Sin da quando è stato mostrato il primo trailer di Tom Clancy’s The Division la curiosità dei videogiocatori e della critica è stata molta. Il titolo infatti si è presentato subito come un prodotto nuovo e fresco grazie al gameplay che mischia diversi generi e che si inoltra in una New York cupa ed invasa da un virus da estirpare.
Ubisoft ha sempre puntato su questo titolo, tanto da presentarlo in pompa magna con tantissimo materiale messo in rete nei mesi antecedenti all’uscita. Dopo molte ore passate tra le strade dei quartieri della Grande Mela siamo pronti a esprorvi il nostro parere sui membri della Divisione.
THE DIVISION – RECENSIONE
New York e un virus da combattere
Come vi abbiamo detto poco fa il panorama di base di questa avventura è un filone che si è già visto nei titoli videoludici: siamo in una città attaccata in modo catastrofico da un virus.
Questo male viene messo in circolazione da un gruppo di terroristi che decide di infettare una grossa partita di banconote con una versione potenziata del vaiolo. Messe in circolzione durante il Black Friday, l’ultimo venerdì di novembre in cui la merce subito forti sconti sul prezzo, queste banconote iniziano a spargersi per la città ed il virus attacca chiunque inesorabilmente.
La rezione è ovviamente il caos più totale e bisogna subito correre ai ripari. Ad essere interpellata è una squadra segreta, che dipende direttamente dal Presidente degli Stati Uniti, composta da agenti appositamente addestrati per essere impiegati in qualsiasi momento durante queste fasi critiche. Si tratta appunto della Divisione. Questi agenti vengono avvisati del loro imminente impiego grazie ad un’apposite luce presente sul loro orologio. Quando questo si illumina, gli agenti speciali devono abbandonare qualsiasi cosa stavano facendo in quel momento e partire per la missione.
Una volta chiamati in causa ci recheremo quindi sull’isola di Manhattan, dove si svolgerà l’intera trama e dove troveremo la zona devastata dal virus e dall’anarchia, quest’ultima causata dai terroristi presenti sul posto che tentano di avere il predominio su cose e persone, ricorrendo spesso e voletieri alla violenza. Nella fase iniziale approcceremo con un altro membro della Divisione con il quale si instaurerà un vero e proprio rapporto di amicizia andando avanti nella storia, ma oltre a questo la trama non offre molto di più in quanto è quasi totalmente priva di colpi di scena e si svolge su dei binari abbastanza scontati e attraverso dei dialoghi che raramente riescono a coinvolgere il giocatore.
Il tutto è però ambientato in una New York riprodotta a puntino, con un’atmosfera degradata e desolata che rende in modo eccelso la situazione del posto, con macchine abbandonate, varchi, persone che frugano in ogni dove in cerca di provviste e tanto altro che ci fa capire a cosa si andrebbe incontro se realmente avvenisse un’epidemia virale su ampia scala.
MMOTPS
Come vi abbiamo detto poco sopra, la trama non è certamente il punto forte di The Division ma quello che lo contraddistingue sono il gameplay e la struttura di gioco. Quello che infatti fa quest’ultimo titolo Ubisoft è mescolare sapientemente più generi videoludici, proponendo un genere che, anche se con qualche piccolo difetto, funziona alla grande.
Ciò che ci troviamo davanti è un vero e proprio gioco di ruolo dove però, al posto dei classici turni, abbiamo a che fare con dei combattimenti in tempo reale con armi da fuoco, come un vero e proprio TPS con tanto di sistema di coperture.
Di fondamentale importanza ai fini della resa di una battaglia saranno l’equipaggiamento, le abilità attive e passive (sbloccabili potenziando il QG situato nel centro della città) che andiamo ad associare al nostro personaggio e le mod applicate sulle armi. Il danno che infatti andiamo ad infliggere ai nemici varia in base alle statistiche attacco/difesa di quel preciso momento, statistiche che possono cambiare proprio in base a come abbiamo “vestito” il nostro alter ego.
Come succede in ogni MMO, le armi e i vari componenti del vestiario sono suddivisi in varie categorie identificabili grazie ad uno schema di colori e possono essere equipaggiati al raggiungimento di un livello minimo. Le armi sono a loro volta modificabili con mirini, calci, caricatori e silenziatori che vanno anch’essi a modificare le stats utili per la battaglia.
