Una delle serie più di successo in questa generazione è quella di Dead Space, capace di reinventare il genere dei survival horror grazie alla sua ambientazione atipica, ossia lo spazio profondo. Inutile dire che le aspettative per questo terzo capitolo sono molto alte, non ci resta quindi che capire se il titolo firmato Visceral Games è degno dei due predecessori o meno.
Squadra che vince non si cambia ma…
È bene mettere in chiaro fin da subito che la formula di gioco alla base di Dead Space 3 è la stessa dei precedenti episodi. Si tratta di un survival horror ambientato tra spazio, navicelle e pianeti lontani, in un’epoca dove l’uomo è in una profonda crisi energetica ed è in cerca di risorse fuori dalla Terra. Torna ancora Isaac Clarke, questa volta accompagnato da John Carver, entrambi impegnati a distruggere definitivamente il Marchio, cioè un manufatto alieno che ha creato i Necromorfi.
Come già detto, il sistema di gioco è tale e quale agli altri capitoli: visuale in terza persona alle spalle del protagonista, energia ed indicatori vari posizionati direttamente sulla tuta del personaggio, potenziamento della tuta e via andare. Fanno ancora capolino la Stasi ed il Modulo Cinetico, rispettivamente usati per rallentare oggetti o nemici e per attirare o spostare elementi dello scenario. Queste due funzioni sono alla base anche degli enigmi ambientali che intervallano le varie fasi dell’avventura, puzzle a nostro vedere non sempre riusciti.
…non manca qualche novità!
Per ravvivare un po’ il classico gameplay della serie, Dead Space 3 include una variante: il crafting; potremo infatti raccogliere materie prime e componenti per realizzare nuove armi ed oggetti, così da ideare bocche da fuoco uniche e personalizzate per ogni esigenza. Il sistema è davvero funzionale e limitato soltanto dalla fantasia del giocatore, premiando l’esplorazione in luoghi impervi e traboccanti di nemici e pericoli. A proposito di luoghi poco raccomandati, un’altra novità è rappresentata dalla presenza di missioni secondarie che, se affrontate, permettono di scoprire oggetti inediti ed aumentare notevolmente la longevità.
La durata del titolo si attesta attorno alle 13 ore se affrontato a livello di difficoltà normale, ma sommate pure un paio di ore al conteggio nel caso di completamento delle missioni aggiuntive. Una volta terminato il primo giro, viene sbloccata la modalità “Nuova Partita +” nella quale è possibile ricominciare l’avventura con tutto l’equipaggiamento ed i potenziamenti ottenuti in precedenza. Non mancano i classici log testuali da trovare, oltre che a manufatti ben nascosti in grado di aumentare ulteriormente la già buona longevità del titolo. Per i puristi della saga e del genere Visceral ha anche inserito delle modalità atte a mischiare le carte in gioco, che eliminano il crafting e rendono la difficoltà davvero estrema grazie alla poca presenza di munizioni e kit curativi, oltre alla possente resistenza degli avversari.
L’avventura non è purtroppo perfetta come ci si aspetterebbe da un titolo di questo calibro, la trama non è infatti incalzante ed in grado di tenere incollato il giocatore allo schermo e quasi tutte le situazioni sanno di già visto, eccezion fatta per l’esplorazione del pianeta ghiacciato Tau Volantis e per gli ultimi due capitoli della storia. Non bastano infatti le aggiunte descritte poco sopra per innalzare Dead Space 3 a capolavoro assoluto della serie e del genere, anche perché l’effetto novità del primo capitolo è ormai lontano. Da segnalare anche la troppa azione e frenesia di alcune scene e la poca tensione percepita, per non parlare dei poco azzeccati combattimenti contro altri esseri umani, aspetti che vanno un po’ a cozzare con il genere di appartenenza del gioco recensito.
Esplorando in compagnia!
La modalità storia di Dead Space 3 può essere affrontata anche insieme ad un partner online, possibilità davvero valida e ben realizzata da parte del team di sviluppo. Non sono presenti modalità in rete competitive visto lo scarso successo di tale componente nel predecessore, scelta a nostro vedere azzeccata.
La realizzazione della co-op è invece molto valida: una volta avviata la storia dall’apposito menu e scelta la difficoltà ed il capitolo di partenza, entriamo subito nel vivo dell’azione. Il netcode pare indubbiamente molto stabile e non si segnalano lag e problemi di sorta, almeno nella manciata di partite che abbiamo condiviso con altri giocatori. L’ingresso e l’uscita dell’altro giocatore avviene in modo assolutamente indolore, nel senso che si accede alla partita altrui solo quando l’altro ha raggiunto il checkpoint successivo, mentre si torna al punto di controllo precedente nel caso di abbandono da parte del compagno. Per variare leggermente l’avventura rispetto a quando l’abbiamo affrontata da soli, sono state aggiunte delle scene di intermezzo inedite, oltre ad alcune missioni secondarie non presenti nel giro in solitaria.
Per tenere viva l’azione è anche possibile condividere armi, progetti, oggetti e materie prime con il nostro partner, scelta utile per sopravvivere e supportarsi a vicenda. Per godere meglio del potenziale offerto dalla modalità cooperativa del gioco è caldamente consigliato giocarla con un amico munito di auricolare, così da organizzarsi meglio nell’affrontare le orde di Necromorfi presenti nel titolo.
E tecnicamente parlando?
È ancora il Visceral Engine a muovere la terza avventura di Isaac Clarke, motore in grado di soddisfare nuovamente gli occhi di ogni giocatore amante della buona grafica. Certo, è da dire che anche in questo ambito non sono stati apportati grossi cambiamenti rispetto ai primi due capitoli della saga.
L’aspetto grafico è molto valido nell’insieme ma vi sono molte texture di bassa qualità se viste da vicino, anche se il design sporco e malato nasconde bene questo problema. Non si segnalano problemi grafici particolari ulteriori, vista la quasi assenza di aliasing o cali di framerate, quest’ultimo saldamente ancorato ai 30 fotogrammi al secondo. Come da tradizione, oltre al già citato design di ambienti e mostruosità varie, spiccano in positivo gli effetti di luce, in grado di stupire ancor di più nelle ultime fasi della storia.
Il doppiaggio in italiano è invece buono e nulla più, sicuramente superiore alla media videoludica ma lontano dalle vette di eccellenza di un Uncharted, tanto per citarne uno a caso. Sono fortunatamente lontani i tempi del primo episodio, nella quale la voce di Dario Argento è stata in grado di colpire in negativo tanto da essere ricordata ancora come esempio di pessimo doppiaggio in ambito videoludico.