La nuova generazione di console è iniziata con una miriade di problematiche: la scarsa quantità di scorte, la pandemia che da un lato complica la produzione e, soprattutto, i rinvii legati ai videogiochi. Allo stato attuale vi sono pochi titoli sviluppati unicamente sulle nuove piattaforme, mentre affollano le consuete release mensili i videogiochi cross-gen, i quali si avvalgono di un aggiornamento dedicato che implementa tutte le migliorie tecniche del caso. Sul fronte esclusive, Sony ha proposto ai fortunati possessori di una PlayStation 5 il remake di Demon’s Souls e Returnal, affiancati da titoli come Marvel’s Spider-Man: Miles Morales, Sackboy: La grande avventura e Bugsnax, tutti rigorosamente cross-gen.
Returnal in particolare, sviluppato dal talentuoso team di Housemarque, ha destato non poche curiosità all’interno della community di PlayStation. Radicalmente, la nuova esclusiva della console next-gen di Sony si distingue dal vasto parco titoli first party dell’azienda nipponica grazie alle sue meccaniche rogue-like. Ad ogni morte il giocatore viene riportato al punto di partenza, generando sempre in maniera procedurale le stanze che compongono i suoi biomi. Riconosciamo di essere piuttosto in ritardo rispetto all’effettiva pubblicazione del titolo, ma il generoso tempo extra ci ha consentito di esplorare con calma il pianeta di Atropo nei panni dell’astronauta Selene. Dopo aver portato a termine la storia e assimilato l’esperienza aliena generata da Housemarque, siamo finalmente pronti per parlarvene in questa nuova recensione.
Returnal Recensione: Vivi, muori, ripeti.
Non è un segreto che molti possessori di una PlayStation 5 si siano scornati con la nuova creatura dagli autori di Resogun e Nex Machina. Nella sua natura rogue-like, Returnal punisce il giocatore con estrema facilità e durezza, talvolta sembrando ingiusto nei suoi confronti ma anche chiedendoci se col tempo noi si abbia perso la pazienza di impegnarci nei videogiochi. Sia chiaro, il sottoscritto non vuole sindacare sulla difficoltà di quest’ultimi, ma nemmeno si può negare che i first party di Sony negli ultimi anni si siano rivelati come delle esperienze alquanto leggere sul piano della difficoltà. Inoltre, in Returnal il tempo è canaglia, a causa soprattutto dell’assenza di checkpoint o di autosalvataggi. Tuttavia, il titolo posizionerà un punto di riferimento a metà dell’esperienza di gioco e, in seguito, sarà persino possibile viaggiare tra la prima e seconda fascia di biomi. Dunque un punto di ripartenza esiste e potrà essere sbloccato una volta conclusa l’avventura, così da sfruttare il free-roaming per ripulire ciascun livello. Ciononostante, il giocatore rimarrà bloccato all’interno di un loop nei panni della protagonista Selene, inghiottita da un ciclo di vita e morte che si ripeterà all’infinito. Il suo obiettivo, a seguito dello schianto che l’ha condotta sul pianeta alieno, sarà quello di spezzare questa maledizione che la tiene prigioniera, e solo passo dopo passo scoprirà cosa dovrà fare per uscirne finalmente viva. Nella sua sventura, Selene sarà condizionata mentalmente in maniera estrema, ella verrà infatti inseguita da un’astronauta che lei stessa definirà come “Pallida Ombra“: quest’essere misterioso diverrà presto la chiave della sua salvezza. Il giocatore vivrà in prima persona alcuni pezzi del passato di Selene, scavando a fondo sulla vita della protagonista mentre si troverà all’interno della sua casa (questa struttura avrà una stanza dedicata, dove è possibile vivere delle sequenze ricche di narrativa), un luogo ricreato dalla mente della sventurata. Narrativamente, Returnal tende ad ingannare l’utente che volenterosamente cerca di aiutare l’astronauta, fornendo a quest’ultima una immeritevole falsa speranza di salvezza. Quando sembra che tutto stia andando per il meglio, la dura realtà dei fatti colpirà con disgrazia la donna, illudendola di essersi liberata dal loop.
