Lanciato originariamente nel 2011 su console di scorsa generazione, L.A. Noire è sicuramente una tra le IP più particolari di Rockstar Games. Il titolo, oltre alle componenti action-adventure tipiche dei giochi Rockstar, puntava su di un sistema investigativo avveniristico. Non solo fu il primo videogioco ad utilizzare il MotionScan (nuova tecnologia atta a rilevare le espressioni facciali degli attori), ma lo fece in maniera talmente realistica da lasciare a bocca aperta l’intero panorama videoludico dell’epoca.
In seguito al tanto atteso ritorno di L.A. Noire con l’uscita della remastered, ci troviamo qui oggi a salutare l’arrivo su PlayStation VR di L.A. Noire: The VR Case Files. Mettetevi comodi e preparatevi a questa mia recensione sull’avventura in realtà virtuale di Rockstar!
La nostra recensione di L.A. Noire: The VR Case Files!
Per chi non avesse avuto il piacere di giocare al titolo originale, L.A. Noire è ambientato a Los Angeles nel 1947. Qui viviamo la storia di Cole Phelps, ex marine degli stati uniti arruolato in polizia nel dopoguerra. Il nostro protagonista inizia quindi la sua carriera poliziesca, passando per diversi nuclei investigativi e risalendo la catena di comando a forza di casi risolti.
L.A. Noire: The VR Case Files tratta sette tra i casi più iconici del titolo originale, riproponendo completamente in realtà virtuale inseguimenti, scazzottate, sparatorie ed interrogatori. Di conseguenza, la trama non viene affrontata linearmente. Nel menù, l’ufficio di Cole, abbiamo accesso ad un Dossier con elencati tutti i casi presenti all’interno del gioco. Sta a noi decidere quali affrontare e in che ordine.
Sinceramente, rivivere L.A. Noire in realtà virtuale è stato fantastico, con livelli di immedesimazione nel personaggio fuori scala. Il titolo è completabile in circa 5-6 ore, al netto di tutti i collezionabili e degli extra che il mondo di gioco nasconde.
Detto ciò, avere l’esperienza di gioco completa in VR mi avrebbe stuzzicato non poco. Soprattutto data l’assenza di molti casi, la quale appiattisce il pathos generato dalla trama. In ogni caso, il titolo rimane tanto coinvolgente da volerne ancora.
Stai mentendo…
Gli interrogatori, vera punta di diamante della produzione, iniziano sin da subito a coinvolgere attivamente il giocatore. Non solo è necessario osservare attentamente i sospettati per capire se mentono, è anche fondamentale decidere in che maniera condurre l’interrogatorio. A seconda di cosa è stato chiesto all’indagato, si possono tenere 3 linee di condotta: Poliziotto buono, Poliziotto cattivo e “Accusa”. Molto semplicemente “poliziotto buono” asseconda l’interrogato, “poliziotto cattivo” lo minaccia e “accusa” ci fa utilizzare una prova per confutare una sua menzogna. Tra tutte le opzioni, quest’ultima rende imprescindibile la ricerca di indizi sulle scene del crimine. Come se non bastasse, scegliere linea di condotta non è facile come sembra. Infatti, prendere la decisione sbagliata potrebbe compromettere il vostro rapporto con il testimone, perdendo di conseguenza l’accesso alle sue informazioni.
A venire in nostro soccorso è il taccuino, block notes in cui vengono annotate tutte le prove, i sospettati e i luoghi d’interesse. Un taccuino tanto semplice quanto utile, soprattutto nell’aumentare l’immedesimazione nel personaggio.
Che dire, vedere in prima persona il volto degli indagati è qualcosa di impressionante. Espressioni facciali incredibili che riescono a trasmettere al 100% le emozioni dei personaggi.
Anni ’40 a tutto gas
L.A. Noire: The VR Case Files ci permette di esplorare la mappa di gioco liberamente, sia a piedi che al volante. Le vetture, ricostruzioni verosimili delle auto dell’epoca, risultano piuttosto semplici da guidare. Ogni caso ci spinge a vagare per diverse aree di Los Angeles, potendo curiosare nella città del dopoguerra.
A bordo dell’auto di pattuglia abbiamo diverse funzionalità : accendere e spegnere la sirena, tirare il freno a mano, accendere-spegnere la macchina e, addirittura, abbassare i finestrini. Inoltre, è presente una mini-mappa (al centro del cruscotto) ed una leva con cui saltare il viaggio, raggiungendo immediatamente la destinazione.
