In passato abbiamo avuto modo di recensire Don’t Starve, un titolo che abbiamo deciso di premiare per il coraggio posto in essere dal team di sviluppo. Se vi state chiedendo cosa c’entri il titolo appena citato con The Flame in the Flood, avete tutte le ragioni del mondo di farmi questa domanda ma questo paragone calza a pennello in quanto il titolo che andremo ad analizzare ci ha ricordato uno dei primi titoli che Sony ha reso disponibile gratuitamente su PlayStation Plus e ci è sembrato giusto citarlo. Vediamo inseme i motivi di questo accostamento, nella nostra recensione!
La sopravvivenza prima di tutto
The Flame in the Flood è essenzialmente un titolo survival basato sull’esplorazione e il crafting, ambientato in un inondato mondo post-apocalittico. Abbiamo il controllo di una ragazzina indifesa che dovrà sopravvivere in questo mondo ostile, muovendosi apparentemente senza meta di isola in isola. E sì, la morte è permanente, proprio come tanti titoli simili.
ll nostro scopo è appunto quello di non morire e per farlo dobbiamo tener d’occhio una serie di indicatori, ossia sete, fame, calore e sonno. Inutile spiegarvi nel dettaglio come non far calare tali valore, se non ovviamente che dovremo procurarci risorse, fuoco e un riparo al fine di sopravvivere. Come si può intuire, il crafting è di primaria importanza per questo fine: raccogliere risorse, combinarle tra loro e costruire è la chiave per rimanere in vita.
Oltre a pericoli di varia natura, la difficoltà di The Flame in the Flood è da ricercare nella generazione casuale di questi pericoli e degli elementi che compongono la mappa di gioco. Una mappa che si rivela più complessa di quello che sembra all’apparenza, a causa dell’inondazione presente e intuibile già dal nome del gioco. Un’inondazione che non comporta una serie di isole in un contesto statico, ma bensì in un corso d’acqua monodirezionale.
Ebbene sì, la zattera che utilizziamo per spostarci nel mondo di gioco non ci permette di tornare sui nostri passi, costringendoci a esplorare ogni angolo delle isole prima di passare alla successiva. A proposito della citata zattera, capiamo l’esigenza di dare un maggior senso di precarietà ma il suo sistema di controllo è veramente fastidioso.
Oltre a ciò, cogliamo l’occasione per descrivere un altro problema che impedisce a The Flame in the Flood di rasentare l’eccellenza. La gestione dell’inventario è troppo macchinosa, perfino per un genere in cui la legnosità di fondo è considerata la norma. Capiamo anche in questo caso il bisogno di darci un senso di immersione e debolezza più amplificato, ma avremmo preferito dedicare la nostra attenzione ad altri aspetti, piuttosto che perdere troppo tempo in questo senso.
Un mondo angosciante!
L’aspetto tecnico di The Flame in the Flood è, seppur interamente poligonale, piuttosto minimale. Questo comporta un numero di poligoni non di certo in linea con le produzioni più blasonate, ma che fa il suo discreto dovere.
Gli evidenti limiti tecnici passano però in secondo piano grazie all’atmosfera che permea il mondo di gioco e ci aiuta a immedesimarci. Gli ambienti di gioco sono verosimili, cupi e angoscianti e la scelta cromatica adottata e lo stile grafico in generale ci sono sembrati azzeccati.
Certo, già dopo i primi minuti di gioco non ci faremo più caso, ma la cura riposta in questo aspetto rende The Flame in the Flood un piccolo gioiello a livello d’atmosfera. Non abbiamo da segnalare particolari problemi tecnici, se non qualche sporadico bug riscontrato durante il nostro test.
Meravigliosa la colonna sonora, che ha contribuito anch’essa a farci coinvolgere dal titolo.