In un periodo così florido per i giochi di ruolo strategici, sempre più di frequente mi ritrovo a provare titoli che, in un modo o nell’altro, hanno fatto parlare di sé. Infatti, di recente ci siamo trovati proprio su queste stesse pagine a parlare di The Diofield Chronicle, nuova IP che tanto mi aveva interessato fin dal suo annuncio da parte di Square Enix. La stessa Square Enix che molti anni fa mi fece innamorare del genere con Final Fantasy Tactics, e che ripropone oggi un classico del proprio catalogo in versione rinnovata: Tactics Ogre: Reborn.
Ennesimo rifacimento del primissimo Tactics Ogre uscito nel 1995 per Super Nintendo, Reborn migliora la versione uscita nel 2010 per PSP portandola su tutti i sistemi di attuale generazione. Di conseguenza, ovviamente, ci troviamo dinnanzi ad un titolo dall’ossatura decisamente anziana che porta ai giorni nostri uno sguardo al passato. Non avendo mai giocato personalmente alle versioni precedenti, ho colto questa opportunità per scoprire il titolo e potervene parlare in questa recensione.
Tactics Ogre: Reborn, una rinascita attempata
Per tutti coloro che, come me, non hanno giocato all’originale, Tactics Ogre: Reborn è ambientato nel continente di Valeria. Questo continente, per quanto fantasy, è abitato da tre distinte popolazioni: i Bakram, i Galgastani e i Walister. Questi popoli si sono fatti la guerra per secoli, trovando infine la pace sotto il regno di Dorgulua Oberyth. Alla morte del sovrano è iniziata però una lotta per il potere, la quale ha portato i Bakram e i Galgastani a spartirsi il continente mentre i Walister venivano schiavizzati.
L’avventura ha quindi inizio con i protagonisti Denam, sua sorella Catiua ed un loro amico d’infanzia Vyce, intenti a progettare la resistenza contro gli oppressori. Senza entrare troppo nei dettagli, la lotta dei nostri eroi è destinata a moltissime insidie, le quali verranno in parte decise dalle scelte che faremo in determinati punti dell’avventura.
Una delle componenti che più mi ha stupito per un titolo originariamente tanto vecchio, è proprio la possibilità di modificare l’avventura in base alle proprie scelte. La cosa particolare è proprio l’importanza che queste scelte hanno, andando a modificare corposi passaggi di trama, compresa la morte o sopravvivenza di moltissimi comprimari.
Anche parlando strettamente di trama, Tactics Ogre: Reborn non appare mai banale. Anzi, riesce con la sua preponderante narrazione politica a far emergere risvolti a volte inaspettati. Seppur sia presente qualche espediente di trama fin troppo abusato, non posso comunque che ammirare l’impegno rivolto già all’epoca in tal senso.
Il classico non passa mai di moda
Come ampiamente anticipato in apertura, Tactics Ogre: Reborn mantiene la propria natura di gioco di ruolo strategico anche in questa nuova versione. Strutturato tramite piccole arene suddivise a scacchiera con visuale isometrica, le varie schermaglie si susseguono per tutta l’avventura in maniera semplice e diretta. Le battaglie procedono a turni dettati dalle statistiche dei personaggi, contornati dalla piuttosto piacevole ed elaborata varietà delle arene, uniche per ogni area di gioco che Denam dovrà attraversare sul suo cammino. Ottima la possibilità di accelerare – anche se non troppo – la velocità delle azioni gestite dall’Intelligenza Artificiale, in modo da non appesantire il già rigido sistema di gioco. Interessante anche la gestione delle “carte” che appaiono casualmente nell’arena, potenziamenti in grado di ribaltare la situazione anche nei momenti più disperati.
Al di fuori della battaglia troviamo la mappa del mondo di gioco, suddivisa in aree che Denam dovrà obbligatoriamente attraversare per avanzare nell’avventura. Come unici extra troviamo una sorta di arena infinita in cui accumulare materiali e le piccole città in cui allenare il proprio party e servirsi del negozio.
A completa discrezione del giocatore è la costruzione del party da portare in battaglia. Gli unici vincoli sono il numero di personaggi schierabili e la presenza di Denam nel gruppo. Tramite l’apposito menù è possibile infatti assoldare – o allontanare – NPC per il proprio party, data la concreta possibilità di morte permanente degli stessi durante le battaglie. Ciò avviene se tale NPC non viene riportato in vita entro tre turni dal suo KO.
Una volta deciso chi è degno di far parte della vostra squadra, è possibile personalizzare classe ed equipaggiamento di ognuno di essi. Ogni classe può equipaggiare solamente determinate armi ed armature (decisamente poche), oltre a sbloccare abilità uniche sia attive che passive. Le magie, sia offensive che difensive, devono essere acquistate o trovate in battaglia prima di poter essere equipaggiate a chi di dovere. Presso il mercante è anche possibile creare armi ed oggetti, nonostante la quantità di soldi in vostro possesso non vi obbligherà mai alla cosa. Ultimo ma non meno importante, il livello dei personaggi è bloccato dal momento di trama in cui ci si trova. Di conseguenza è impossibile potenziare troppo i propri personaggi, andando a garantire ed equilibrare un livello di sfida ragguardevole, soprattutto nelle fasi finali dell’avventura.
Non volendo paragonare un titolo tanto anziano ai nuovissimi esponenti del genere, tra cui il recente Triangle Strategy, non posso comunque che constatare come, in generale, il titolo abbia subito il peso degli anni. Per quanto le limitazioni al livello dei personaggi mantengano alta la tensione, credo che questo remake avrebbe potuto svecchiare il titolo soprattutto nella gestione dei menù e del finale, ormai antiquati e fuori tempo massimo. Ogni meccanica trasuda dell’età che si porta sulle spalle, rendendo il titolo appetibile più ad un pubblico nostalgico che alla nuova generazione. Corposo anche a livelo di longevità, occorreranno circa 40/45 ore per portare a compimento la campagna.
Un rinnovamento parziale
Tactics Ogre: Reborn porta con se un rifacimento in alta definizione di personaggi e ambientazioni, oltre a musiche e suoni rimasterizzati a migliorare il tutto. Ottima sicuramente la nuova veste, che abbellisce non di poco quanto già si poteva apprezzare in passato.
L’intelligenza artificiale nemica è stata rivista e migliorata, rendendo il livello di sfida per nulla scontato. Ottima la stabilità del software che, su PlayStation 5, non ha dato alcun problema in nessuna fase di gioco.
Il titolo è completamente localizzato in inglese, sia per i testi che per i dialoghi ora doppiati. Ammetto, nonostante mi senta abbastanza orgoglioso del mio livello di comprensione della lingua, di essere ricorso ad un traduttore per comprendere alcune delle parti più ostiche in termini linguistici. Di certo una buona conoscenza dell’inglese è richiesta per destreggiarsi tra i complessi menù e la trama.