Nonostante il noto scrittore Tom Clancy sia ormai “passato oltre” da quasi ben quattro anni, le produzioni videoludiche a suo nome sembrano non avere mai fine. Dopo lo scorso Rainbow Six Siege infatti, tornano sulle nostre console le vicende della serie Rainbow Six Siege, che questa volta ci vedranno impegnati addirittura in Bolivia, alla prese di un enorme cartello della droga, capitanato da un individuo piuttosto particolare…
Il titolo è in pratica una netta svolta nella serie, che cambia quasi radicalmente alcuni punti fondamentali del suo gameplay, adeguandosi così forse a quelle che sono le richieste del mercato odierno. A volte però, a seguire le richieste del business ci si ritrova a forzare la mano su qualcosa che invece poteva prendere strade forse migliori, ma Tom Clancy’s Ghost Recon: Wildlands sembra invece aver fatto centro dove altri hanno fallito. Vediamo come.
Ci ritroviamo così in Sud America, in questa nazione decisamente lontana dai nostri standard, ed in cui, secondo quanto ci raccontano le informazioni ricevute, El Sueño, capo del cartello Santa Blanca, detiene il potere in praticamente tutto il paese, facendo il buono ed il cattivo tempo in barba al governo ed all’Unidad, ovvero la forza armata che vigila per le strade boliviane. Il suo potere poggia le fondamenta ovviamente sul narco-traffico, ed ha messo radici così profonde che i suoi tentacoli riescono ormai a raggiungere il mercato estero senza problemi e con un’organizzazione tale da fare addirittura invidia.
A difesa dei comuni cittadini, si ergono quindi solo i ribelli, che cercano di mettere le cose un pochino al loro posto, ed al cui fianco siamo schierati anche noi, o meglio i nostri alter ego digitali. Anche se in incognito infatti, il governo americano cerca di dare supporto a questa fazione dopo che un agente della DEA sotto copertura è stato barbaramente torturato ed ucciso, e lo fa con i suoi migliori uomini. Quelli che se messi nel posto giusto, possono fare la differenza che centinaia di altri invece potrebbero non essere in grado di fare.
Nei panni di questi soldati d’élite, dovremo guadagnarci la fiducia del Kataris 26 e del suo capo, aiutandoli in tutti i modi possibili per liberare finalmente il paese dal giogo di El Sueño, che detto fra noi non sembra avere proprio tutte le rotelle al proprio posto… Ha una visione decisamente particolare di quello che fa e di quello che vorrebbe ottenere. Un obiettivo da un lato forse utopistico, ma dall’altro anche troppo troppo pericoloso.
Al di là della trama principale in cui ci siamo addentrati nel gioco, che sotto certi aspetti potrebbe essere comunque considerata “normale” se paragonata a quella di qualche pellicola americana, dobbiamo ammettere che la cura e l’impegno profuso nei dettagli e nelle informazioni contenute all’interno del titolo è stato a dir poco certosino. Documenti, filmati, file audio, tutto porta ad una mole di informazioni altissima, che non può che arricchire infinitamente (e positivamente) il nostro giudizio per il comparto narrativo, che non abbiamo remore a definire di conseguenza ottimo. Certo, documenti e dossier vari non ci daranno indizi fondamentali per proseguire verso una missione piuttosto che un’altra, per quello è più che sufficiente la mappa tattica di gioco di cui parleremo dopo, ma apprendere come e quanto gli sviluppatori si siano impegnati per dare alla trama principale anche un contorno “informativo” di qualità, è certamente un valore aggiunto.
Come in qualche modo vi stavamo anticipando all’inizio, contrariamente ai passati capitoli della serie, Ghost Recon Wildlands prende una connotazione open-world, genere che ultimamente ha invaso decisamente di più le produzioni videoludiche, tanto che persino la serie culto di Nintendo, The Legends of Zelda, ne ha abbracciato le meccaniche nell’ultima incarnazione della serie. Al suo interno quindi troviamo una struttura di gioco leggermente diversa rispetto al passato, in cui non c’è una cronologia obbligatoria nelle missioni da svolgere, ma viene lasciato tutto (o quasi) in mano al giocatore. Ci si ritrova quindi dentro una mappa di gioco letteralmente gigantesca, che scopriremo pian piano, ma che non potrà fare altro che sorprenderci continuamente attraverso tutti i luoghi che ci capiterà di visitare. Se si tralasciano gli intoppi tecnici infatti, sarà un piacere visitarla in lungo ed in largo, ammirando le varie ambientazioni che gli sviluppatori hanno sapientemente creato. A volte potrà sembrare che dai luoghi e dai posti che visiteremo si possa quasi sentire l’aria e l’odore della cultura e delle abitudini di questa gente, catapultandoci in un mondo nettamente diverso dal nostro.
Passando quindi un pochino più all’interno nelle tematiche del gameplay, possiamo affermare che come ogni open-world che si rispetti, anche Tom Clancy’s Ghost Recon: Wildlands ha la sua buona dose di attività da completare e da portare avanti. Dalle incursioni pure e semplici a quelle stealth, dalle missioni intimidatorie a quelle di recupero e liberazioni ostaggi, per poi arrivare anche a quelle in cui si dovrà rubare perfino un aereo o un elicottero. Insomma, la varietà c’è, non è infinita, ma è sufficiente per farvi passare un bel po’ di ore a rompere le uova nel paniere al Santa Blanca. In tutte però dovrete ovviamente stare molto attenti, perché un allarme o un approccio eccessivamente a viso aperto potrebbe risolversi con un mucchio di cadaveri… i vostri però…
Quello che abbiamo notato nella prova infatti, è stato che anche a livelli di difficoltà non troppo alti, alcune situazioni, se affrontate nella maniera sbagliata, saranno terribilmente complicate da sbrogliare, e spesso un respawn ci costringerà a ricominciare quanto avevamo appena intrapreso, sia essa una missione storia o una secondaria.