Questo perché la maledizione che ha condannato Selene a rivivere all’infinito la sua sventura su Atropo non si limita soltanto alla sua permanenza sul pianeta, ma è radicata nelle profondità del suo passato. Returnal opta per una narrativa atipica basandoci sui first party di Sony. La storia non solo viene narrata dagli sporadici filmati di gioco, ma anche dai diari audio lasciati dai cadaveri di Selene: ella infatti sarà destinata a vivere l’orrore della sua morte scoprendo quante volte ha vissuto quel ciclo vitale, scoprendo così una verità ancor più amara. Durante l’avventura, però, avremo modo di scoprire i misteri legati alla civiltà che popola Atropo e come questa sia stata decimata fino a ridursi ad un manipolo di sopravvissuti. Selene apprenderà diversi retroscena del pianeta, imparando soprattutto la lingua del luogo attingendo all’analisi delle scritture e ritratti olografici, ricostruendo in questo modo anche la storia. La trama di Returnal dunque si farà avvolgere da un alone di mistero che dovrà essere scoperto man mano che Selene si avventurerà nelle profondità del pianeta, affrontando una sterminata quantità di creature con equipaggiamenti all’avanguardia.
Returnal è ciò che chiedevo da anni a Sony
Negli anni, i PlayStation Studios ci hanno abituati a grandi opere che si sono evolute in aspetti come storia, direzione artistica e comparto tecnico, proponendo all’utenza PlayStation dei gameplay solidi e molto più vicini alle papille gustative dei casual gamer. Con questa combinazione di fattori, le esclusive pubblicate soprattutto su PlayStation 4 hanno generato vendite e profitti record, con debutti commerciali a dir poco incredibili. Tuttavia, i first-party di Sony da un punto di vista prettamente ludico hanno leggermente peccato di varietà e Returnal era ciò che ci voleva da qualche anno a questa parte. Il prodotto di Housemarque riporta in auge lo shooter tra le fila di PlayStation, ormai dimenticato dopo il debutto di Killzone: Shadowfall sulla vecchia ammiraglia della casa nipponica. Lo sparattutto ha avuto sempre un ruolo alquanto marginale in titoli come Uncharted, Days Gone o The Last of Us, ma in Returnal è preponderante ed è addirittura soddisfacente. Prima ancora della sua natura rogue-like, la nuova esclusiva PlayStation 5 stupisce per il suo shooting adrenalinico, capace di coinvolgere il giocatore in una combinazione tra movimento e sparatorie che ricorda vagamente un DOOM Eternal in terza persona. Nella creatura di Housemarque muoversi con precisione e velocità assume un’importanza radicale, soprattutto per via degli attacchi dei nemici i quali vengono rappresentati in pattern complessi. Talvolta giocare con il DualSense è risultato addirittura svantaggioso per come i nemici agiscono contro di noi, poiché evitare i numerosi attacchi così diversificati non sarà per niente facile. Il titolo richiede dunque velocità, agilità e, soprattutto, concentrazione sul campo di battaglia, un semplice errore o addirittura una distrazione può esservi fatale. Sotto questo punto di vista Returnal è semplicemente punitivo. Questo perché il numero di punti vitali a nostra disposizione sarà inizialmente basso, al punto che ogni colpo potrà persino risultare fatale. Ciononostante, sarà possibile espandere la barra vitale riempendo ogni volta tutti gli slot della resina, mentre per curarsi dalle ferite dovremo assumere del silfio curativo. Pertanto sarà possibile ampliare anche il margine d’errore, non dovendo comunque mai abbassare la guardia. Più andremo avanti, più i nemici diverranno pericolosi e, senza accorgercene, subiremo dei danni sempre più critici.
