Sono passati ormai quindici anni da quando, Fumito Ueda e il Team Ico, pubblicarono su PlayStation 2 quella che divenne nel tempo una vera e propria opera di culto come Shadow of the Colossus. L’impresa del giovane Wander nel salvare la sua amata ormai passata a miglior vita, una lotta continua con i maestosi colossi e le cavalcate in groppa ad Agro nelle vaste terre delle Lande Proibite, elementi che hanno reso tale produzione un qualcosa di indimenticabile, rinvigorito dopo anni dall’eccellente lavoro di Bluepoint Games in quel remake che ha saputo avvalorare ogni singolo aspetto del titolo originale. È quasi assurdo che un’idea come quella di Shadow of the Colossus non sia sta evoluta dopo tutto questo tempo, laddove la bellezza artistica ormai ci ha completamente affascinati. Fortunatamente, abbiamo avuto modo di rivivere una tale esperienza attraverso The Pathless, la nuova Ip di Giant Squid e Annapurna Interactive, proprio gli autori di quel quadro in movimento di Abzu.
Approdato il 12 novembre su PlayStation 4, PC ed IOS e il 19 novembre anche su PlayStation 5, The Pathless riprende quel modello ludico ispirato al lavoro di Fumito Ueda e lo fa suo, proponendoci un’esperienza simile ma al contempo anche diversa, dandoci finalmente l’opportunità di esplorare una vasta terra ricca di misteri e lasciandoci soli nella vastità di una bellezza che, non vi nascondiamo, ci ha tolto il fiato. Dopo averlo portato a termine ed esplorato ogni suo angolo, siamo finalmente pronti per parlarvi in questa recensione di quella che potremmo addirittura definire una delle prime perle della nuova generazione.
The Pathless, una nuova luce
Un’isola misteriosa dove sorgono i resti di una civiltà scomparsa, anzi, estinta. Un luogo dove risiedono i guardiani che proteggono l’umanità dalla fine del mondo, una giovane guardiana in lotta contro una minaccia che intossica questa landa ormai abbandonata. La sequenza introduttiva di The Pathless si apre sull’approdo dopo un lungo viaggio in barca, il preludio di un’avventura il cui scopo è quello di ristabilire l’equilibrio, la vita, un po’ andando a simboleggiare quella cavalcata notturna che condusse Wander al tempio in Shadow of the Colossus. Come nell’opera di Fumito Ueda, gran parte del canale narrativo passa attraverso tutto ciò che circonderà il giocatore durante la sua missione: i templi in rovina, i resti della civiltà consegnati a Madre Natura, i messaggi lasciati della anime dei caduti, tutto ciò ci riconduce ad una sola conferma: tanti, prima di noi, hanno tentato di combattere il male, cadendo rovinosamente in battaglia. Il popolo che abitava l’isola non ha potuto nulla contro i guardiani protettori, soggiogati dall’oscurità e trasformati in esseri fiammeggianti che devastano la bellezza di quei paesaggi desolanti distruggendo tutto ciò sul proprio cammino.
L’opera di Giant Squid si ispira a quel che fu l’impresa di Wander contro i colossi, non è un segreto, ma trova una propria identità nella caratterizzazione della sua narrazione. La nostra protagonista è una guardiana temprata, incrollabile, che anziché minare l’esistenza di coloro che hanno difeso quel territorio con le unghie, i denti e il proprio spirito, purifica il male con il proprio animo, combattendo come una vera guerriera con il suo fido arco. La caparbietà premierà sia noi che lei, che passo dopo passo acquisirà il potere tanto ambito per fermare colui che rappresenta la reale minaccia del mondo, il cui piano è quello di ricostruirlo da zero sulle macerie di quello attuale, instaurando una nuova realtà decisamente più sconfortante. L’avventura in questa nuova, vasta ed affascinante landa desolata, dove il respiro della natura accompagnerà la vita che si protrae nelle ampie radure, non ci lascerà completamente da soli: al nostro fianco ci sarà l’aquila, nonché madre degli spiriti protettori, rivelandosi non solo fondamentale per la nostra missione, ma anche un’ottima compagna su cui poter fare assolutamente affidamento. Ciò che più ci ha colpito è la messa in scena degli eventi principali, capitalizzati da inquadrature ammalianti che accentuano nei primi piani le doti artistiche di Giant Squid, rapendoci completamente nei filmati che ogni volta ci han lasciati con un chiodo fisso: è un film d’animazione o un videogioco?
