DmC Devil May Cry è un gioco che ha diviso letteralmente tutti fin dal suo primo annuncio. Siamo infatti di fronte ad un classico esempio di serie giapponese data in outsourcing a software house occidentali, ma questa è la cosa che ha spaventato meno in quanto sappiamo bene che Ninja Theory è composta da gente in gamba. Il vero problema nato dall’annuncio di questo reboot della serie è stato però il dubbio design di Dante, rivisitato completamente dal team inglese. Lasciando per ora da parte questo aspetto, i ragazzi di Ninja Theory sono riusciti nell’impresa di riportare Dante ai fasti di un tempo? Scopriamolo assieme!
Tempo di reboot!
Come già accennato nell’introduzione, DmC nasce come rivisitazione della serie e non come sequel o prequel della saga originale.
La trama si svolge nei giorni nostri, in una realtà non tanto lontana da quella che stiamo vivendo, anche se con elementi chiaramente di fantasia e volutamente esagerati. Kyle Ryder, proprietario di una potente multinazionale, controlla l’intera economia e i mass media attraverso le sue conoscenze. In particolare, utilizza una particolare bevanda per tenere sotto scacco le menti umane e plasma le loro idee sulla realtà tramite diffusione di informazioni fasulle ben selezionate. Si scopre immediatamente che questa losca figura nasconde l’identità di Mundus, un demone giunto da un’altra dimensione per soggiogare la razza umana. Qui entra in gioco un giovanissimo Dante, bollato fin da subito dalla società come “terrorista” in quanto schieratosi contro il potente magnate. L’unico modo per sconfiggerlo è giocare al suo gioco nel Limbo, ossia la realtà accessibile solo dalle schiere angeliche e demoniache ma non dai comuni mortali…
A ben pensarci non si tratta di una trama particolarmente innovativa ma sicuramente lo è l’accostamento con il mondo di Dante e soci. Tanto per capirci, i temi trattati, ossia le teorie di cospirazione, NWO e via dicendo sono stati già trattati in saghe come quella di Metal Gear Solid o Assassin’s Creed, ma messi anche in questo contesto non stonano affatto.
Prima di addentrarci nel vero fulcro del gioco, che è a tutti gli effetti un action come i predecessori, vorremmo dare qualche dettaglio sulla longevità. Il titolo è completabile in 10-12 ore in difficoltà normale ma il primo giro può essere più corposo se si esplora l’ambiente in modo approfondito. In particolare abbiamo delle chiavi di vario tipo per accedere alle care vecchie aree con le sfide che, è da dire, possono essere verso la fine estremamente ostiche. Non mancano i vari globi rossi nascosti, in aggiunta alle classiche croci verdi e viola che permettono rispettivamente di aumentare le barre dell’energia e del Devil Trigger. Per i più temerari, oltre alle classiche modalità difficile e compagnia bella, si possono sbloccare due livelli di difficoltà aggiuntivi dove Dante muore se colpito anche una volta sola dal più misero degli avversari.
Dante passione ammazzademoni!
Dmc Devil May Cry continua a far parte del genere per cui la saga è stata famosa sin dal suo debutto nel lontano 2001. Si tratta di un action/hack’n’slash piuttosto tecnico nel relativo sistema di combattimento e combo, intervallato da fasi in salsa platform che non stonano affatto con il resto dell’esperienza.
Le armi di cui dispone Dante sono presenti in buon numero e risultano piuttosto varie: si parte dalla più classica delle spade, fino ad arrivare ad armi angeliche/demoniache e senza dimenticare le armi da fuoco come le pistole Ebony & Ivory. I comandi sono di base molto semplici ed intuitivi in quanto triangolo serve per l’attacco primario con le armi bianche, cerchio per lanciare in aria gli avversari, quadrato per usare le armi da fuoco ed infine X per saltare. I tasti dorsali, in particolare L2 ed R2, servono invece ad attivare le armi angeliche e demoniache del protagonista, mentre L1 ed R1 sono utilizzati per la schivata. La tecnicità, nonché il segreto per proseguire nel titolo, sta nel saper concatenare con sapienza ed istinto questi attacchi, oltre a saperli usare nel momento giusto e contro l’avversario appropriato. Insomma, il titolo mette a disposizione tutti questi strumenti di morte con una curva di apprendimento graduale, sta poi al giocatore saperli padroneggiare al meglio.
