ad una struttura che già ha avuto molto successo negli anni precedenti. Siamo forse di fronte ad uno dei migliori multiplayer competitivi sinora visti negli FPS di quest’ultima generazione, pochi altri rari casi hanno saputo dare in questo modo il meglio da una modalità che ormai rischia di diventare troppo monotona. I sacrifici di Treyarch sono stati quindi ricompensati anche sotto questo punto di vista.
Non solo soldati convenzionali
Come già si sapeva è stata reintrodotta in Black OPS II la modalità Zombie, che si suddivide a sua volta in tre sottocategorie: Dolore, Tranzit e Sopravvivenza. La prima mette in competizione due squadre da quattro giocatori che si difendono dagli attacchi da parte di orde di zombie; i giocatori uccisi non possono resuscitare e vince la squadra in cui sopravvive l’ultimo soldato. In Tranzit invece c’è a disposizione un autobus con cui ci si può spostare da una parte all’altra dello scenario, ed è possibile costruire armi grazie ad alcune postazioni da lavoro dove si possono assemblare vari oggetti trovati qua e la per l’ambientazione. Infine Sopravvivenza, la classica modalità a quattro giocatori in cui bisogna semplicemente sopravvivere il più possibile ad ondate di zombie sempre più massicce. Questa modalità non rientra tra gli aspetti più accattivanti di questo titolo, ma sicuramente rappresenta un buon diversivo per potersi divertire in compagnia.
“La guerra è bella anche se fa male”
Forse con l’aspetto tecnico siamo di fronte al lato meno promettente di Call of Duty Black OPS II. Il motore grafico utilizzato per la sua realizzazione è lo stesso dei precedenti capitoli, ed infatti si notano alcuni dettagli ormai non all’altezza dei titoli più recenti. Le ambientazioni sono dettagliatissime e spesso la spettacolarità dei paesaggi lascia senza fiato, ma effetti particellari ed alcune texture sono decisamente sottotono. Il discorso cambia invece se andiamo ad analizzare le skin dei personaggi, ottimamente definite e caratterizzate, con espressioni facciali e movimenti molto realistici. Importantissimo poi in questo titolo frenetico è il framerate, che resta saldo ai suoi granitici 60fps anche in situazioni più concitate e ricche di elementi in movimento.
L’audio è composto infine da una colonna sonora che alterna brani epici ad altri che fanno solo da sottofondo accentuando l’atmosfera del momento, mentre per quanto riguarda il campionamento delle armi il risultato è abbastanza realistico.