Selene potrà fare affidamento su un equipaggiamento all’avanguardia, che arricchirà man mano che raccoglierà oggetti. A partire dalle armi, fino ad oggetti consumabili come cure, scudi od effetti attivi, passando per dei bonus passivi che migliorano le capacità della protagonista. Ogni volta che si ripeterà un ciclo, il giocatore dovrà ripartire armato della sola pistola e migliorare l’equipaggiamento man mano che avanzerà nei biomi, fino a giungere una build capace di contrastare le forze nemiche con maggiore sicurezza.
Come accade in titoli come The Binding of Isaac, Returnal elabora i biomi attraverso un sistema di generazione procedurale, il quale sfrutta dei modelli già confezionati e li colloca casualmente nella mappa del bioma. Quindi, come nel titolo di Edmund McMillen, il giocatore si troverà ad esplorare delle stanze collegate tra loro attraverso delle porte, la cui natura cambia in base al colore rappresentato sulla mini mappa. Troviamo infatti una serie di porte che ci condurranno verso destinazione o il boss di turno, altre conducono a delle stanze bonus ed alcune ci introducono in un’arena in cui completare una sfida di sopravvivenza. Nel titolo confezionato da Housemarque l’esplorazione è una componente fondamentale per una buona riuscita, la quale si trova in netto contrasto con un infingardo RNG soprattutto lato collezionabili. Tuttavia, il giocatore dovrà scegliere quali oggetti bonus accaparrarsi per poter proseguire, dato che non sarà possibile arraffare ogni risorsa che il gioco propone. Vi saranno infatti alcuni casi in cui potremo spendere gli obliti (la valuta in-game ottenuta eliminando nemici o mining) per acquistare dei bonus attivi o passivi. Ciononostante, l’offerta proposta risulterà fin troppo ghiotta ed una strategia economica sarà alquanto d’aiuto. Oltre ai normali oggetti troveremo anche degli artefatti corrotti, avvolti da un’aura maligna. Se raccolti con noncuranza, andremo incontro a delle avarie, ossia dei malus che affliggeranno le nostre prestazioni sul campo. Questi status negativi potranno essere risolti semplicemente portando a termine l’obiettivo richiesto, oppure utilizzando degli oggetti consumabili che rimuovano effettivamente queste penalità. Le probabilità di subire un’avaria della tuta possono essere sia moderate che molto elevate, altrimenti è possibile purificare l’oggetto corrotto utilizzando dell’etere che troverete comunemente in giro nei biomi. Troviamo inoltre un sistema di bonus/malus nei parassiti, ossia delle creature di Atropo che si attaccheranno alla nostra tuta una volta raccolti. Questi piccoli esseri conferiscono dei bonus e malus passivi sfruttabili a proprio vantaggio, pertanto il giocatore dovrà scegliere con cura quali e quanti parassiti raccogliere affinché i malus non penalizzino gravemente Selene.
Inizialmente Returnal non sarà completamente esplorabile: nelle stanze vi saranno alcune aree inaccessibili per i motivi più disparati e sarà qui che emergerà il carattere metroidvania del titolo. Infatti, sono presenti dei potenziamenti permanenti per la tuta, come una spada per gli attacchi corpo a corpo e l’estrazione di obliti o un rampino per raggiungere dei punti sopraelevati. Dunque, esplorare i vecchi biomi una volta ottenuti questi miglioramenti, permetterà al giocatore di scovare nuove risorse o addirittura gli introvabili collezionabili. Inoltre, è possibile trovare delle stanze bloccate da una serratura. Queste potranno essere aperte utilizzando una “chiave atropica”, tuttavia il ritrovamento e l’utilizzo di quest’ultima sarà piuttosto limitata e non sempre sarà possibile aprire tutte le porte che vorremo. Pertanto, il consumo di questa chiave speciale dovrà essere piuttosto ponderato.
