Non so esattamente come, eppure nell’ultimo periodo i giochi di ruolo strategici stanno finalmente tornando di moda. Prendendo ad esempio il recente annuncio di Tactics Ogre: Reborn, remake del titolo uscito 12 anni fa, parlo proprio di quella nicchia con visuale isometrica che si basa su strategia e meccaniche GDR per raccontare la propria storia. A partire da Final Fantasy Tactics per arrivare ai nuovi titoli sviluppati da Mimimi Games come Desperados 3 (QUI la nostra recensione), questo genere è evoluto in una miriade di differenti concezioni di gameplay, come per la griglia in stile Xcom o il mondo aperto in stile Wasteland 3.
Ci troviamo qui oggi proprio per parlare dell’ultimo nato in casa Square Enix, The DioField Chronicle. Comparso a sorpresa durante lo State of Play di marzo, il titolo sviluppato dai ragazzi di Lancarse non ha potuto che attirare la mia attenzione, la quale si è poi trasformata in desiderio con il completamento della demo gratuita. Un mondo fantasy dalla politica preponderante e promesso al combattimento strategico, non potevo privarmene. Dopo aver completato il titolo al 100%, sono finalmente pronto a parlarvi di questa neonata IP nella mia recensione. Buon proseguimento!
The DioField Chronicle, la fantapolitica che non ti aspetti
Come ogni fantasy che si rispetti, in The DioField Chronicle troviamo un mondo immaginario popolato da diverse culture ed abitanti. Per quanto ci è dato sapere, il continente è flagellato da una guerra espansionistica portata avanti dall’Impero Trovelt-Schoevian (i nomi non ci vengono in aiuto) contro l’Alleanza, un insieme di stati che si è unito per fermare l’avanzata nemica. Non troppo a largo della costa sorge l’immensa isola di DioField, lussureggiante paradiso governato da una sorta di monarchia parlamentare, con il Re assistito da un consiglio di nobili.
Tra le lotte per il potere, il racconto ha inizio narrandoci le origini dei protagonisti Andrias e Fredret. Andrias era il ciambellano del quartogenito del Re, Levanthian, mentre Fredret è figlio di una famiglia nobile minore a cui Andrias e Levanthian sono stati affidati in gioventù. Il destino volle che tale visita finisse in tragedia, causando la morte del principe in un agguato improvviso. Ciò ha portato i due giovani protagonisti a diventare mercenari, con lo scopo di perseguirne i già nobili ideali. Un’imboscata di banditi provoca l’inizio vero e proprio della storia dove, risolta la situazione, i due incontrano Lorraine. Quest’ultima, elogiate le loro abilità, li assume come parte integrante di una nuova compagnia mercenaria stabile chiamata “Blue Foxes“.
La trama viene narrata attraverso dialoghi in-game e sequenze video accompagnate da un narratore. Lasciando la parte tecnica per l’ultimo paragrafo, mi pare comunque doveroso sottolineare come i secondi siano decisamente meglio riusciti, soprattutto per la mole di chiarimenti che viene trattata.
La preponderante componente politica con cui ogni parte della trama viene portata avanti, unita alla costruzione generale del mondo di gioco, ha affascinato diversi passaggi del mio incedere nell’avventura. Purtroppo, però, la nuova IP di Square Enix non è riuscita a convincermi per numerose scelte prese in ambito di scrittura. Non sapremo mai come sono andate veramente le cose in fase di sviluppo, ma tralasciando una prima metà comunque discreta, da un certo momento in avanti moltissimi spunti di trama vengono completamente dimenticati, omessi o resi superflui. Scoperte potenzialmente interessanti lasciate al dimenticatoio, personaggi principali privati di una vera conclusione, assenza di spiegazioni fondamentali ed un finale abbastanza anonimo. The Diofield Chronicle è un titolo che riesce a trasmettere un genuino interesse per le vicende narrate, tradendone in parte le aspettative man mano che si procede. Dopo le circa trenta ore con cui ho completato al 100% la mia avventura, non mi trovo nella posizione di poter screditare completamente il lavoro svolto dal team. Certo, ho tutt’ora diversi dubbi, ma spero che Square continui ad investire nella IP o nel genere.
Le Blue Foxes a raccolta
Come anticipato in apertura, The Diofield Chronicle fa della sua natura di gioco di ruolo strategico il vero punto di interesse dell’intera produzione. Il titolo si basa su una serie di missioni, principali o secondarie, completamente gestite con visuale isometrica, nella quali dovremo avanzare sconfiggendo tutti i nemici presenti. Ogni volta che proverete ad impartire un ordine ad un membro del party il titolo attiverà una sorta di pausa tattica, nella quale potrete decidere la vostra strategia, esplorare l’ambientazione circostante e così via.
Il combattimento si basa su una specifica combinazione di debolezze e punti di forza, derivanti dalla posizione sul campo di battaglia o dalla classe del personaggio (sia alleato che nemico). Ogni attacco può essere normale, critico, imboscata o imboscata critica. Gli attacchi “imboscata” sono quelli che effettuerete alle spalle del nemico, mentre entrambi i critici sono casuali e determinati dalle statistiche del personaggio. Le classi si suddividono in Mago, Guerriero, Arciere e Cavaliere, oltre ad una tipologia unica di nemici ossia le bestie incantate. Ognuna delle quattro classi ha 2 sottoclassi distinte (tranne il guerriero che ne ha 3), le quali sono pre-impostate per ogni personaggio. Le sottoclassi determinano il tipo di abilità che ogni membro del party può utilizzare, con limitazioni in base all’arma equipaggiata.