Il fascino del mistero
Gran parte del gameplay viene riservato all’esplorazione. The Pathless ci cala in un’ambientazione ricca di segreti ed enigmi, ognuno dei quali prevede anche situazioni molto diversificate, rendendo questo aspetto addirittura complesso. Visitare quella vasta terra desolata ha maturato in noi diverse sensazioni, come quella dello smarrimento data dall’assenza di una minimappa che ci indichi dove andare (poco male, se consideriamo l’utilizzo di una meccanica che ci permette di vedere dov’è l’obiettivo e i vari punti d’interesse). La mancanza dei checkpoint o di un di viaggio rapido viene bilanciata grazie ad un sistema di movimento rapido ed a tratti quasi ritmico, che permette alla protagonista di schizzare da un punto all’altro dell’isola in pochissimo tempo. Questo perché troviamo degli emblemi fluttuanti a riempire l’isola, i quali ripristinano lo spirito consumato una volta colpiti dalle nostre frecce appena scoccate, dandoci addirittura un leggero boost di velocità nella corsa. Al contrario del tanto affaticato Shadow of the Colossus, che trasmetteva la pesantezza dei movimenti di Wander nelle sue animazioni, The Pathless è rapido ed immediato, dove colpire gli emblemi mette in mostra le doti da arciere della nostra protagonista. Che sia in scivolata o in salto, ella ci delizierà con acrobazie che le permetteranno di colpire questi emblemi da qualsiasi angolazione e distanza. L’esplorazione dunque è uno dei principali elementi che caratterizzano l’esperienza ludica del lavoro di GiantSquid, che ha posto grande enfasi sui dettagli narrativi, tant’è che è possibile trovarne pezzi in ogni angolo o luogo recondito della mappa.
Il nostro viaggio, inoltre, vedrà un fido compagno come l’aquila, permettendo alla ragazza di volare, offrendo dei panorami mozzafiato, con la possibilità di salire ancor più un alto grazie ad un intenso battito d’ali. La nostra compagna non è però solamente un mezzo di trasporto che facilita l’esplorazione: è un elemento attivo nella risoluzione degli enigmi, portando con sé i pesi da noi indicati o spostando specchi e bersagli secondo le indicazioni date, il tutto attraverso una precisione impeccabile. L’esplorazione vede dunque un ruolo di maggior rilievo rispetto a tutto il resto, curata con minuzia dalla quantità di segreti ed enigmi sparsi per l’isola, riservando delle ghiotte ricompense al giocatore. La varietà degli enigmi ci ha infine stupiti ,sebbene si basino su meccaniche piuttosto comuni, ma tutto il processo di risoluzione talvolta non risulta essere banale o scontato, trasformando una prassi solitamente noiosa e ripetitiva in una componente quasi assuefacente. Con la visione dello spirito ,inoltre, è possibile accedere ad aree segrete, valicabili solamente con tale potere attivo, lasciandoci di stucco in alcune occasioni per ciò che vi si celava dietro a quell’ostacolo fisico e apparentemente invalicabile.
Combattere e purificare
Lo scopo principale di The Pathless è quello di purificare i quattro guardiani, per liberare l’isola e sconfiggere una volta per tutte lo Sterminatore degli Dei, un’entità malefica che stringe nel suo pugno gli equilibri del mondo. È affascinante notare come il paesaggio muti non appena si entra in contatto con queste figure: circondate da una tempesta di fuoco di maestose dimensioni. Tutto al loro interno viene consumato dalle fiamme dell’oscurità, lasciandosi dietro solamente terra bruciata e portandoci via il contatto con la nostra aquila. L’approccio a queste creature singolari, ognuna delle quali ha una caratterizzazione differente, potrà sembrare effettivamente ripetitivo, soprattutto la fuga dalle tempeste. Eppure, queste boss fight sono uniche e irripetibili, giungendo finalmente a quella distinzione ricercata da un colosso come Shadow of the Colossus. Infatti non vi sarà alcun game over, né tanto meno una sfida dettata dalla difficoltà, ma ciò che rimarrà è la spettacolarità di ciascuno scontro: pattern diversificati, scenografie incredibili che rendono non solo impegnativi gli scontri, ma anche meravigliosi da vivere e scrutare con i propri occhi. Un tripudio fiammeggiante che esibisce il potere di queste divinità contro cui lottiamo. Eppure, ogni scontro viene anticipato dalla prassi della purificazione di ciascun’area dominata dai guardiani. Ogni sezione dell’isola vede tre santuari corrotti, i quali vanno ripristinati con gli emblemi di luce corrispondenti allo spirito di turno, fino a purificare ciascuna delle tre strutture corrotte.