L’arma principale è, come già detto, la spada, utile fin da subito e usata fino agli ultimi istanti di gioco in quanto fondamentale tanto quanto le armi da fuoco. Le armi attivabili con i pulsanti dorsali sono utili sia in combattimento che per superare le fasi platform, oltre che a risolvere piccoli puzzle ambientali. Tanto per capirci, le armi angeliche servono a spostare il protagonista verso nemici e piattaforme opportunamente segnalate, mentre quelle demoniache svolgono la funzione opposta, ossia spostare oggetti e nemici verso Dante. Non manca il classico Devil Trigger, utilizzabile premendo L3 ed R3 contemporaneamente ed utile (se ben usato) per rendere Dante potenzialmente invulnerabile, seppur per pochi secondi. Insomma, come da anteprima, il titolo si conferma divertente e piuttosto tecnico, anche se poco innovativo, eccezion fatta per la funzionalità delle armi secondarie.
Non manca nemmeno la statua della divinità utile a potenziare Dante, azione possibile anche tra un capitolo e l’altro dell’avventura. La funzione permette, in maniera molto classica, di assegnare dei punti abilità alle armi preferite, mentre con le sfere rosse è possibile acquistare vari oggetti curativi utili per proseguire.
I nemici non sono presenti in grandi varianti anche se la presenza di più tipi di avversari assieme può rendere la vita difficile ai più, visti i diversi pattern di attacco e difesa di ognuno di loro. I boss sono funzionali al contesto ma non di certo memorabili come quelli del primo ed indimenticabile Devil May Cry. Insomma, ve ne dimenticherete presto, eccezion fatta per l’avversario che affronterete nelle battute finali del gioco e di cui non vi diremo ovviamente nulla.
Un design da urlo?
DmC è mosso dall’immortale Unreal Engine 3, non sfruttato a pieno come potenza bruta e poligoni ma spinto al massimo dal punto di vista artistico. Di certo abbiamo visto questo motore utilizzato meglio da altre software house ma, come uso artistico dei colori, il lavoro di Ninja Theory è secondo solo al quasi dimenticato Mirror’s Edge. L’utilizzo appropriato dell’azzurro e del rosso a marcare ambientazioni e punti di interesse, unito all’ottima resa degli effetti di luce e di rifrazione sulle superfici, pongono DmC ad un livello grafico più che buono. Come detto quando abbiamo analizzato la demo, confermiamo anche un buon design degli ambienti, complice anche la distruttibilità (seppur scriptata) che fa sembrare gli stessi luoghi vivi e ossessionati nell’uccidere Dante. Oltre a questo, è stata ottima l’idea di far apparire nelle ambientazioni alcune scritte poco carine nei momenti topici, sempre a conferma del fatto che lo stesso regno demoniaco ha a cuore la morte del protagonista.
Il titolo si muove a 30 fotogrammi al secondo e non si segnalano rallentamenti di sorta, abbiamo solo da indicare la presenza di sporadici fenomeni di tearing in alcuni momenti di grande mole poligonale a video. Il design dei nemici e dei boss è ben realizzato e tutti i personaggi a video sono animati nel modo che ci si aspetterebbe. Un discorso a parte andrebbe fatto per Dante, anch’esso ben fatto dal punto di vista poligonale e come animazioni ma a nostro vedere scadente come design e caratterizzazione. Siamo d’accordo sul fatto che si tratta di una rivisitazione da parte di Ninja Theory ma manca in effetti quel carisma e quello stile a cui siamo stati abituati da Capcom nei capitoli precedenti.
Il gioco è completamente doppiato in italiano, la qualità delle voci è sopra la media, ma si conferma un aspetto che abbiamo messo in risalto in fase di anteprima. I dialoghi sono infatti colmi di volgarità fine a sé stessa che di base non darebbe fastidio ma che in questo titolo stona e non poco. In molti ricorderanno infatti che il “vecchio” Dante risultava cattivo e carismatico senza ricorrere a questi espedienti.