Per riuscire quindi a sopravvivere nella Bolivia di Wildlands, è consigliabile procedere con calma e con parecchia cautela, sfruttando tra l’altro tutte le abilità e le attrezzature che il gioco ci mette a disposizione. Fondamentale ed indispensabile infatti saranno binocolo e drone, con cui potremo osservare la situazione dalla debita distanza, ed al tempo stesso ordinare un’eliminazione sincronizzata ai nostri compagni. Questa sarà la via più semplice e veloce per poter procedere nelle missioni, ma non sarà ovviamente sempre possibile utilizzarla. Abilità e attrezzature hanno infatti un cooldown, che sia semplicemente per ricaricare le batterie del drone o per permettere ai compagni di essere di nuovo pronti con le proprie armi.
Ovviamente, la componente gidierristica non poteva mancare, quindi anche in questo nuovo Ghost Recon l’evoluzione del nostro personaggio segue quella classica dei GDR, dove dovremo quindi guadagnare punti esperienza, salire di livello, e sbloccare/migliorare le nostre abilità e parte della dotazione con i punti abilità che riceveremo o che troveremo. A tal proposito, vi consigliamo di non tralasciare mai le varie tipologie di scorte che incontrerete sul vostro cammino, perché una volte marcate saranno risorse necessarie ai ribelli per poter sopravvivere, ed indispensabili a voi per poter migliorare le appena citate abilità ed attrezzature. Immancabile infine la personalizzazione estetica del nostro soldato, che possiamo definire senza problemi abbastanza profonda, varia e capace di soddisfare i gusti di tutti i giocatori. Un po’ più pratica invece quella legata alle armi, che potremo modificare con i pezzi che troveremo in giro per la mappa nei luoghi controllati dal cartello.
Il punto di forza del titolo però sembra proprio essere la possibilità di giocare in modalità cooperativa, cosa che però si rivelerà essere non così facile quanto il single player. In singolo, infatti, i nostri tre compagni d’avventura saranno guidati dall’AI, ma in multiplayer questi saranno giocatori umani, che significa alzare l’asticella della difficoltà generale. Questo però non sarà dovuto tanto alla difficoltà di base del gioco, bensì alla necessità nel gioco multiplayer di coordinazione, affiatamento ed esperienza di tutti i componenti della squadra, che come si direbbe in gergo, “deve essere in grado di muoversi come un singolo uomo”. Una volta trovato il giusto equilibrio però (e come già detto una buona squadra), giocare in cooperativa sarà decisamente appagante, e difficilmente in seguito ci si ritroverà a preferire la misantropica modalità in singolo. Inoltre, con compagni umani con cui coordinarsi, le tattiche di gioco potranno divenire più complesse ed articolate, diventando tra l’altro anche più efficaci rispetto a quelle più semplice e classiche che potremo sfruttare con i compagni “simulati”.
A migliorare ancora l’esperienza della sezione multigiocatore, c’è la possibilità di affrontare qualsiasi missione sia disponibile per ognuno dei giocatori presenti in squadra, cosa che facilità quindi la formazione di squadre sia tra amici che tra semplici sconosciuti provenienti dal matchmaking.
Se sommiamo quindi la dipendenza da multiplayer ad un q.b. di modalità a giocatore singolo, è inutile dire che la longevità del titolo potrebbe essere altissima, a meno che l’esperienza globale non venga minata da un senso di noia dovuto magari al ripetersi del modus operandi che alcune missioni potrebbero condividere.
Nonostante il comparto estetico, come già accennato, sia esteticamente ammirevole, è al suo interno che risiede il tallone d’Achille del titolo, che in parole spicce consiste in tutti i problemi grafico-tecnici che si incontrano sfortunatamente anche durante brevi sessioni di gioco. Quello più pesante è senza fuori di dubbio il problema della compenetrazione dei corpi, che troppo spesso ci ha fatto storcere il naso nelle nostre traversate boliviane in macchina o addirittura a piedi. A bordo di mezzi di trasporto è consuetudine infatti passare attraverso cespugli, rami o palizzate senza spostare nemmeno di un centimetro tali oggetti, che ci attraverseranno come uno dei due elementi fosse semplicemente un’apparizione ectoplasmatica. Il problema però non è legato solo a questi viaggi “veloci”, ma affligge anche il nostro personaggio, che potrà tranquillamente passare attraverso rami, foglie e mucche…
Sì, avete letto bene, mucche, che oltre a non avere la minima reazione al passaggio di un gruppo di umani armati che fanno un casino del diavolo mentre corrono, resteranno immobili lasciandoci passare attraverso le proprie interiora.
A questa macro-problematica, siamo costretti ad aggiungere quelle che, per modo di dire, risultano minori, come per esempio la gestione non proprio perfetta delle coperture e delle fasi di fuoco ad esse correlate, o i problemi di matchmaking che in giochi del genere rischiano di essere sempre in agguato per varie motivazioni.
Anche il comparto audio infine ha le sue gioie ed i suoi dolori. Le prime, sono merito di un doppiaggio completamente in italiano tra cui spicca la voce niente meno che di Luca Ward, che siamo sicuri conoscerete già per altre vie. I dolori invece sono a causa di altri piccoli problemi di poco conto, tra cui vi segnaliamo quello legato (ancora) ai mezzi di trasporto. Ci è capitato molto spesso infatti che l’audio degli effetti sonori si spegnesse una volta saliti sulle auto o comunque sui mezzi di locomozione in generale. Ammettiamo che è una problematica che dura solo per un po’ di secondi, ma è così atipica che è praticamente impossibile da non notare.
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