Son passati ben dodici anni da quando Shadow of the Colossus ha sconvolto il mondo dei videogiochi. Dopo essere uscito in Giappone e USA, il titolo che ha consacrato definitivamente Fumito Ueda è approdato a inizio 2006 sulle nostre PlayStation 2. Ne sono successe di cose, nel frattempo. Abbiamo infatti potuto rigiocare il titolo sulla terza console Sony (assieme a ICO), mentre The Last Guardian è finalmente uscito, dividendo critica e pubblico.
Mentre il controverso game designer giapponese appena citato è al lavoro su un nuovo progetto, è stato affidato un arduo compito a Bluepoint Games. Riproporre per la terza volta Shadow of the Colossus, questa volta in qualità di vero e proprio remake. Abbiamo posto molta fiducia nel team texano, visti i loro precedenti e impeccabili lavori di questo tipo. Vediamone quindi assieme il risultato finale, nella nostra recensione.
Fumito Ueda torna su PlayStation 4 con un remake di Shadow of the Colossus: ecco a voi la nostra recensione del Remake!
Per i pochi che non ne avessero mai sentito parlare prima d’ora, Shadow of the Colossus narra le gesta del prode Wander. Il giovane, accompagnato dal fido cavallo Agro, viaggia in una terra maledetta e proibita, con un solo scopo. La sua amata Mono è stata sacrificata dalla propria tribù a causa del suo destino maledetto e il giovane non riesce naturalmente ad accettarlo. Pare che nella deserta vallata in cui sconfina Wander risieda un’entità in grado di riportare in vita i morti.
Arrivato nel santuario e messosi in contatto con questo essere dalla dubbia moralità, quest’ultimo promette al protagonista di aiutarlo, a patto però di sconfiggere sedici fantomatici Colossi, unici abitanti della terra maledetta. È da qui che inizia il gioco vero e proprio, costellato di colpi di scena e che si conclude con un finale che, ancora oggi, commuove come pochi altri. Inutile aggiungere altro, Shadow of the Colossus strappa ancora oggi una lacrimuccia, anche se lo avete già giocato in precedenza.
Conoscendolo a memoria, il sottoscritto lo ha completato in circa 5 ore a difficoltà normale, andando diretti verso gli scontri contro i Colossi. Metodo che non consigliamo assolutamente, visto che il titolo merita di essere goduto ed esplorato con amore, specialmente se è la prima volta che lo si avvia. Il titolo conta extra come il time attack e una serie di artwork e immagini comparative con l’originale. Inoltre, la difficoltà massima è selezionabile fin dall’inizio.
Il gameplay di Shadow of the Colossus è quanto di più semplice e complesso allo stesso tempo possa esistere. Armati di spada ed arco e in sella al già citato Agro, dobbiamo localizzare e uccidere (in rigoroso ordine prestabilito) ognuno dei Colossi. La fase di localizzazione prevede l’esplorazione dell’enorme quanto spoglia mappa, alzando la spada al cielo per aiutarci nell’intento. Trovarli richiede un certo impegno, ma mai quanto è necessario una volta al loro cospetto.
Trovarsi di fronte ai Colossi è sempre un’emozione unica e indescrivibile. La quasi totalità di essi è strutturato come se fosse un gigantesco livello in movimento, animato in maniera sublime. Una volta studiato l’avversario ed evidenziati i relativi punti deboli alzando la spada, dobbiamo poterli raggiungere per colpirli con quest’ultima. L’impresa è talvolta supportata dal cavallo e dall’arco, utili per motivi che potete tranquillamente immaginare.
Allo studio dei temibili giganti segue l’azione, che consiste letteralmente nello scalarli, sfruttando la loro peluria come appiglio. Impresa mai immediata, vista la non facilità nel raggiungere i punti deboli e i limiti dovuti alla stamina. Dosare le nostre risorse e valutare il da farsi sono le chiavi del successo. Inutile aggiungere altro, è davvero tutto qui. Shadow of the Colossus va vissuto, esplorato e goduto e vorremmo sinceramente evitare spoiler con esempi specifici.
Essendo un remake rispettoso dell’opera originale, i ritocchi al gameplay riguardano principalmente l’introduzione di un sistema di controllo più moderno. I difetti di allora, così come le imprecisioni riguardanti fisica, collisioni e la legnosità di fondo del titolo, sono ancora presenti. Per carità, è stato introdotto un sistema di autosave e di salvataggio manuale senza ricorrere ai santuari sparsi nella mappa di gioco, ma null’altro.
Come ogni remake o remastered che si rispetti, anche in Shadow of the Colossus i miglioramenti rispetto all’originale sono principalmente estetici. Rispetto alla già ottima remastered del 2011, questa nuova versione gode di un livello di cura di prim’ordine. La versione PlayStation 3 era definibile come un “compitino”, essendo stato un mero porting riprogrammato e ottimizzato a livello prestazionale. Insomma, il lavoro su texture e modelli era veramente basilare.
Questa terza reincarnazione del titolo vanta altresì il rifacimento dei modelli dei personaggi, delle texture e dell’ambiente di gioco, oltre che l’aggiunta di erba e fogliame tridimensionale. Ricordiamo infatti che la prima versione contava terreno e superfici verticali piatte e con texture che ad oggi risultano a dir poco slavate. Anche la peluria dei colossi e l’effettistica sono stati ulteriormente migliorati in modo notevole, stesso discorso per l’interfaccia. Come abbiamo detto poc’anzi, il titolo rimane legnoso nel gameplay, ma sono stati limati bug e problemi di telecamera presenti in origine.
Problemi che sono però ancora presenti e che, assieme allo sporadico tearing, sono gli unici difetti tecnici che ci sentiamo di segnalare. Avendo avuto modo di giocare il titolo su PlayStation 4 Pro su un TV 4K HDR, confermiamo la presenza di due opzioni grafiche. La prima prevede di giocare privilegiando la risoluzione a scapito dei 60fps, la seconda è per chi preferisce la fluidità a tutto il resto. È possibile anche impostare a piacimento l’intensità del motion blur, oltre che immortalare i migliori momenti con l’ottima modalità foto.
La componente sonora, a distanza di ben 12 anni, è sempre e comunque da applausi. L’accompagnamento audio dinamico negli scontri contro i colossi è fantastico, l’effettistica naturale che accompagna i magici momenti di esplorazione fa il resto. Il titolo è stato però ridoppiato per l’occasione, con risultati più che accettabili. Come sempre, menu e testo sono stati localizzati nella nostra lingua.
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