Il titolo registra i nostri progressi compiuti in corso d’opera, primo tra tutti lo sblocco di un nuovo bioma, il cui accesso – con una buona dose di fortuna con l’RNG – può essere addirittura immediato. Ciò diminuisce il tempo necessario per poter effettivamente proseguire l’avventura su Atropo. Anche i potenziamenti della tuta permanenti rimarranno in vostro possesso, come i collezionabili trovati all’interno di un dato bioma. Ciononostante, l’assenza di checkpoint (o meglio, ne troverete solo uno a metà dell’avventura) per molti sarà penalizzante. Aldilà della soggettiva difficoltà, il tempo necessario per accedere a un nuovo bioma con un equipaggiamento perlomeno decente sarà piuttosto alto per una singola sessione di gioco. Inoltre, bisogna considerare che gli eventuali crash dell’applicazione (cosa effettivamente avvenuta durante la mia partita) vi costringeranno a ripartire da zero. Pertanto, Returnal già in partenza sarà difficilmente un titolo adatto a tutti, soprattutto per una questione prettamente legata alle tempistiche.
Uno spettacolo coreografico
Rerturnal è uno spettacolo coreografico, merito della complessità dei pattern con cui nemici e boss si destreggiano nel tentativo di annientare Selene. La complessità di quest’ultimi, così come i particellari curati in maniera maniacale, rendono ogni combattimento adrenalinico e visivamente incredibile, a cui si aggiunge un comparto grafico all’avanguardia e in grado di sfruttare le potenzialità architettoniche di PlayStation 5. Lo notiamo in primis da come la velocità dell’SSD generi ogni stanza di ogni singolo bioma senza alcun segno di affaticamento, e da come la densità poligonale delle ambientazioni non sia un problema in grado di scalfire la velocità di caricamento. Ogni morte viene alleggerita proprio da quest’ultimo: la console next-gen di Sony mostra ancora una volta come “gli inesorabili caricamenti” siano un lontano ricordo, con tempistiche veramente minimizzate tra la morte e il respawn di Selene in un nuovo ciclo. A tutto ciò si aggiunge una stabilità prestazionale capace di archiviare i sessanta fotogrammi per secondo anche nelle situazioni più caotiche, mantenendo il frame rate sempre stabile in ogni occasione, il tutto ad una risoluzione 4K. Anche il raytracing fa il suo dovere, rifrangendo l’illuminazione sulle superfici buie, specchiate o metalliche con delicatezza. Si premia la cura dei modelli delle creature, quest’ultime ricche di dettagli e diversificate nel loro design. Qui Housemarque ha svolto un buon lavoro nel proporre una ben voluta varietà visiva nei combattimenti, soprattutto nella fluidità con cui queste creature si muovono sul nostro schermo.
Anche il DualSense riserva qualche gioia sensoriale. Il feedback aptico che trasmette diversi tipi di vibrazioni tra la fiammata delle armi, l’utilizzo dei propulsori che ci permettono di saltare oppure l’energia palpabile dei traslatori che permette ad una vibrazione alquanto liscia di scorrere tra le nostre mani. Soprattutto nell’utilizzo delle armi tale feedback è ancor più concreto, permettendoci di percepire un livello di vibrazione alquanto differente a seconda dell’arma in utilizzo. Altra piccola chicca è la percezione delle gocce di pioggia che cadono sul suolo, che il DualSense riproduce attraverso dei piccoli colpetti di vibrazione, una sensazione che però durerà per una manciata di secondi nonostante la pioggia continui a battere sul terreno (e tra le nostre mani). Quindi sì, Returnal sfrutta appieno le capacità del nuovo pad di PlayStation 5 – e ci mancherebbe -, seppur il suo gameplay frenetico entri in leggero contrasto con l’architettura della suddetta periferica, tanto da farci desiderare di utilizzare – prima o poi – un controller scuf. Messa da parte questa piccola parentesi personalmente dovuta, l’unico inconveniente tecnico riscontrato è la frequenza di errori dell’applicazione dovuta ai precedenti aggiornamenti del gioco. Purtroppo ci siamo ritrovati più volte a dover ripetere una partita a causa di un crash del gioco nel momento meno opportuno possibile, destando in noi sentimenti alquanto contrastanti. Il comparto audio con un headset normale è coinvolgente, i suoi ambientali sono altamente percettibili, tanto da immedesimarci con l’ambientazione aliena di Atropo in maniera impeccabile.