C’era una volta Assassin’s Creed – Speciale

Sapete, nella mia testa ho elaborato questo articolo per diverso tempo. Mesi a pensare a cosa sarebbe stato meglio scrivere, quale sarebbe stato il modo migliore per introdurre il discorso oppure se, alla fin fine, ne valesse la pena. Ogni volta mi dicevo: “Aspettiamo ancora un po’, sicuramente uscirà qualche altra notizia” e alla fine rimandavo. Oggi, a poca distanza dall’uscita del nuovo capitolo, ho raccolto ogni informazione in mio possesso per darvi la mia più sincera possibile opinione su un quesito che ha infiammato – e sicuramente infiammerà ancora – il web: “Assassin’s Creed è morto?”.

Esatto, proprio quello che viene ripetuto dopo ogni singolo nuovo gioco della storia infinita di casa Ubisoft. Sia chiaro, io non sono qui per farvi cambiare idea o per imporre la mia visione delle cose, voglio solamente trattare la questione da appassionato storico, analizzando la faccenda dal punto di vista della trama. C’è chi dice che “Dopo Desmond nulla ha più senso”, chi pensa che “ormai il brand è solamente un open world privo dello spirito originale”, oppure chi semplicemente addita il titolo come un riciclo continuo senz’anima. Molti luoghi comuni che, come le leggende metropolitane, hanno un fondo di verità.

Prima di lasciarvi alla lettura, vi avviso che nell’articolo è presente qualche SPOILER di trama su Assassin’s Creed Odyssey. Prestate attenzione. Detto questo, buon proseguimento!

assassin's creed speciale img introLe fondamenta di Assassin’s Creed

Quanti di voi hanno giocato ad ogni singolo capitolo della serie? Quanti hanno letto tutti i documenti all’interno dei giochi e, nel mentre, seguito lo sviluppo della trama in film e libri/fumetti?
Ultimamente non faccio che leggere in rete commenti e post in cui si sconsiglia di giocare ai primi capitoli della serie, perché “tanto non sono collegati”. Non per mettere in cattiva luce queste persone, ma su quali basi fanno queste affermazioni? È vero, il titolo è stato trasformato in praticamente ogni sua parte in questi 13 anni, ma non nella trama. Quasi ogni singolo prodotto legato al brand è considerato canonico all’interno della narrazione, rendendo il racconto articolato e complicato ma mai assente. Per quanto il discorso possa spaziare tra moltissimi punti di vista, atteniamoci all’introduzione ed iniziamo, con calma, a parlare della narrazione.

Assassin’s Creed nasce ufficialmente nel 2007 con l’uscita del primo capitolo, nel quale veniamo messi a conoscenza delle regole fondamentali su cui si basa la narrazione: l’animus. Questa macchina serve ad un unico scopo, far rivivere alla persona su cui è utilizzata i ricordi di un proprio antenato. Questo avviene attraverso l’interpretazione dei ricordi genetici, i quali vengono tramandati di generazione in generazione tramite il DNA. Esattamente gli stessi ricordi che – sempre stando all’opera di Ubisoft – trasmettono l’istinto negli animali e così via. Per assurdo, viene anche spiegato come utilizzare l’animus per rivivere i ricordi di una persona del nostro tempo possa essere utile ma noioso, in quanto si dovrebbero sopportare interminabili ore perse sui veicoli. L’animus – per motivazioni che per dovere di sintesi tratteremo in altre occasioni – permette inoltre di muoversi come si desidera nel periodo storico ricostruito, lasciando quindi libertà al fruitore di esplorare l’ambientazione storica come più gli aggrada. Ciò viene strettamente limitato durante gli eventi importanti vissuti dal nostro antenato, i quali, ovviamente, non possono essere alterati. La macchina ha subito un’evoluzione costante per tutta la saga, arrivando infine a permettere di rivivere ricordi non legati a persone imparentate col fruitore. Un concetto rimane comunque chiaro, ciò che stiamo giocando è il ricordo di una persona esistita nell’universo di Assassin’s Creed.

Da queste basi ha inizio la storia di Desmond, rapito dalla multinazionale Abstergo e ultimo discendente di uno dei più influenti Assassini della storia: Altaïr Ibn-La’Ahad. Le vicende tra Assassini e Templari diventano quindi un susseguirsi di eventi che si dipanano tra i ricordi di moltissimi personaggi ed epoche storiche, creando un contesto narrativo che tutt’ora coinvolge ogni opera del brand.

