Nioh – Recensione

Potremmo introdurre il commento finale con la semplice espressione "buona la prima". Team Ninja ha confezionato un ottimo prodotto che, se da un lato è palesemente ispirato ai Souls (in alcuni aspetti ai limiti del plagio), dall'altro introduce delle meccaniche piuttosto interessanti. Il gioco risulta punitivo e sbilanciato in alcuni aspetti, ma è nel complessivo molto più onesto e accessibile rispetto ai titoli di From Software. L'ambientazione e l'atmosfera fanno il resto, regalandoci un titolo che abbiamo trovato molto valido. Tutti questi motivi ci hanno portato ad assegnare a Nioh il voto che potete leggere a fianco.

Seppur in ritardo rispetto al resto della stampa specializzata, purtroppo a causa di problemi di spedizione, siamo qui per parlarvi di Nioh, titolo in sviluppo da diversi anni da parte di Team Ninja e disponibile da qualche settimana nei negozi. Trattasi dell’ennesimo clone di Dark Souls, oppure di un prodotto dotato di anima propria? Scopritelo nella nostra recensione!

Un soulslike con una trama!

Se parte del successo della serie di Dark Souls è dovuto alla sua trama nascosta, Nioh è decisamente più diretto. Sia inteso, non stiamo parlando di una storia da Oscar, ma che impone comunque un protagonista “predefinito”. Non abbiamo quindi modo di scegliere una classe a inizio gioco, ma del gameplay parleremo tra poco.
Nei panni del marinaio inglese William Adams, il nostro compito è quello di influenzare in qualche modo la guerra del 1600 che imperversa in Giappone. O almeno, questo è quello che vorrebbe Edward Kelley, un personaggio losco che vuole sfruttare i poteri di William. Il protagonista è infatti in grado di vedere gli esseri sovrannaturali ed è legato a uno spirito guardiano. Un potere che, a quanto pare, porterà sia gioie che dolori a William, ma ci fermiamo qui per non svelare ulteriori dettagli.
Nioh, esattamente come i titoli dai quali si è ispirato, ci ha tenuti impegnati per un quantitativo di ore non indifferente. Si parla di circa 60-70 ore, un numero destinato a salire qualora vogliate esplorare ogni aspetto del gioco e, perché no, sbloccare i relativi trofei PlayStation Network.
Nonostante la presenza di una trama più solida rispetto a Dark Souls e Bloodborne, l’aspetto che spinge l’utenza a giocare un titolo del genere, è sicuramente il gameplay. Caratteristica che andremo ad analizzare nei prossimi paragrafi.

Ma che oh!

Ci siamo permessi una citazione mosconiana, dovuta a ovvie ragioni. Essendo Nioh un titolo dichiaratamente ispirato a Dark Souls, le imprecazioni non tardano di certo ad arrivare. Ma andiamo con ordine. Al solito, ci spiace fare continui paragoni e rimandi a Dark Souls, ma lo riteniamo necessario, o comunque utile.
Se dovessimo descrivervi in parole povere il gameplay di Nioh, potremmo dirvi che è una fusione tra i Souls e Ninja Gaiden. Il nuovo gioco di Team Ninja è decisamente più frenetico di un Bloodborne a caso, per la gioia di chi ha adorato l’esclusiva PlayStation 4 di From Software. Tutto ciò che ha reso Dark Souls un oggetto di culto, è presente in Nioh, con naturalmente qualche novità di rilievo.
Uno dei punti cardine del titolo è naturalmente la difficoltà dovuta alla perdita di quelle che in Dark Souls sono chiamate anime e che qui sono gli Amrita. Ogni volta che moriremo, e succederà tante volte, lasceremo in terra tutti gli Amrita posseduti e che potremo recuperare tornando in quel punto senza morire nuovamente. Questi ci servono infatti per salire di livello, dandoci modo di alzare i punti relativi a forza, stamina, peso trasportabile e via dicendo. Punti che di default sono settati a 5, non vi sono infatti bonus o malus relativi alla scelta di una classe di partenza.
William può essere equipaggiato con diverse armi, equipaggiamenti e oggetti, assegnandoli negli appositi slot. Nulla di nuovo se venite da un Souls qualunque, quindi non staremo qui ad approfondire questo aspetto più del dovuto. Abbiamo apprezzato la scelta di contrassegnare questi oggetti con un colore in base alla rarità, un po’ come avviene in molti RPG.
Il combat system di Nioh ci ha ovviamente ricordato quello della serie a cui si è ispirato, anche se qui non abbiamo a disposizione gli scudi e la parata con le armi non è sempre incentivata. Come già detto, Nioh è infatti più frenetico e cattivo anche di Bloodborne anche se, senza la giusta attenzione, l’eccessiva frenesia può portarci più contro che pro.
Abbiamo apprezzato la possibilità di usare pose differenti in base al nostro stile di gioco e al nemico affrontato. Possiamo infatti posizionare l’arma al centro del corpo per avere il giusto compromesso tra danni e velocità degli attacchi, oppure valutare le altre due posizioni in base alla situazione. Se abbiamo davanti dei nemici bassi o striscianti, risulta utile usare la posa alta, per attaccare dall’alto verso il basso e colpire in maniera più violenta ed efficace il nemico. Se vogliamo invece colpire in modalità “attacco e fuga” possiamo utilizzare la posa bassa, così da consumare anche meno stamina, rinunciando però ai danni inferti.