La guida arcade si sposa bene ai rocamboleschi inseguimenti a cui prendere parte nella risoluzione dei casi. Corse in macchina divertenti per quanto marginali.
Fatevi sotto!
Ah, il dolce “menar le mani”. Le scazzottate sono tante e divertenti.
La lotta è strutturata su attacco e difesa. I pugni sono veramente devastanti ed è possibile colpire gli avversari al volto, al petto e allo stomaco. È inoltre possibile dare schiaffi a mano aperta, anche se il risultato è più comico che efficace.
La difesa, invece, passa attraverso parate e schivate, nonostante queste ultime non siano mai veramente necessarie. Gli avversari, infatti, non creano alcun tipo di problema. Non che mi sia dispiaciuto, è estremamente divertente!
Prima sparare, poi chiedere
Ultime ma non meno importanti, le sparatorie sono l’unica componente a non avermi convinto al 100%. Tutte le armi vengono gestite da un unico Move (tranne che per la ricarica) costringendo il giocatore a fare movimenti assurdi per prendere la mira. L’unica arma a trasmettere un feeling adeguato è la pistola, facilmente utilizzabile ed intuitiva.
Il titolo prevede anche un sistema di coperture basato sul sistema di movimento. Immersivo ma poco efficiente, ho preferito muovermi liberamente per le aree durante gli scontri.
Quante cose da fare
Al di là degli aspetti tecnici, che vedremo nel paragrafo sottostante, questa esperienza in realtà virtuale vede l’introduzione di 3 diversi mini-giochi: la Boxe, i Go Kart e il poligono di tiro.
La Boxe vede il nostro caro detective in una serie di 12 incontri a difficoltà crescente, nei quali affrontare alcuni personaggi iconici dell’avventura principale.
I Go Kart ci vedono impegnati in 3 corse in cui battere gli avversari nel minor tempo possibile.
Nel poligono di tiro, infine, si ha l’obiettivo di colpire quanti più bersagli nel minor tempo possibile. Veramente semplice ma utile ad apprendere l’utilizzo delle armi da fuoco.
L.A. in tutto il suo splendore?
L.A. Noire: The VR Case Files arriva su PlayStation con una moltitudine di migliorie ed aggiunte rispetto alla versione per HTC Vive uscita qualche anno fa.
Per quanto riguarda l’aspetto puramente grafico, su PlayStation VR si notano miglioramenti consistenti sia nella fedeltà visiva degli ambienti che nella profondità di campo. Detto ciò, le aree rimangono comunque piuttosto vuote. O meglio, piene di oggetti interagibili (anche inutili) ma piuttosto piatte a livello di texture.
Impossibile non menzionare l’incredibile quantità di sistemi di movimento a disposizione del giocatore. Solamente per citarne alcuni, ci si può muovere liberamente con la pressione di un tasto, avanzare oscillando le braccia oppure sfruttando il classico teletrasporto tipico dei giochi VR. Questa libertà di scelta rende il titolo godibile da qualunque tipo di videogiocatore, anche ai più sensibili al motion sickness.
Altra novità , decisamente gradita dal sottoscritto, è la possibilità di inginocchiarsi per esaminare indizi e raccogliere oggetti. Introduzione “semplice” ma estremamente funzionale.
Arrivando dunque a parlare dei personaggi, i modelli sono stati resi egregiamente, anche a livello di animazioni. Inutile sottolineare nuovamente le spettacolari animazioni facciali, ancora incredibili nonostante i tanti anni passati dal progetto originale.
Il titolo, come la controparte classica, è completamente doppiato in inglese con la presenza dei sottotitoli in italiano. Devo ammettere che, nonostante la mancanza dell’italiano possa far storcere il naso a qualche giocatore, la presenza dei sottotitoli non da alcun fastidio. Anzi, a differenza della versione classica, in VR è molto più semplice seguire i sottotitoli osservando le espressioni facciali degli NPC.
Non volendomi spingere oltre, concludo ricordando a tutti che L.A. Noire: The VR Case Files necessita obbligatoriamente dei controller Move. Inoltre, tutti i possessori di L.A. Noire su PlayStation 4 possono acquistare questa versione VR con il 25% di sconto.