Gli emblemi di luce sono dunque quelle ricompense che spesso e volentieri troveremo negli enigmi, i quali serviranno al giocatore per ottenere soprattutto dei doni da ciascuna divinità che popola l’isola. Infatti, raccogliendoli tutti si ha la possibilità di ricevere dei miglioramenti, che spaziano dall’aumento di spirito ad una maggiore distanza ricoperta in volo, facilitando ulteriormente gli spostamenti da un punto all’altro dell’isola. Come se non bastasse, accumulando altri punti luce, i quali vengono sottratti ad ogni sconfitta nelle tempeste, si possono acquisire un numero maggiore di battiti d’ali, garantendo una maggiore accessibilità verso aree altrimenti irraggiungibili. Dunque, l’unico brivido che può concedersi il giocatore nelle lande di The Pathless, è il rischio di perdere in maniera permanente gran parte dei punti luce accumulati, i quali possono essere soltanto collezionati risolvendo i vari puzzle distribuiti lungo il territorio. Potrete già immaginare l’importanza di sfuggire alle tempeste senza essere scoperti.
La voce della natura
Quello di The Pathless è un comparto grafico che punta tutto sulla dolcezza e nudità dei poligoni, creando un agglomerato di colori freddi fino a diventare caldi. Infatti, data l’oscurità che permea nel cielo, avremo una palette più definita, laddove l’assenza di luce permette ai singoli colori di risaltare a dovere. Quando ci ritroveremo verso le battute finali dell’avventura, però, la percezione iniziale cambia drasticamente, fino a farci ammirare un’ambientazione viva, calda, ripopolata da quella vita che è rimasta timidamente nascosta finora. Nonostante una minore densità poligonale come quella di Abzu, la nuova IP di Giant Squid è una gioia per gli occhi. Oltre a rievocare i ricordi vissuti in Shadow of the Colossus, la cui terra ormai abbandonata è stata fonte d’ispirazione per la realizzazione di The Pathless, l’isola non trasmette mai quella sensazione di solitudine, mostrandoci regolarmente come la vita scorre su di essa. Si premia il level design, mai banale e con tutti i segreti da scoprire, da cui l’esplorazione ne trae solo benefici.
Per rendere ancora più coinvolgente l’esperienza, la natura viene mossa dal vento a valle e i fiumi, così come le cascate, potranno trasportarci tramite la forza generata dalle correnti acquatiche. Non parliamo dunque del tipico mondo di gioco statico, ma di un essere vivente che respira e parla con i suoi ambientali. Risulta quasi difficile non lasciarsi andare nel dolce canto dell’acqua che scorre, o del vento che ci accarezza tra un volo e l’altro, o addirittura del soffice suono dell’erba calpestata. Insomma, un toccasana per le nostre sinapsi.
I trenta fotogrammi al secondo rendono di certo l’esperienza meno fluida, con qualche piccolo calo nelle situazioni più impegnative per l’architettura di PlayStation 4, ma è quasi impossibile non rimanere ammaliati di fronte ad un comparto artistico che riesce sotto ogni aspetto a conquistarci. Dalle musiche, che incalzano l’esplorazione e rendono ancor più spettacolari le boss fight, fino al lavoro svolto nella costruzione di ambienti, rovine e paesaggi. Per quanto riguarda il comparto sonoro, oltre a risultare appagante e rilassante, esso ci circonda con effetti sonori azzeccati, facendoci quasi vivere in prima persona il viaggio della nostra protagonista. La localizzazione italiana dei testi e menù permette di comprendere chiaramente tutti i documenti scritti e scolpiti nella pietra sparsi nel mondo di gioco, mentre il doppiaggio vede una lingua completamente inventata per caratterizzare la popolazione di quell’universo narrativo.