Tre anni dopo il primo capitolo, è disponibile nei negozi The Evil Within 2, un titolo per il quale non nutrivamo molte aspettative, dopo la parziale delusione avuta col capostipite. Ammettiamo di esserci stupiti all’annuncio del seguito del titolo di Shinji Mikami, specialmente considerando il fatto che The Evil Within è stato un gioco che ha letteralmente diviso critica e stampa. Dopo averlo testato per bene, ecco a voi la nostra recensione!
Recensione di The Evil Within 2, secondo capitolo della saga horror di Shinji Mikami
Dopo tre anni dai fatti narrati nel primo capitolo, Sebastian Castellanos non è più un investigatore. La storia dell’ospedale psichiatrico Beacon ha scosso il protagonista, tanto da averlo portato in un pesante stato di depressione. Annebbiato dall’alcool, Sebastian non riesce a non pensare alla tragica fine di sua figlia Lily, morta in un incendio. O così credeva.
Juli Kidman, ex collega dell’investigatore e agente della Mobius, irrompe nuovamente nella vita di Sebastian, dicendo lui che la morte della figlia era stata una messa in scena. Lily è stata invece catturata dalla Mobius e usata come “nucleo” per il nuovo STEM. Lo STEM altro non è che un sistema di menti interconnesse tra loro, usate per costruire una città virtuale, idilliaca e senza crimini o malattie, chiamata Union.
Inutile dire che l’esperimento non è andato a buon fine, il sistema è stato infatti destabilizzato da una non ben chiara presenza. Sebastian viene naturalmente connesso allo STEM, con l’ingrato compito di rimettere tutto in ordine. Ma anche (e specialmente) per trovare sua figlia e darle tutto l’amore necessario.
Il primo capitolo aveva il grande pregio di instillare nel giocatore dubbi e curiosità, non sapendo fino alla fine se ciò che stesse accadendo fosse vero. In questo senso, The Evil Within 2 risulta molto più lineare e meno ispirato rispetto al predecessore. Non che la trama non sia degna di nota, ma sicuramente risulta meno coinvolgente.
Per completare i 17 capitoli che compongono la storia, il tempo necessario ammonta attorno alle 15-20 ore in base al livello di difficoltà, al tasso di esplorazione e al completamento degli incarichi secondari.
Il Gameplay di The Evil Within 2 non si discosta molto da quello del primo capitolo, se escludiamo alcune aggiunte ed elementi utili a snellirlo. Diciamo fin da subito che la componente stealth è stata bilanciata meglio rispetto al predecessore, così come quella shooting. Gli sviluppatori hanno ascoltato le critiche mosse nei riguardi del primo capitolo, migliorando quasi ogni aspetto. Quasi.
Il gioco funziona piuttosto bene negli ambienti chiusi, grazie alla tensione e all’atmosfera messi in campo da Tango Gameworks. Un po’ meno nelle fasi “open world”, fortunatamente non troppo abusate. In questi frangenti tensione e atmosfera vanno un po’ a farsi benedire nel nome di una longevità più elevata. Nella città, grazie all’uso di un trasmettitore, saremo in grado di rilevare agenti morti e altri in cerca di aiuto, con relative missioni secondarie, non memorabili ma sicuramente utili a reperire armi e oggetti curativi.
The Evil Within 2 è indubbiamente più action e più per le masse se confrontato col primo capitolo, inutile negarlo. Il gioco rimane comunque un survival horror che, se giocato dalla difficoltà normale a salire, è in grado di dare parecchie soddisfazioni. Le munizioni sono limitate e alcuni nemici vanno per forza di cose evitati. Abbiamo però notato la presenza di meno colpi di genio a livello di gameplay rispetto al primo gioco della serie.
Per fortuna abbiamo notato che non è stato fatto uso di script gestiti male o di una IA non bilanciata. Il sistema di potenziamento è stato migliorato, grazie alla possibilità di modificare armi e usare il solito liquido verde per rendere Sebastian più forte. Come sempre, in base al nostro stile di gioco, possiamo specializzarci su attacco, difesa, silenziosità, oppure bilanciarlo a nostro piacimento. Sarà anche necessario trovare dei rari e speciali liquidi rossi per accedere ai potenziamenti più avanzati.
Tecnicamente parlando, The Evil Within 2 si lascia ben vedere, grazie come sempre a una direzione artistica di tutto rispetto. Il titolo fa uso di una versione modificata dell’id Tech 5 non in grado di raggiungere naturalmente i fasti di un Wolfenstein: The New Order o di un Doom a caso ma che, ripetiamo, nell’insieme funziona a dovere. Ottimi in questo senso l’effettistica e l’uso sopraffino di luci e ombre.
Andando nel dettaglio, però, il titolo alterna texture realizzate in modo divino ad altre che sfigurerebbero pure su una PlayStation 2. Stesso discorso per le animazioni, un po’ altalenanti in quanto a qualità. Abbiamo notato la presenza un po’ invasiva di compenetrazioni poligonali, muri invisibili a tratti ingiustificabili, texture che compaiono in ritardo e qualche calo di framerate.
Ottima come sempre la parte audio che, da sola, riesce a creare la giusta atmosfera e mitigare i difetti segnalati in tal senso. Musica ed effetti sonori ci sono infatti sembrati di pregevole qualità, e non avevamo alcun dubbio. Nella media il doppiaggio in italiano, sicuramente inferiore alla sua controparte in inglese.
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