L’evoluzione narrativa

A seguito delle prime avventure incentrate sul personaggio di Desmond, moltissimi hanno iniziato – spesso a ragione – ad additare il brand come ripetitivo nelle meccaniche, dalla trama slegata e, in sintesi, come un terribile prodotto. Eppure, anche solo ripensando al quarto capitolo della saga, Ubisoft ha sempre cercato di proporre qualche miglioria in ogni singolo capitolo della serie. Dall’introduzione delle navi al combattimento free flow, Assassin’s Creed ha continuato ad evolversi cercando di trovare una quadra risolutiva che accontentasse più persone possibile. Ciò che non è mai mancato in Assassin’s Creed, però, è il prosieguo narrativo che collega ogni titolo al successivo. Certo, ci sono stati alti e bassi – vero, Unity? –, ma ciò che noi appassionati della storia non abbiamo mai mancato di seguire è l’evoluzione narrativa. La semplice lotta tra Assassini e Templari per il libero arbitrio, la prima civilizzazione e Giunone, non sono che tanti piccoli tasselli di un mosaico in continua costruzione. Un mosaico strutturato, coerente e, nel complesso, accettabile.

Questo ci porta al vaso di pandora da cui hanno avuto inizio i miei dubbi, Assassin’s Creed Origins. Una bomba. Un cambio di genere così radicale da prendere alla sprovvista il mercato. Un successo.
Qual è il problema, quindi? Beh, tutto ha inizio dal DLC “The Curse of Pharaohs”. Partendo dal principio fondamentale secondo il quale Assassin’s Creed è un titolo che tende al realismo – tranne per alcune licenze come il salto della fede (anch’esso contestualizzato) -, la presenza di mummie e spiriti mi ha fatto storcere il naso sin dal principio. Non perché non si potessero contestualizzare, in fondo i frutti dell’Eden hanno dimostrato ben altri miracoli nella serie, ma per il brutto presentimento che il paranormale potesse entrare di prepotenza nel brand. Un passo falso pensai, per di più analizzando un titolo valido che trattava le origini degli Assassini e l’intrigante inizio di un nuovo protagonista del presente. Insomma, non potevo aspettarmi quello che poi sarebbe successo.

L’Odissea delle origini

Assassin’s Creed Odyssey, forse il titolo più ambizioso a cui i team di sviluppo Ubisoft potessero aspirare. Pubblicità mirabolanti, bestie mitologiche (Ouch!) e una Grecia tanto bella quanto sconfinata. Un successo annunciato, per un titolo che mirava a superare ampiamente il predecessore. Tutto sembrava magnifico. Certo, il paranormale tornava molto prepotente, ma a tutto si può trovare una spiegazione. No?

Ubisoft aveva però una bomba ancor più grande, avrebbe permesso ai giocatori di scegliere quale protagonista utilizzare: Alexios o Kassandra. Wow. Inizialmente ho pensato a qualcosa di veramente eccezionale. Un percorso narrativo unico per ogni personaggio, magari con situazioni parallele da poter apprezzare maggiormente in una seconda partita. Insomma, un sogno! Ma la realtà è stata molto più triste. La storia sarebbe stata una sola ed unica, in cui sarebbero cambiati solamente i ruoli dei due personaggi.

Non posso negare che sia stato boccone amaro. Insomma, non dovremmo rivivere i ricordi di una persona realmente esistita (seppur nella finzione del gioco)? Com’è possibile che io possa scegliere chi ha fatto cosa? Come si incastrerà tutto questo nella narrazione? Tante domande, una sola risposta: “Kassandra sarà il personaggio canonico”. Ok, Ubisoft. Mi può stare bene. Sicuramente anche in gioco ci sarà qualche motivo per cui questa possibilità sia valida e coerente. Non credo vogliate lasciarci con un “perché sì”, vero?
Ed effettivamente così sembrava, all’inizio. Tramite i documenti all’interno del gioco, viene spiegato come la ricostruzione storica che giochiamo in Odyssey sia la più “approssimativa” della serie. I ricordi genetici, infatti, sono stati recuperati dal DNA ritrovato sull’impugnatura della lancia di Leonida (arma che sostituisce la lama celata). Per rendere possibile la ricostruzione, quindi, sono stati utilizzati racconti, testi storici e leggende mitologiche per colmare le porzioni di DNA assenti. Una giustificazione perfetta, sia per un’introduzione massiccia della mitologia che per l’effettiva scelta del personaggio.

