Capita, spesso ultimamente, che saghe tipicamente nipponiche approdino nel vecchio continente, sia per accontentare la piccola cerchia di fan delle produzioni tipicamente giapponesi, sia per sondare il terreno e vedere quanti potenziali acquirenti è possibile attirare con il giusto prodotto. Mugen Souls Z rientra tra i titoli della prima categoria, un Fanservice esplicito e tremendamente indicato ai soli fan di determinati clichè tipici della cultura pop giapponese.
Anime, Ecchi, bagni caldi e lapsus
La trama di Mugen Souls Z è sicuramente uno degli aspetti più caratteristici della produzione, più per le tematiche ed il modo in cui è narrata che per la sua complessità, e riprende esattamente dove si interrompeva il primo capitolo della saga, con la nostra Chou Chou padrona dei sette regni dell’universo del primo titolo. Ora, per dar sfogo al suo istinto guerrafondaio e despotico, ha deciso di invadere e conquistare i dodici regni di un altro universo, solo per il gusto della conquista e per soddisfare la sua irrefrenabile ambizione. Dopo una sigla iniziale che lascia lo spettatore medio discretamente spiazzato, ci troviamo a controllare la nostra eroina, e noteremo fin da subito la potenza esagerata, per le fasi iniziali, del nostro personaggio, ma a tutto vi è un motivo.
Ben presto il quadro si farà più chiaro, introducendo nuovi personaggi, questa volta meglio bilanciati. Proprio uno di questi personaggi causa la perdita di gran parte dei poteri della nostra eroina che, una volta entrata nel sarcofago della simpatica Syrma (una dea ma non ricorda di esserlo), si trasforma diventando di dimensioni molto più piccole.
I logorroici dialoghi, infarciti della tipica demenza proveniente dal sol levante e da riferimenti e doppi sensi spesso a sfondo sessuale, vanno a delineare una trama discretamente lineare che ci porterà al formare e riunire un piccolo esercito per perseguire la conquista dell’universo ed il nostro predominio. A variare ulteriormente la narrazione degli eventi ci penseranno diversi eventi più o meno divertenti, che spaziano da piccoli siparietti a balletti cantati o a scene che arrivano al limite dell’Ecchi, con bagni caldi con quel tipico effetto vedo/non vedo dei manga giapponesi. Il tutto funziona egregiamente, se si è fan della saga, ma può portare all’abbandono prematuro del titolo se non si è particolarmente predisposti a questo genere di esperienze, sopratutto per l’età dimostrata dalla gran parte delle signorine presenti, che apparentemente non arrivano neanche all’adolescenza completa. A demoralizzare ulteriormente l’utente medio, come avevamo accennato poco fa, ci pensano anche siparietti e dialoghi ben scritti e divertenti, ma completamente in Inglese, di durata spesso eccessiva e che, oltre a divertire, aggiungono ben poco all’insieme.
A cavallo tra avvenura e JRPG.
Le meccaniche di gioco non si discostano eccessivamente dagli standard imposti dalle produzioni maggiori del settore, pur riservando delle buone variabili e delle trovate che raramente abbiamo avuto modo di apprezzare.
Prima di tutto, il titolo si fonda su un sistema simile ai Job visti nel recente remake di Final Fantasy X-2, dove gli abiti che indosseremo cambieranno in modo sensibile sia le nostre abilità sia l’atteggiamento dei personaggi, con gli ovvi riferimenti ambigui che si avranno vestendo una delle nostre Lolite in stile Sadomaso piuttosto che in altri modi. Per fortuna, per quanto riguarda gli atteggiamenti, non si scade mai nel volgare o nell’eccessivo, anche se a chi ha una buona padronanza della lingua anglosassone non potranno evitare di farsi qualche domanda.
Il gameplay delle fasi di combattimenti riprende i dettami classici degli Action RPG, con il nostro personaggio che si può muovere in real time in un’area predefinita ed attaccare i nemici presenti guadagnando bonus eventuali a seconda della posizione rispetto all’avversario; per spiegarsi meglio, se ci portiamo alle spalle del nostro avversario durante il nostro turno avremo maggiori possibilità di effettuare colpi critici ed infliggere maggiori danni. In aggiunta a questo sistema classico, subentrano alcune variabili, come i cristalli, che influenzano l’area di gioco. Questi si suddividono in cristalli grandi, che influenzano tutta l’arena di gioco, ed in cristalli piccoli che influenzano una zona ben delineata del campo di battaglia, e si applicano a tutti i personaggi, nemici ed alleati, all’interno del loro raggio d’azione, andando a modificare l’effetto e la resistenza degli stessi. Questa trovata aggiunge spessore tattico agli scontri, portandoci, per esempio, a far avvicinare un nemico di fuoco ad un cristallo di ghiaccio, in modo da renderlo meno efficace e meno resistente.
Ad aumentare ulteriormente lo spessore tattico degli scontri ci pensa una simpatica abilità che ci permette di visualizzare ed annettere i nemici che incontreremo alle schiere dei nostri fedeli servitori, inserendo un elemento collezionistico in tipico stile Pokémon; questi, oltre a poter essere usati in battaglia, vanno a potenziare la nostra fortezza mobile, portandoci quindi a farmare determinati nemici per ottenere bonus maggiori. Inoltre faranno capolino alcuni combattimenti a bordo del nostro palazzo mobile, il G-Castle, che ha la simpatica facoltà di trasformarsi in un robottone gigante in sessioni di combattimento dedicate e sufficientemente diversificate dai combattimenti base.
Anime che passione
Arriviamo dunque a parlare dell’aspetto meno riuscito, solitamente, delle produzioni di nicchia giapponesi, ossia l’aspetto tecnico. Anche in questo caso il risultato è tutt’altro che impressionante, e difficilmente raggiunge i livelli di molte delle Remastered HD che abbiamo avuto modo di provare durante la generazione in corso. Gli sprite 2D dove si svolgono i dialoghi sono ottimamente realizzati e ben disegnati e colorati, con piccole animazioni che servono principalmente ad enfatizzare le emozioni dei protagonisti, ed altrettanto di qualità sono gli sfondi che li accompagnano. Buone le animazioni ed il design in generale, sopratutto per il target a cui è rivolta la produzione, mentre lo stesso non si può dire del mondo di gioco. Difatti, quest’ultimo, nonostante l’uso del Cell Sharding, risulta spesso spoglio, vuoto e privo di un qualsivoglia dettaglio o finezza visiva, sia durante l’esplorazione che durante le fasi di combattimento, ed il tutto è aggravato anche da una texturizzazione alquanto grossolana e difficilmente impressionante.
Di buona fattura invece è il doppiaggio, sia in inglese che in giapponese, ed altrettanto meritevoli sono le musiche di accompagnamento, spesso leggere e scanzonate come l’atmosfera generale del titolo stesso. Ottima anche la fluidità complessiva e l’assenza di grossi difetti grafici, ad esclusione di un po di Aliasing qua e là, ma nulla di così terribilmente fastidioso.