Grazie a questo tipo di editor è possibile “mirare” il proprio personaggio verso più fronti, sfociando su uno schema bilanciato piuttosto che su uno più propenso al DPS, alla salute o all’utilizzo delle abilità. In The Division non sono infatti presenti delle vere e proprie classi, aspetto che viene sapientemente sostituito da questo sistema che ci può far variare anche in corso d’opera la natura del nostro personaggio, a patto di avere la giusta combinazione di item da equipaggiare. La ricerca degli equipaggiamenti più rari e potenti è uno dei punti focali del titolo che vi porterà via un buon numero di ore di gioco, in quanto se vi imputerete nella volontà di droppare un determinato oggetto dovrete ripetere più volte le stesse missioni fino a quando non sarà la volta fortunata.
Queste missioni, che si suddividono in principali e secondarie, possiamo affrontarle in solitaria o, ancora meglio, in cooperativa. Grazie infatti ad un sistema molto efficiente di matchmacking verremo in pochi istanti raggiunti da altri tre giocatori che affronteranno con noi la stessa missione e che, una volta finita, possono decidere se abbandonare il gruppo o meno. Oltre a queste missioni la mappa è cosparsa da collezionabili di vario tipo, istanze casuali, incontri e tanto altro che vanno ad arricchire la longevità del titolo, arrivando a superare anche le cento ore qualora foste dei giocatori incalliti.
Nonostante questo però c’è un maledetto tarlo che assale questo titolo e che purtroppo ormai è molto frequente in ambito videoludico: la ripetitività. Le missioni che andremo ad affrontare ci soddisferanno a pieno solo nelle prime ore di gioco, fino a quando non capiremo che il tutto si ripeterà più e più volte allo stesso modo e durante le quali troveremo sempre le stesse tipologie di nemici.
Una volta terminate le missioni varie e raggiunto il livello massimo (il 30) ciò che rimane da fare è affrontare la Zona Nera. Questa zona altro non è che una parte di Manhattan in cui è possibile effettuare scontri sia pvp che pve con lo scopo di ricavarne i migliori item del gioco. In questa zona bisogna stare attenti, il pericolo è dietro ogni angolo in quanto è possibile tradire o essere traditi!
Manhattan allo stato brado…ma bellissima
Non molto tempo fa girò la voce di un presunto downgrade grafico effettuato sull’aspetto tecnico di The Division, in quanto alcuni videro una qualità ridotta rispetto al trailer mostrato nel 2013. Leggendo in rete ho appreso che per un’esperienza al top da questo punto di vista è consigliabile giocare il titolo su PC (ma che novità!), ma nonostante questo posso assolutamente affermare di non essere stato affatto deluso dal risultato ottenuto su PlayStation 4.
Il titolo Massive Entertainment è stato realizzato molto bene e ci immerge in una New York ben realizzata e ricca di dettagli, sicuramente al di sopra delle aspettative se si calcola che si sta parlando di un titolo free roaming con pochissimi caricamenti. La città è stata ricreata fedelmente e vederla immersa in questa ambientazione epidemica è sicuramente d’impatto anche grazie al variare delle condizioni meteo e del ciclo giorno/notte, cambiamenti che regalano un’alternanza di effetti di luce in grado di stravolgere il panorama che abbiamo intorno.
Buona la modellazione poligolare dei personaggi e delle texture che compongono anche strade ed edifici, un quadro generale godibile agli occhi anche per i giocatori più attenti a queste caratteristiche.
Di negativo dal punto di vista tecnico abbiamo ben poco, qualche caricamento ritardato di alcune texture e la poca distruttibilità degli ambienti, che non reagiscono a esplosioni o ai colpi d’arma da fuoco, discorso valido sia per gli oggetti più robusti, come colonne o automobili, e sia per quanto riguarda altri oggetti più piccoli che in alcune occasioni dovrebbero addirittura farsi in mille pezzi.
Infine, il doppiaggio in italiano è ben realizzato ed è curato sia da voci di personaggi famosi nel mondo dello spettacolo che da altri meno conosciuti.
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