A distanza di poco più di un anno e dopo il buon Lollipop Chainsaw, Grasshoper e Suda 51 tornano sulle nostre console con un nuovo titolo action, stiloso ed infarcito delle solite chicche tipiche del vulcanico designer giapponese. Sarà il capolavoro che tutti attendono da una vita o sarà l’ennesimo esperimento discretamente riuscito? Alla nostra recensione il compito di valutarlo.
Stile prima di tutto…
Diversamente dal solito voglio iniziare questa recensione parlando di uno degli aspetti che per me hanno minor peso in un videogioco, ossia l’aspetto grafico e sonoro del titolo. I titoli Grasshoper non sono mai stati particolarmente impressionanti a livello tecnico, mentre per quanto riguarda l’aspetto stilistico si è quasi sempre superata l’eccellenza; anche questa volta ci troviamo di fronte ad una condizione molto simile, anche se ben lontana dagli ultimi titoli della casa nipponica.
Il comparto grafico è affetto dal solito tremendo dualismo, dove un comparto tecnico appena sufficiente si scontra con un comparto stilistico assolutamente fuori parametro per molti aspetti, pur prestando il fianco a piccole critiche. Anche questa volta lo studio di sviluppo si è appoggiato all’ormai rodatissimo Unreal Engine 3 che, duole ammetterlo, non è stato minimamente spremuto dai ragazzi giapponesi, presentando un quantitativo poligonale tutt’altro che impressionante, unito ad animazioni che risultano, nella maggior parte dei casi, terribilmente legnose ad esclusione di quelle relative al nostro protagonista.
Ma dove la tecnica fallisce ci pensa l’arte a risollevare la situazione, donandoci uno stile visivo unico e, per certi aspetti, molto simile a quello del vecchio Killer7, con tratti ben marcati, colori sgargianti ed ombre nerissime che inghiottono qualsiasi cosa. In certi casi ci siamo trovati davanti a contrasti cromatici estremi e veramente piacevoli, che mandavano a video scorci di rara ispirazione e bellezza. Fantastica la scelta di rappresentare i momenti dove concentreremo i nostri attacchi sul malcapitato di turno con personaggi in bianco e nero, su fondali dalle tinte color sangue. A rovinare parzialmente l’aspetto visivo, oltre allo scarso sfruttamento del motore utilizzato, ci pensa un aliasing abbastanza marcato, frequenti problemi di tearing e degli sporadici cali di framerate, in quest’ultimo caso non particolarmente fastidiosi.
Il comparto sonoro si dimostra, al solito, eccellente, con un’effettistica azzeccata ed un ottimo doppiaggio sia in giapponese che in inglese. Purtroppo il primo risulta pesantemente desincronizzato, mentre quello anglosassone è perfetto in tutto e per tutto. Le tracce sonore che ci accompagneranno durante l’avventura sono tutte di ottimo livello, merito del solito Akira Yamaoka che riesce a passare con disinvoltura da brani ritmati e con rimandi al rock a brani elettronici passando dalla musica classica.
Morte, pazzia, donne e sangue
Suda è sempre stato un grande designer, ma solitamente i suoi titoli risultano spesso deficitari nella parte fondamentale per un videogioco, ossia il gameplay, ma per fortuna questo non è uno di quei casi.
Il gameplay alla base di Killer is Dead è semplice e complesso allo stesso tempo, presentando, nelle missioni relative alla trama, un tasto per l’ultilizzo della spada, uno per i colpi corpo a corpo, uno per la schivata ed i dorsali per la mira ed il fuoco con il braccio meccanico del protagonista. Ciò che rende il gameplay dinamico e profondo è la necessità che abbiamo di calcolare esattamente quando schivare, mossa che se eseguita correttamente ci permetterà di entrare in una modalità “furia” nella quale potremo infliggere al nostro avversario decine di fendenti senza che questo abbia il tempo di reagire. All’aumentare del nostro contatore di Combo avremo anche un incremento dei danni del nostro protagonista, con tanto di cambio di animazioni e velocizzazione estrema dei movimenti, che finirà al primo colpo subito o una volta trascorso troppo tempo senza infliggerne alcuno.
Le dodici missioni che saremo chiamati ad affrontare ci metteranno davanti a diversi avversari, di diversa natura e potenza, che ci ostacoleranno fino al raggiungimento del canonico boss di fine livello. Alle difficoltà intermedie il titolo si rivela in alcuni casi ostico ma mai mal calibrato, ed anche i nemici più stupidi possono rappresentare un problema se inseriti in un gruppo variegato di avversari, costringendoci a mantenere sempre alta l’attenzione, almeno finchè non scopriremo di poter venir resuscitati per tre volte a missione, con tanto di minigame annesso.
I boss sono il vero punto forte del titolo tutti ottimamente realizzati ed animati. Si strutturano a fasi nelle quali cambiano i punti deboli e gli attacchi e tutti si legano stilisticamente in modo perfetto al livello in cui sono inseriti.
Ad aumentare ulteriormente la longevità del titolo intervengono alcune missioni secondarie che si suddividono in due macro categorie: incarichi e missioni Gigolò. Gli incarichi ci metteranno in una porzione di uno dei livelli già affrontati con lo scopo di soddisfare determinati requisiti che variano a seconda dell’incarico stesso; si va dalla difesa di una ragazza da ondate di nemici mediante l’uso di una torretta fissa allo sterminio dei nemici su una moto, passando per missioni più classiche dove dovremo trovare ed eliminare tutti i nemici o completare determinati obiettivi con un tempo limite. Nell’insieme queste missioni funzionano egregiamente, anche se i pochi extra sbloccabili dalle stesse non invogliano particolarmente l’utente a sviscerarle tutte.
Le missioni Gigolò invece sono il vero punto debole della produzione; di primo impatto si rivelano divertenti e con un leggero gusto perverso, ma sostanzialmente consistono nello scrutare le parti intime della “bella” di turno per far salire sangue alla testa del nostro protagonista, in modo che lo stesso abbia il coraggio di consegnare un regalo e far innamorare di lui la ragazza in questione. Nel caso in cui questo approccio riesca riceveremo ricompense di vario genere, che comprendono anche armi alternative per il nostro braccio meccanico. In breve entreremo in possesso anche di un paio di occhiali a raggi X che ci permetteranno di vedere la lingerie delle ragazze e ridurranno di non poco i nostri tentativi di farle innamorare, visto che vedremo anche l’oggetto più desiderato in quel momento dalla tipa di turno.
Trama? A che serve la trama…
In ultima analisi volevamo analizzare la trama ed i personaggi di questo Killer is Dead, cosa che ci è risultata quasi impossibile; la trama si riduce ad un accozzaglia di omicidi su commissione che ci porteranno a viaggiare per il mondo, impersonando Mondo Zappa(ebbene si, questo è il nome del protagonista) che sarà accompagnato dalla sua assistente e da altri personaggi dell’agenzia che faranno la loro comparsa in alcune scene di intermezzo. Purtroppo il tutto risulta talmente confuso ed accozzato che difficilmente vi metterete a seguirne le vicende. Anche i personaggi mancano di spessore, risultando stereotipati e privi di mordente.