Infine, durante ogni missione è possibile utilizzare il “battlelog” per avere una visuale dettagliata dall’alto dell’intero campo di battaglia. Da qui è anche possibile resettare la missione ad un checkpoint precedente, in caso si volesse tentare un approccio diverso.
Il party è composto da un totale di 4 personaggi attivi più ulteriori 4 di supporto. È possibile modificare il party durante il combattimento, anche se personalmente non ne ho mai ritenuto utile l’utilizzo. I personaggi attivi sono quelli che verranno schierati direttamente sul campo di battaglia, mentre i 4 di supporto conferiscono bonus passivi e l’utilizzo delle proprie abilità al personaggio a cui sono stati associati prima della missione. Solo i personaggi schierati in missione (sia attivi che di supporto) ottengono esperienza. Il roster si compone di circa 15 personaggi, creando una superflua sovrabbondanza di membri praticamente identici.
Questa situazione viene smorzata dai singoli potenziamenti passivi che è possibile sbloccare nel menù equipaggiamento di ogni personaggio, utilizzando Ability Points ottenuti ad ogni aumento di livello. In ogni caso, anche questa differenziazione appare alquanto superflua e non determinante per il successo o il completamento delle varie sfide proposte. Infine, le abilità attive di ogni membro delle Blue Foxes possono essere controllate e potenziate attraverso lo Skill Tree, accessibile nell’HUB (di cui parleremo tra poco) o prima dell’inizio delle missioni. Per potenziare le abilità è necessario utilizzare gli Skill Points, ottenuti come ricompensa completando gli obiettivi secondari delle missioni (come non lasciar andare KO nessun membro del party). Questi potenziamenti possono diminuire il tempo di ricarica tra un’abilità e la successiva, aumentarne raggio e/o danno oppure infliggere malus agli avversari. Di tutta la componente GDR del titolo questa è, probabilmente, la più utile in termini di gameplay.
Prima di passare oltre, l’ultimo dettaglio decisivo a descrivere il gameplay è la scelta delle armi da equipaggiare al party. Oltre a potenziare le varie statistiche del personaggio, ogni arma permette l’utilizzo di solamente alcune specifiche abilità, dovendo quindi scegliere quali equipaggiare in base al proprio stile di gioco. Avrei preferito che questa interessante aggiunta fosse stata sviluppata maggiormente, data la comunque esigua quantità di armi ed abilità.
Al di fuori delle missioni, la quasi totalità dell’avventura è condensata all’interno dell’HUB di gioco, ossia la base delle Blue Foxes. Questo luogo è composto da 3 stanze effettivamente utili: la sala tattica, il negozio e l’istituto. Nella sala tattica è possibile avviare qualsiasi missione principale o secondaria, dovendo passare da qui per proseguire nell’avventura. Nel negozio potrete semplicemente acquistare i vari equipaggiamenti ed oggetti consumabili, oltre a poter vendere quelli che non utilizzate più. Infine, l’istituto è l’unico posto veramente degno di nota. Qui potrete potenziare le abilità nello skill tree, sbloccare nuove armi (utilizzando lingotti speciali ottenuti completando le varie missioni) e potenziare i “Magilicum Orb“, potenti evocazioni che potrete utilizzare in battaglia per potenziarvi o infliggere danni al nemico (con palese ispirazione alle ben famose evocazioni dei vari Final Fantasy). Nell’Hub troverete anche i vari personaggi che avete arruolato nelle Blue Foxes, i quali (quando segnalati da un’apposita icona) vi intratterranno con dialoghi utili ad approfondire il rapporto tra i membri e a sbloccare ulteriori missioni secondarie.
L’intero impianto di gioco appare creato appositamente per un approccio mordi e fuggi, con una parvenza di avvicinamento alle versioni portatili del prodotto. Ogni missione richiede pochi minuti per essere portata a termine, ricompensando il giocatore se si rientra in limiti di tempo specificati. Il tutto rimane comunque fruibile anche su console fissa, lasciando alla personale preferenza del giocatore l’approccio preferito.
Un HUB da sistemare
Giocando su PlayStation 5 non ho trovato pressoché alcun miglioramento grafico rispetto alla demo disponibile gratuitamente già prima dell’uscita. Nonostante un’estetica generale discreta, che vede il suo migliore utilizzo durante le missioni con visuale isometrica, le ambientazioni ed i vari modelli poligonali sono decisamente da rivedere. Protagonisti (salvo qualche eccezione), personaggi non giocanti e nemici sono veramente anonimi, con effetti shader delle texture tendenti alla plastica. Al contrario, l’art design per icone, sequenze video disegnate e bozzetti dei personaggi risultano veramente apprezzabili.
Giocando a difficoltà normale, The Diofield Chronicle presenta un’Intelligenza Artificiale nemica funzionale alla battaglia, nonostante fosse comunque estremamente semplice da aggirare. Ottima invece la stabilità del software che, salvo un unico crash e qualche leggero calo di frame rate, non ha avuto sbavature degne di nota.
Il titolo è completamente localizzato in inglese, sia per i testi che per i “pochi” dialoghi audio. Considerando l’ambientazione fantasy medioevale e la preponderante componente politica, credo che il livello di comprensione non sia alla portata dei principianti. Ottima la voce narrante e buona l’interpretazione dei vari doppiatori, anche considerando la semplicità dei protagonisti. Discreto anche l’accompagnamento delle OST.