Un soulslike con un’anima propria

Dopo avervi parlato delle similitudini a alcune piccole differenze con i Souls, continuiamo col descrivervi le caratteristiche uniche di Nioh. La barra della stamina, detta Ki, funziona grossomodo come nei giochi dai quali Nioh ha preso palesemente ispirazione. Insomma, si consuma quando attacchiamo, si ricarica lentamente quando pariamo e, se portata a zero a causa di un attacco parato, ci rende vulnerabili e inermi per qualche secondo.
La novità è rappresentata dal Ritmo Ki, che funziona grossomodo come la ricarica tattica di Gears of War. Premendo R1 al momento giusto dopo attacchi ripetuti, è possibile ricaricare parte della stamina e aver modo di sferrare un attacco in più o rotolare per salvarci la vita. Questa funzione è fondamentale contro alcuni nemici circondati da una specie di alone maligno, in grado di impedire la ricarica del Ki quando siamo nelle loro vicinanze. Capite quindi che è assolutamente prioritario padroneggiare la tecnica del Ritmo Ki, per non soccombere.
All’inizio parlavamo del fatto che William è accompagnato da uno spirito guardiano. Questo può essere scelto e cambiato a piacimento e comporta la possibilità di attivare una mossa speciale tramite la pressione di triangolo e cerchio, quando la relativa barra è piena. Una funzione che, se attivata al momento giusto, ci ha permesso di avere la meglio su alcuni boss e che quindi è fondamentale da imparare a usare a dovere, esattamente come il Ritmo Ki.
Se i Souls offrono una mappa open world (quasi) liberamente esplorabile fin dall’inizio, il titolo del Team Ninja è strutturato a compartimenti stagni. Ognuna delle missioni principali ha un livello minimo consigliato ed è selezionabile dalla mappa, man mano che andremo avanti. Completate queste missioni, è possibile rigiocare nelle stesse mappe in qualità di missioni secondarie, con obiettivi differenti. Vi sono anche delle missioni giornialiere, che non abbiamo purtroppo avuto modo di approfondire.
Questa struttura porta con sé alcuni limiti non indifferenti, purtroppo. Esattamente come nei Souls, sbloccheremo dei checkpoint, rappresentati da dei santuari. Punti di controllo presenti in piccole quantità, ma raggiungibili da vari punti attraverso lo sblocco di scorciatoie e simili. Ecco, il problema è che, uscendo dalla missione, i nostri progressi all’interno delle mappe vengono resettati, aggiungendo ulteriore difficoltà a quella già presente. Inoltre, perderemo anche gli Amrita ottenuti anche se, per fortuna, possiamo spenderne il più possibile presso i santuari, prima di lasciare la missione.
Parlando di difetti, anche in Nioh abbiamo riscontrato alcuni problemi tipici dei soulslike, ossia le compenetrazioni degli attacchi delle armi con l’ambiente di gioco e i cosiddetti “attacchi a perno”. Problemi che, fortunatamente, risultano meno pesanti rispetto a Dark Souls 3. Capiamo, ad esempio, che sia difficile evitare il secondo difetto, a causa della logica ad aggancio che regola le meccaniche di gioco.
Oltre a ciò, a rendere più onesto Nioh rispetto a Dark Souls e soci, è la possibilità di visualizzare la stamina dei nemici, oltre che la loro energia. Aspetto che, se da un lato potrebbe far sembrare il titolo più semplice, evita situazioni come avversari che sembrano avere stamina infinita o altri colpi bassi di questa caratura.

Giappone, mon amour

Abbiamo testato Nioh sulla versione standard di PlayStation 4, apprezzando la possibilità di scegliere tra due modalità grafiche. Possiamo infatti scegliere se dare priorità alla risoluzione nativa o ai fotogrammi per secondo. Inutile dire che, a causa della frenesia del titolo, consigliamo caldamente di giocare a Nioh in modalità azione, che porta a 60 il framerate.
Fluidità che viene mantenuta su buoni livelli nella maggior parte delle situazioni, con qualche sporadico rallentamento. Fortunatamente nulla in grado di minare l’esperienza, infatti i comandi risultano molto più reattivi rispetto al già ottimo Bloodborne.
Parlando del puro aspetto grafico, Nioh si difende piuttosto bene, offrendo un’ambientazione affascinante e ben realizzata, che ci ha aiutato nel coinvolgimento. Abbiamo infatti trovato affascinante esplorare le mappe ispirate al Giappone del 1600, create con una dovizia di particolari che ha pochi eguali. Lo stesso discorso vale per i nemici, dettagliati e caratterizzati in modo più che soddisfacente.
Certo, se dobbiamo guardare il pelo nell’uovo, i modelli non sono poligonalmente complessi come la gran parte delle produzioni moderne, ma lo stile adottato riesce a sopperire dignitosamente a questo limite. Molto validi sia la colonna sonora che il doppiaggio, quest’ultimo in giapponese o in inglese in base al personaggio, vista l’origine anglosassone del protagonista.

GUIDE TROFEI

Davide Begni
Davide Begnihttps://www.playstationzone.it
Appassionato di console Sony, ha un debole per Sonic e per la saga di Metal Gear, ma in generale non disdegna nessun genere, eccezion fatta per la maggior parte dei giochi di ruolo e titoli sportivi. La sua carriera videoludica inizia a cavallo tra gli anni '80 e '90 su Master System e Game Boy, andando a toccare tutte le console casalinghe e portatili prodotte da Sega e Nintendo fino alla prima metà degli anni '90. È passato al lato oscuro di Sony grazie alla prima PlayStation, brand a cui si è affezionato da allora fino ai giorni nostri, pur avendo avuto delle piccole parentesi dedicate al mondo PC e ad altre console. Non ditelo in giro, ma ha un'insana devozione per il Mega Drive, console che spesso e volentieri ricollega alla TV in memoria dei vecchi tempi.

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