Sempre più di rado ci ritroviamo a recensire titoli per la portatile di casa Sony, ma ogni tanto qualche titolo riesce ad uscire dalla terra del sol levanete per giungere nel vecchio continente. Yomawari: Night Alone è proprio l’ultimo titolo ad essersi fatto strada fino a noi, portando con se una ventata di Horror ed inquietudine non indifferenti. Ma andiamo con ordine.
Yomawari mette in scena da subito la sua natura intrinseca di incubo fanciullesco, ponendoci nei panni di una bambina che si trova a passeggiare con il proprio fido cagnolino per le vie deserte di una strada secondaria. Un evento drammatico turba la protagonista che, tornata a casa, vede svanire la sorella persa nei meandri della piccola cittadina dove abitano. La nostra ricerca ci porterà ad affrontare gli incubi che si celano in un mondo apparentemente deserto e fiabesco, ma che nasconde orrori che spesso trasudano dalle paure inconsce che tutti, da bambini, ci portavamo dentro. La nostra solitaria esplorazione ci farà visitare luoghi che fanno ben più di un occhiolino ai classici clichè delle paure infantili, con avversari che risultano spesso sgranati, con forme non definite o con particolari che saltano subito all’occhio, come a visualizzare una visione distorta della realtà, focalizzandosi proprio sulle paure che ognuno di noi ha provato in tenera età.
Una nuova prospettiva
Capita di rado di vedere un titolo con tematiche horror su console portatile, spesso a causa della scarsa immedesimazione che la portabilità ha in dote. Il poter giocare ovunque difficilmene può rendere un’esperienza immersiva come giocarla nel buio delle nostre stanze, magari davanti ad un maxischermo e con un impiando audio di tutto rispetto; mai avrei pensato di ricredermi. Yomawari: Night Alone giunge come un fulmine a ciel sereno sulla piccola PS Vita e lo fa portando con se una ventata di originalità non indifferente.
Da dove iniziare? Dalla prospettiva. I ragazzi di NIS hanno ben pensato di utilizzare una visuale isometrica per dare vita alla loro esperienza horror, con risultati che raggiungono un livello di eccellenza che i titoli in soggettiva spesso si scordano. La visione d’insieme dalla distanza non toglie affatto l’immedesimazione nella piccola protagonista del titolo, anzi ci dá ancor più l’impressione di essere soli ed abbandonati a noi stessi. Lo stile visivo fiabesco e cartoonesco, con personaggi caricaturali e deformed, non inficia minimamente la sensazione di disagio che ci accompagna per tutto il corso dell’avventura, così come le ambientazioni, dettagliatissime e che racchiudono una cura per i particolari degna di una tavolozza di un anime di prima qualità. Unite a questo un design dei nemici quantomeno visionario a trovate ben sopra la media ed avrete una vaga idea di cosa significa addentrarsi in Yomawari.
Il comparto tecnico in se non risulta essere chissà quale miracolo tecnico, ma è sorretto da una direzione artistica di rara bellezza e da un comparto sonoro che, se apprezzato in cuffia, non potrà non inquetarvi più di quanto non abbiano fatto horror ben più noti e blasonati.
Run Away
Per quanto concerne il mero gameplay, Yomawari risulta essere un titolo esplorativo con elementi survival horror, dove non saremo mai, e ripeto mai, in grado di difenderci da quello che ci si para davanti. La nostra unica opzione è la fuga dal pericolo, essendo noi chiaramente indifesi e deboli. Le meccaniche comprendono la raccolta di oggetti, la risoluzione di piccoli enigmi e l’esplorazione dell’ambiente, con qualche tocco di classe sparso qua e là che non potrà non stuzzicare la curiosità del giocatore avvezzo al genere e che, in più di qualche occasione, saprà regalare qualche sobbalzo sulla sedia. Anche la gestione della corsa è stata intelligentemente studiata e sfruttata a dovere, essendo vincolata ad una barrra che si riduce correndo e che segnala anche lo stress provato dalla nostra piccola avatar, riducendo ulteriormente le nostre possibilità di movimento in caso di pericoli.
In tutto questo fa un ottimo lavoro il comparto sonoro che ci accompagna in maniera egregia e si amalgama in maniera sublime con le meccaniche giocose, grazie alla presenza del battito cardiaco agitato della giovine che sovrasta tutti i suoni quando percepiamo un pericolo nella zona. Anche il sistema di salvataggio strizza l’occhio ai classici del genere, non risultando libero, ma vincolato ad alcuni altari sparsi per la mappa di gioco che richiendono il consumo di un determinato item per essere utilizzati. Tutto questo contribuisce a mantenere alta la tensione e l’impossibilità di salvare liberamente aumenta non poco l’inquietudine e l’incertezza di ogni nostro passo. Purtroppo questa struttura porta con se anche alcuni difetti, che si possono riassumere in un unico termine: frustrazione. Alcune volte, ripetere porzioni abbondanti di mappa per un errore di valutazione o per un movimento sbagliato o ancora per un nemico insidioso porta ad interrompere la partita, più per nervosismo che per tensione, e questo risulta essere il più grosso difetto della produzione.