Giunti al termine di una delle missioni principali (quella che si intreccia al presente e ad Atlantide), Ubisoft ha inserito l’unica cosa che avrebbe potuto annientare la coerenza di quanto scoperto: il personaggio scelto all’interno dell’animus è vivo nel presente. A prescindere dalle motivazioni per cui ciò sia possibile, la presenza all’infuori dell’animus del personaggio scelto rende, di conseguenza, “reale” la propria scelta. Questo incontro distrugge ogni senso logico costruito nei circa dodici anni della serie, rendendo il “Non è canonico” di Ubisoft l’unico appiglio a cui affidarsi.

Un futuro tutto da scrivere

Arrivati ad oggi, dopo aver giocato tutti i DLC di Odyssey, mi sento alquanto rattristato dalla piega che potrebbe prendere il racconto. Una paura che non ha nulla a che fare col gameplay – anch’esso criticato -, ma che si basa sulle fondamenta di una storia che è riuscita a tenermi incollato alla saga per tutti questi anni.

Oggi, leggendo le ultime news su Assassin’s Creed Valhalla, Ubisoft ha ben chiarito la direzione che vuole far prendere alla serie. Infatti, nel prossimo capitolo non solo si potrà scegliere il sesso del personaggio, ma si potrà anche cambiare in qualunque momento con un semplice click. Non avremo quindi due personaggi come in Odyssey, ma un unico protagonista a cui modificare il genere.

Sperando di aver chiarito le motivazioni dietro al mio pensiero – e non volendo ricadere in discussioni fuori luogo -, mi pare chiaro quali siano i dubbi a lasciarmi perplesso. Dubbi legati al poter modificare così liberamente un personaggio che, all’interno della storia, dovrebbe essere esistito ed i cui ricordi dovrebbero essere immutabili.

Adoro i protagonisti femminili nei giochi, tanto quanto adoro quelli maschili. Ammiro l’autorialità dietro la sceneggiatura di un’opera ed amo vivere le avventure che moltissime persone talentuose continuano a proporci all’interno dei videogiochi. Credo però sia legittimo chiedersi: perché non imporre un personaggio femminile? Perché non rimanere coerenti alla propria storia? Che sia veramente una questione di soldi e di massa? Insomma, la personalizzazione di un protagonista porta spesso ad una sceneggiatura più fragile (basti pensare alle polemiche sul DLC “L’Eredità della Prima Lama” dello stesso Odyssey).

L’epoca che verrà

Torniamo quindi alla domanda iniziale: Assassin’s Creed è morto? Nì.

Per quanto a livello di gameplay, nonostante le critiche, si possa dire che Ubisoft abbia tentato di innovare il più possibile, a livello di trama sta iniziando a sfuggire la filosofia e l’incipit da cui ogni cosa ha avuto inizio.

Volendo però dare una risposta più completa, mi viene da considerare la risposta come un pensiero esclusivamente soggettivo da persona a persona. Se siete giocatori ed appassionati come me, probabilmente inizierete a notare le crepe che questa storia infinita inizia a mostrare. Se siete amanti di storia, delle epoche mostrate e del gameplay “sopra ogni cosa”, probabilmente amerete questo nuovo inizio per il brand più di prima. Assassin’s Creed, però, sta lentamente cambiando. Il credo dell’Assassino sta lasciando il passo ad una nuova generazione. Un nuovo ciclo che, probabilmente, non terrà più conto di noi vecchi appassionati.

Non sentitevi traditi ancora. Io non mi sono ancora arreso. Resto fiducioso e voglio credere che Ubisoft sia riuscita, finalmente, a chiudere il cerchio in maniera coerente. Il prossimo 10 Novembre, al D1 di Assassin’s Creed Valhalla, io sarò pronto. Indosserò nuovamente la lama celata, pronto ad affrontare ogni avversità.

Mirco Neri
Mirco Neri
Nato già vecchio, Mirco entra nel mondo dei videogiochi fin dalla tenera età, passando le giornate a guardare il fratello giocare su computer. Non appena le mani divennero abbastanza grandi da impugnare un pad, nulla lo ha più allontanato dai videogiochi. Appassionato di quasi ogni genere videoludico, Mirco cerca di testare con mano ogni gioco che gli capita sotto tiro, dalle corse automobilistiche ai giochi di ruolo. Nonostante l'età avanzi inesorabile continua a pensare che il pad lo seguirà nella tomba.

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